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Azione revocatoria: cos’è e come funziona?

L’azione revocatoria ha lo scopo di rendere inefficaci particolari atti, compiuti dal debitore che hanno provocato dei danni al creditore. Vediamo quali sono i presupposti per agire in tal senso e quali sono le conseguenze.

Per effettuare un recupero crediti, l’interessato può agire nei confronti del soggetto inadempiente in vari modi. In particolare c’è una prima fase stragiudiziale, che prevede dei contatti “pacifici”, ovvero l’invio di solleciti di pagamento informali, per vedere se è possibile aprire una tavola di confronto e trovare una soluzione senza procedere in Tribunale.

Se ciò non produce gli effetti desiderati è possibile inviare una lettera formale di costituzione in mora, per intimare il pagamento entro una certa data, prima che sia avviato un procedimento giudiziario, ovvero un decreto ingiuntivo.

Con l’ingiunzione approvata da un giudice, l’interessato può agire forzatamente nei confronti del debitore, se dopo la scadenza pattuito non ha provveduto a saldare il debito. Ciò significa che sarà possibile pignorare i beni e venderli all’asta per ricavarne la cifra necessaria per coprire il credito.

Ma cosa avviene se il debitore compie degli atti tali da diminuire il proprio patrimonio, recando un danno al creditore? Per legge è possibile rendere inefficaci tali operazioni con l’azione revocatoria, come vedremo nelle prossime righe.

Cos’è l’azione revocatoria?

La cosiddetta azione revocatoria ordinaria è un rimedio previsto nei casi in cui vengano compromessi gli interessi di un creditore, recando ad esso dei danni. 

Tale possibilità viene descritta dall’art. 2901 del codice civile, che afferma:

Il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni

Da quanto possiamo leggere, quindi, l’interessato può richiedere che gli atti di disposizione del patrimonio siano inefficaci, nel momento in cui abbiamo generato un pregiudizio nei suoi confronti.

In altre parole possiamo dire che, l’azione revocatoria è un modo per conservare la garanzia patrimoniale per potere recuperare un credito. Si tratta di un diritto che si prescrive in 5 anni a partire dal momento in cui viene disposto l’atto. 

Va sottolineato, ad ogni modo, che si tratta di un procedimento totalmente diverso rispetto all’azione revocatoria penale, o fallimentare che rappresentano discipline separate e autonome. 

Il presupposto di tale strumento giuridico si basa sulla considerazione che il debitore può agire in modo da rendere più difficile il soddisfacimento del diritto del creditore

Da una parte, infatti, non si può impedire a un soggetto di modificare la consistenza del suo patrimonio, dall’altra però ci sono dei limiti e non è concesso diminuirlo fino a renderlo insufficiente a coprire il debito.

Chi vanta un credito, perciò, ha il diritto di agire per tutelare i propri interessi, se vengono meno le garanzie del soggetto inadempiente.

Presupposti dell’azione revocatoria

Nel precedente paragrafo abbiamo detto che un soggetto può agire nel caso in cui un debitore metta in atto delle operazioni tali da diminuire le garanzie patrimoniali.

La legge, comunque, ha fissato alcuni limiti entro i quali è possibile agire, come sottolinea sempre l’art. 2901 del codice civile:

1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento;​
2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione.

Possiamo, perciò, affermare che ci devono verificare i seguenti presupposti:

  • il soggetto inadempiente deve modificare la sua situazione patrimoniale, trasferendo dei beni oppure obbligandosi con terzi. A tal proposito non devono essere considerati atti non volontari
  • ci deve essere un effettivo pregiudizio per il creditore, come diretta conseguenza dell’azione del debitore. Ad esempio se il patrimonio di quest’ultimo non è più sufficiente per coprire il credito. Il pregiudizio può essere valutato da un punto di vista quantitativo, ad esempio se vengono ceduti dei beni, ma anche qualitativo, se avviene una conversione del patrimonio in beni che si possono facilmente occultare.
  • il debitore doveva essere a conoscenza del pregiudizio che stava arrecando. Se si tratta di un atto anteriore al sorgere del credito, quindi doveva essere dolosamente preordinato. In quest’ultima ipotesi deve essere dimostrato che egli aveva l’intenzione di contrarre debiti, e che a tal scopo abbia creato dei presupposti per essere insolvente in tutto o in parte.

Effetti dell’azione revocatoria

Se si verificano le condizioni che abbiamo illustrato nelle righe precedenti il creditore può introdurre un’azione revocatoria, per mantenere intatte la garanzie volte a recuperare il credito.

Ma cosa avviene in seguito?

Una volta ottenuta la dichiarazione di inefficacia nei confronti dell’atto posto in essere dal debitore, è possibile proseguire con le azioni esecutive sui beni in oggetto, ovvero si può procedere con il pignoramento nei confronti del terzo acquirente.

L’art. 2902 del codice civile, sottolinea che:

Il creditore, ottenuta la dichiarazione di inefficacia, può promuovere nei confronti dei terzi acquirenti le azioni esecutive o conservative sui beni che formano oggetto dell'atto impugnato.​Il terzo contraente, che abbia verso il debitore ragioni di credito dipendenti dall'esercizio dell'azione revocatoria, non può concorrere sul ricavato dei beni che sono stati oggetto dell'atto dichiarato inefficace, se non dopo che il creditore è stato soddisfatto.

Ad ogni modo, il terzo contraente, non può concorrere sul ricavato dei beni in oggetto, nel caso in cui ci siano degli interessi collegati all’azione revocatoria, prima che sia stato soddisfatto in modo prioritario il creditore.

L’obiettivo, infatti, è quello di permettere all’interessato di esercitare il diritto ad ottenere ciò che gli spetta, attraverso l’esecuzione forzata.

L’azione revocatoria, quando viene accolta perciò, ha effetti che si possono collegare alla sua stessa natura. Essa non rende invalido l’atto in sé, ma una volta ottenuta la dichiarazione di inefficacia il creditore può promuovere le azioni esecutive o conservative sui beni in oggetto.

L’inefficacia, come abbiamo già anticipato, ha effetti nei confronti dei creditori procedenti, mentre soggetti terzi hanno il diritto di procedere solo dopo che questi siano stati interamente soddisfatti. 

La revocatoria semplificata

Con il decreto legislativo 83/2015 è stato introdotto l’art. 2929 bis del codice civile, che afferma quanto segue:

Il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, può procedere, munito di titolo esecutivo, a esecuzione forzata, ancorché non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l'atto è stato trascritto. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell'atto pregiudizievole, interviene nell'esecuzione da altri promossa.

Ciò che viene descritto è inerente all’azione revocatoria semplificata, che permette all’interessato di agire con l’espropriazione senza aspettare l’esito della revocatoria, se si verificano i seguenti presupposti:

  • i beni in oggetto devono essere immobili o mobili iscritti nei pubblici registri
  • l’atto deve essere stato compiuto a titolo gratuito dopo il sorgere del credito

In ogni caso il pignoramento, per essere valido, deve essere disposto entro un anno dal momento in cui è stato trascritto l’atto.

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