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Assoluzione: cos’è e quali sono le conseguenze?

L’assoluzione viene pronunciata con una sentenza di un giudice e può essere piena o con formula dubitativa, ovvero può essere decretata in caso di innocenza dell’imputato o per mancanza di prove per la colpevolezza.

Il procedimento penale è caratterizzato da varie fasi, la prima riguarda le indagini preliminari che possono partire in seguito alla denuncia di un reato o di una querela da parte della vittima.

E’ lo Stato stesso ad attivarsi per verificare quanto accaduto, dato che tra i suoi compiti c’è quello di proteggere i cittadini e garantire loro sicurezza.

La fase finale prevede una sentenza emessa da un giudice, attraverso la quale può decretare l’innocenza o la colpevolezza dell’imputato.

Ad ogni modo esistono vari tipi di assoluzione, dato che è diverso dire che un soggetto è del tutto innocente, oppure che non è possibile procedere con la condanna per mancanza di prove.

In molti casi, comunque, i processi terminano con la dichiarazione di prescrizione, cioè una sentenza volta a stabilire che il fatto criminoso non può più essere punito in quanto risalente a un periodo troppo lontano nel tempo.

Ma, procediamo con ordine, cercando di capire come può terminare un procedimento penali, e quali sono le conseguenze.

Cos’è l’assoluzione?

Attraverso una sentenza di assoluzione un tribunale ritiene infondata la responsabilità penale dell’imputato, ovvero il soggetto viene assolto e riconosciuto come innocente. Ciò significa che quest’ultimo non può essere punito.

La decisione del giudice deve essere ovviamente motivata, dato che avviene dopo una serie di valutazioni in merito ai mezzi di prova e come si sono svolti i fatti.

L’art. 530 del codice di procedura penale indica in quali casi può essere emessa una sentenza di assoluzione:

1. Se il fatto non sussiste, se l'imputato non lo ha commesso, se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero se il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un'altra ragione, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione indicandone la causa nel dispositivo.
2. Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l'imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile.
3. Se vi è la prova che il fatto è stato commesso in presenza di una causa di giustificazione o di una causa personale di non punibilità ovvero vi è dubbio sull'esistenza delle stesse, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione a norma del comma 1.
4. Con la sentenza di assoluzione il giudice applica, nei casi previsti dalla legge, le misure di sicurezza

Quindi volendo schematizzare può avvenire quando:

  • il fatto non sussiste: ovvero quando si scopre che l’azione non è mai avvenuta. Ad esempio se si scopre che un oggetto non è stato rubato, ma è stato smarrito, oppure quando la vittima di un presunto omicidio in realtà è morta per cause naturali
  • l’imputato non ha commesso il fatto: il crimine è avvenuto ma il soggetto non è l’autore dello stesso
  • il fatto non è un reato: il comportamento del soggetto non rientra tra quelli punibili penalmente, ad esempio perchè manca l’elemento psicologico del reato, ovvero il dolo
  • il fatto per legge non è un reato: magari perchè è stato recentemente depenalizzato, come è successo con l’ingiuria
  • il reato è stato commesso da un soggetto non imputabile o non punibile: ad esempio se il responsabile è un minore di 14 anni o da un soggetto non in grado di intendere e volere

Assoluzione con formula dubitativa

Nel paragrafo precedente abbiamo visto in quali casi un soggetto può essere assolto, quindi considerato non responsabile di avere commesso un reato.

Da quanto detto possiamo dedurre che non tutti i casi sono equiparabili. E’ ovvio, infatti, che un’assoluzione per mancanza di prove non può essere uguale ad una avvenuta perché il fatto non sussiste. Nel primo caso l’imputato potrebbe essere colpevole ma non è possibile dimostrarlo.

Ad ogni modo il giudice può emettere tale sentenza per diversi motivi come abbiamo sottolineato sopra.

In modo particolare, nell’art. 530 che abbiamo riportato prima viene descritto cosa accade quando mancano o sono insufficienti le prove o il fatto non sussiste. In pratica quando non ci sono certezze in merito alla colpevolezza o innocenza di un imputato, il giudice deve procedere con quella che viene definita come assoluzione con formula dubitativa.

Lo stesso avviene per quanto riguarda un reato commesso da un soggetto non imputabile come un minore di 14 anni o un individuo incapace di intendere e volere.

Assoluzione con formula piena

FIno ad ora abbiamo sottolineato che le sentenze del giudice non si basano tutte sugli stessi presupposti, anche quando di fatto viene decretata l’innocenza di qualcuno.

In alcuni casi un imputato può essere assolto con formula dubitativa, in altri invece può avvenire con formula piena. Nel primo caso non è stato possibile recuperare prove per dimostrare la colpevolezza, nel secondo ci sono elementi in grado di sostenere la sua innocenza.

Se il fatto non sussiste, infatti, non ci sono dubbi in merito, dato non è avvenuto alcun reato.

L’assoluzione con formula piena corrisponde alle due casistiche descritte dall’art. 530 del c.p.p., ovvero quando la sentenza viene pronunciata perchè l’imputato non ha commesso il fatto o perchè questo non sussiste.

Si tratta delle due situazioni in assoluto più liberatorie, dato che viene decretata la totale estraneità al crimine. Ma quali sono le conseguenze?

Al soggetto non può essere applicata alcuna pena, a differenza di quanto accade per le formule meno liberatorie. Inoltre, il querelante viene condannato a pagare le spese per il procedimento, anticipate dallo Stato.

L’art. 542 c.p.p. sottolinea infatti che:

Nel caso di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commesso, quando si tratta di reato perseguibile a querela, si applicano le disposizioni dell'articolo 427 per ciò che concerne la condanna del querelante al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato nonché alla rifusione delle spese e al risarcimento del danno in favore dell'imputato e del responsabile civile.
L'avviso del deposito della sentenza è notificato al querelante

Differenze tra assoluzione e prescrizione

Per concludere è utile descrivere le differenze che sussistono tra prescrizione dei reati e assoluzione. In entrambi i casi il giudice emette una sentenza che impedisce di punire l’imputato, ma i presupposti sono totalmente diversi.

La prescrizione è una causa di estinzione di un reato, ovvero stabilisce che dopo un determinato periodo non è più possibile procedere.

L’art. 157 del codice penale, afferma che:

La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria.

Quindi i reati si prescrivono una volta trascorso il periodo corrispondente al massimo della pena edittale prevista per lo stesso, ma mai inferiore a:

  • sei anni per i delitti
  • quattro anni per le contravvenzioni

In tal caso non avviene alcuna valutazione in merito ai fatti, quindi non si dice nulla in merito alla responsabilità penale dell’imputato, che potrebbe anche essere colpevole, ma ormai non è più possibile esprimersi in merito.

A differenza dell’assoluzione, la prescrizione, comunque, non salva l’imputato dalla possibilità che la vittima chieda il risarcimento danni in un processo civile.

Fonti normative

  • ​Art. 530 c.p.p "Sentenza di assoluzione"
  • Art. 542 c.p.p "Condanna del querelante alle spese e ai danni"
  • Art. 157 c.p "Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere"
DIRITTO PENALE ASSOLUZIONE PRESCRIZIONE
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