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Trust: cos'è e come funziona?

Il trust è uno strumento giuridico utile per tutelare determinati beni di un soggetto senza cedere la proprietà o il godimento degli stessi. Vediamo come funziona.

Va detto subito che, l’istituto in oggetto ha origini anglosassoni, quindi ideato e sviluppato per adeguarsi al cosiddetto common law. In Italia non esiste una disciplina specifica, perciò vengono applicate le norme elaborate da altri paesi stranieri ammessi alla Convenzione dell’Aja. Nel 1985, infatti, sono state fissate delle disposizioni per la Convenzione.

In sostanza, attraverso un bene può essere trasferito ad un soggetto, con lo scopo di tutelarlo. Il nuovo titolare, o beneficiario, ha il compito di curare gli interessi del cosiddetto settlor.

Nelle prossime righe analizziamo nel dettaglio in quali casi può essere utile e come funziona esattamente.

Cos’è il trust?

In alcuni casi un proprietario potrebbe avere la necessità di affidare a terzi alcuni beni, senza perdere la proprietà o il godimento. In modo particolare può essere utile agire in tale senso:

  • se un professionista, che svolge un’attività rischiosa, come un imprenditore o un broker, vuole proteggere il proprio patrimonio dall’aggressione di soggetto terzi, magari creditori;
  • se lo scopo è semplicemente quello di affidare la gestione degli stessi ad un fiduciario;
  • per consentire a un medico di non mettere a rischio i beni personali, a causa di richieste di risarcimento danni da parte di pazienti, considerando la responsabilità medica.

I beni in oggetto possono essere di diverso tipo, quindi sia mobili che immobili, ma anche diritti. Il beneficiario, comunque, deve solo amministrarli in base a quanto pattuito, ma non può godere degli stessi.

Si tratta di uno strumento giuridico che trova il suo fondamento nei sistemi di common law. Nel nostro Paese è possibile avvalersi delle disposizioni della Convenzione dell’Aja del 10/07/1985, ovvero una serie di regole per rendere valido tale istituto.

Ad ogni modo in Italia sono validi soltanto i trust interni, ovvero inerenti a soggetti italiani e a beni che si trovano nel nostro territorio. Per regolare il tutto è necessario però scegliere la legge di un paese che contempla tale strumento dell’ordinamento.

La Convenzione ha stabilito che i trust possono essere:

  • finalizzati a sostenere i beneficiari, ad esempio un figlio o un parente bisognoso;
  • finalizzati al raggiungimento di un obiettivo, detto anche trust di scopo.

Nell’ultimo caso, è possibile distinguere altre due tipologie:

  • liberale: usato per esigenze personali;
  • commerciale: adottato per situazioni imprenditoriali.

Esistono poi il trust autodichiarato, ovvero quando un soggetto nomina se stesso come beneficiario, e quello opaco, per il quale le dichiarazioni non sono conoscibili, ma non sono ammessi in Italia.

A seconda dell’interessa da perseguire, i beneficiari possono essere:

  • di reddito: se godono dei frutti derivanti dalla gestione dei beni, ad esempio interessi, rendite, dividendi, ecc.;
  • di capitale: se possono godere del patrimonio.

Essi possono essere i parenti, ma anche soggetti terzi. Il disponente si preoccupa di nominare i beneficiari nel momento della costituzione di un trust, stabilendo anche le regole per l’amministrazione dei beni. 

Gli obiettivi da perseguire, comunque, non possono essere contrari al nostro ordinamento o illeciti. Ciò significa che nel trust di scopo, ovvero quando mancano dei beneficiari, bisogna agire entro i limiti posti dalle leggi italiane.
Ad esempio, ciò può accadere quando un imprenditore vicino al fallimento decide di vincolare i beni personali, per evitare di perderli.

Come funziona il trust?

Un trust, generalmente, coinvolge i seguenti soggetti:

  • il disponente: stabilisce le regole, chi può trarne beneficio o lo scopo, e trasferisce la titolarità dei beni al fiduciario;
  • il fiduciario: in seguito alla nomina ed accettazione diventa titolare dei beni e deve rispettare le regole e gli obblighi stabiliti. In sostanza deve amministrare i beni per raggiungere uno scopo o a favore dei beneficiari;
  • il beneficiario: gode dei frutti o del patrimonio stesso.

Dopo l’accettazione, i beni passano delle mani del fiduciario. Per evitare confusioni, il patrimonio personale del disponente viene diviso un due diverse masse, per sottolineare ciò che non può essere aggredito da terzi. 

La costituzione deve essere fatta con un atto scritto o con un testamento, con i quali ci deve essere l’espressa volontà di vincolare il patrimonio. 

E’ necessario anche provvedere all’iscrizione del trust in una specifica sezione del registro delle imprese.

Responsabilità del trustee

Il fiduciario di un trust, detto anche trustee, deve rispettare quanto pattuito. A tal proposito non c’è una chiara definizione giuridica in grado di elencare i suoi poteri, ma nella prassi essi devono essere valutati caso per caso, considerando le varie forme e tipologie esistenti.

E’ possibile, comunque, individuare alcuni poteri tipici, ovvero:

  • applicare quanto previsto nell’atto costitutivo, secondo le regole di buona fede;
  • mantenere separati i beni personali da quelli oggetto della proprietà fiduciaria;
  • farsi assistere da un professionista tecnico.

Ad ogni modo è utile indicare in modo specifico i vari poteri e obblighi nell’atto costitutivo.

In sostanza egli deve prestare la massima attenzione e diligenza nell’interesse dei beneficiari, ma anche per le responsabilità che gli sono attribuite.


Non può sottrarsi da:

  • salvaguardare l’integrità fisica ed economica dei beni, anche attraverso iniziative giudiziarie se necessario;
  • raccogliere ogni dato inerente alla gestione;
  • dare un rendiconto periodico ai beneficiari.

Egli è responsabile personalmente, e deve rispondere illimitatamente verso terzi. Viene esonerato da responsabilità se nell’atto costitutivo sono state inserite delle clausole, o se dimostra di non essere responsabile secondo una legge che regola il trust.

Egli non può mai delegare la gestione totale ad altri, ma può affidare ad un soggetto specializzato il compimento di alcuni atti, se non ha la competenza necessaria.
La delega deve essere una procura speciale, con efficacia fino al compimento dell’atto stesso.

Fonti normative

  • Conv. Aja del 10.07.1985​

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