L’accollo tributario mediante compensazione dei crediti fiscali è stato formalmente vietato nel decreto fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2020.
Il D.L. 124/2019 (conv. L. 157/2019) rubricato “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili”, ha introdotto nell'ordinamento tributario italiano il divieto di pagare i debiti tributari trasferiti con accollo attraverso la compensazione di crediti di imposta.. Si cercherà nel prosieguo di descrivere sommariamente la disciplina ad oggi vigente, precisando che è attualmente in discussione una riforma dell'assetto tributario domestico che potrebbe incidere anche su quanto riportato nel presente articolo.
L'accollo è quel contatto con il quale il debitore ed un terzo si accordano affinché il terzo stesso si incarichi di assolvere all'obbligazione contratta originariamente dal debitore verso il proprio creditore. L'accollo è regolato dall'art. 1237 c.c. - L'accollo del debito tributario, invece, è una speciale tipologia di accollo consentita espressamente dall'art. 8, coma 2., D.Lgs. n. 212/2000 (c.d. “ Statuto del contribuente”).L'art. 8, in effetti prevede che ““2. È ammesso l’accollo del debito d’imposta altrui senza liberazione del contribuente originario”Con questo strumento, il contribuente accollante si impegna a pagare il debito tributario del contribuente accollato, utilizzando le proprie risorse economiche.
La motivazione economica dell'accollo poteva essere ricercata in accordi tra i due contribuenti, i quali, per esempio, potevano essere legati tra loro da vincoli contrattuali o da collegamenti societari, tali da rendere fiscalmente e/o economicamente vantaggioso trasferire il pagamento dell'obbligazione fiscale dal debitore originario (accollato) al debitore sostituto (accollante).
A tale riguardo, è bene precisare che, contrariamente alle tipologie di accollo previsto dall'art. 1273 c.c., l'accollo del debito tributario non necessita del consenso del creditore erariale e non prevede, però, la liberazione del debitore accollato fino all'estinzione dell'obbligazione da parte dell'accollante.
Ci si chiedeva, però, se il debito tributario accollato potesse essere estinto anche per mezzo di compensazione di crediti di imposta detenuti dal contribuente accollante, attraverso il noto meccanismo della compensazione del debito con il credito tributario.
Di regola la compensazione dei crediti tributari è consentita, sia in senso verticale/interno, cioè su poste di debito e credito relative alla medesima imposta, oppure in senso orizzontale/esterno, cioè su poste di debito / credito relative a imposte o oneri erariali diversi.
La compensazione dei crediti di imposta è regolata dall'art 17 D.Lgs. n. 241/1997
Un volta introdotta la possibilità di trasmettere l'obbligazione tributaria con accollo, ci si chiedeva se il contribuente accollante avrebbe potuto pagare con tali risorse il debito tributario del contribuente accollato, magari al fine di utilizzare crediti di imposta che , in ipotesi, non avrebbe potuto compensare integralmente per ragioni di carattere dimensionale o economico o di natura amministrativa (magari per scarsa capienza fiscale)-.
In tale caso, il contribuente accollato avrebbe potuto evitare di pagare il proprio debito tributario, scaricandolo sull'accollante. L'accollante, a sua volta, avrebbe potuto avere interesse ad utilizzare tali crediti, perché, in caso contrario, avrebbe potuto perdere la possibilità di compensarli. L'accollato, quindi, avrebbe pagato all'accollante il prezzo del servizio reso, magari in misura inferiore al valore del credito compensato dall'accollante, ottenendo un indubbio risparmio economico.
Se tale pratica fosse stata ritenuta legittima, per un verso sarebbe stato possibile utilizzare i crediti d’imposta di un terzo (accollante) per ottenere un risparmio fiscale, mentre per un altro verso vi sarebbe stato il rischio di creare una mercato dei crediti di imposta , con forti effetti distorsivi sul piano economico e tributario. Si pensi a quanto accaduto con i crediti di imposta generati ai sensi del D.L. 34/2020.
Fino alla risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 150/E del 15.11.2017, era dubbia la possibilità per il contribuente accollante di portare in compensazione i debiti dell'accollato.
Tale circolare, recependo gli insegnamenti di parte della giurisprudenza della Corte di Cassazione, in particolare quanto deciso con le sentenze nn. 15123/2006, 14874/2016 e 18788/2016, vietava la compensazione dei crediti tributari con debiti accollati, sulla base di un'interpretazione rigorosa della disciplina contenuta nell'art. 17 D.Lgs. n. 241/1997. Dopo alcune incertezze interpretative riguardo l'efficacia di tale interpretazione dell'Agenzia, poi, l’accollo tributario mediante compensazione veniva espressamente vietato dall’art. 1 del D.L. 124/2019 (l conv. 157/2019), ed oggi è sanzionato ai sensi dell'art. 13 D.Lgs. n. 471/1997, come segue:
a) il pagamento avvenuto con compensazione si considera come non avvenuto;
b) accollante ed accollato restano coobbligate in solido tra loro per il pagamento del debito tributario accollato e per i conseguenti interessi di mora;
c) le parti sono obbligate al pagamento della sanzione pecuniaria prevista della legge, sulla base delle proprie specifiche responsabilità.
L'accollante, in particolare, rischia il pagamento di sanzioni anche molto elevate, a seconda che il credito di imposta utilizzato illecitamente in compensazione sia esistente oppure inesistente.
Sul punto, l'art 13, comma 4, D.Lgs. n. 471/1997punisce l'utilizzo illecito del credito di imposta in compensazione con una sanzione pari al 30% del credito utilizzato.Inoltre, se il credito di imposta offerto in compensazione si rivelasse poi inesistente (nel senso che ne manchi il presupposto costitutivo secondo le norme di settore), l'art. 13, comma 5, D.Lgs. 471/1997, punisce il suo utilizzo con la sanzione pari al 200% del credito utilizzato.
In caso di utilizzo in compensazione di crediti di imposta non spettanti o inesistenti per un ammontare superiore ad Euro 50.000,00=, si ricorda che l'art. 10-quater D.Lgs n. 74/2000 prevede specifiche ipotesi di responsabilità penale.
Per quanto riguarda l’accollato o debitore originario, invece, l'art. 13, comma 1., D.Lgs n. 471/1997 sanziona il mero mancato pagamento dell'imposta con una sanzione pari al 30% dell'imposta non versata.
Allo stesso modo, si ricorda che il mancato versamento di IVA oltre le soglie previste dall'art. 10-ter D.Lgs. 74/2000 o delle ritenute oltre i limiti previsti dall'art. 10-bis D.Lgs. n. 74/2000, comporta un specifica responsabilità penaleAllo stato, però, è in corso una operazione di revisione della disciplina tributaria domestica nel suo complesso e, quindi, anche dell'accollo e della compensazione nel settore tributario, delle sanzioni tributarie amministrative previste nel D.Lgs. n. 471/1997 e degli illeciti penali tributari previsti dal D.Lgs. n. 74/2000.
Dunque, è possibile che la disciplina in discussione subisca ulteriori modifiche da parte del legislatore.
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