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Contributo unificato: cos’è e quando si paga?

Il contributo unificato racchiude in un’unica voce tutte le tasse inerenti all’apertura di una causa. Esso rappresenta il costo della giustizia, cioè le spese che l’interessato deve anticipare allo Stato per attivare l’attività giudiziaria.

Forse non tutti sanno che, per fare valere un proprio diritto, tutelato dalla legge, è necessario sostenere dei costi. In particolare si devono anticipare le spese della giustizia, per potere iniziare l’iter giudiziario.

Ciò significa che, se un soggetto intende agire in sede civile per il recupero crediti, o per evidenziare inadempienze contrattuali della controparte, deve pagare le tasse, che sono racchiuse tutte in un’unica voce, il contributo unificato.

Soltanto chi ha un reddito inferiore a determinati limiti imposti dalle normative può usufruire del gratuito patrocinio, evitando di pagare le spese processuali.

In tutti gli altri casi, se l’interessato vince la causa, ha il diritto di ottenere un rimborso di quanto versato, come vedremo

Cos’è il contributo unificato?

E’ un tributo che deve essere pagato da chi decide di intraprendere una causa civile, di lavoro o amministrativa e non rientra tra i beneficiari del gratuito patrocinio.

In particolare si tratta di una tassa che ha inglobato le seguenti voci:

  • imposte di bollo sugli atti giudiziari
  • tassa di iscrizione a ruolo
  • diritti di cancelleria
  • diritti di chiamata in causa dell’ufficiale giudiziario

Sostanzialmente il legislatore ha deciso di fare confluire tutte le varie voci in un singolo tributo, per rendere le pratiche meno macchinose e per facilitare il contribuente, che in questo modo può effettuare un unico pagamento.

In via generale possiamo dire che il tributo si paga per ciascun grado di giudizio per quanto riguarda:

  • le cause civili
  • le procedure concorsuali
  • le procedure di volontaria giurisdizione
  • i procedimenti amministrativi

Dal 2011 il sistema è stato esteso anche al processo tributario, e viene calcolato in base al valore della controversia, ovvero in base a diversi scaglioni prestabiliti.

E’ importante evidenziare che la tassazione è a carico del soggetto che per primo decide di agire in tribunale, per tutelare un suo particolare diritto. Quindi, anche se si trova dalla parte della ragione, chi attiva un procedimento giudiziario deve anticipare le spese della giustizia, che verranno poi rimborsate in un secondo momento dalla controparte, in caso di vittoria.

A quanto ammonta la cifra da pagare?

Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, è necessario pagare in anticipo lo Stato quando si intende agire per fare valere un proprio diritto in tribunale. Ci sono infatti diverse tasse da pagare, che per semplicità vengono fatte confluire tutte nel cosiddetto contributo unificato.

La spesa, comunque, può essere rimborsata dalla controparte, assieme alla parcella dell’avvocato, in caso di vittoria.

Ma quanto si deve pagare esattamente?

Non è sempre possibile determinare l’importo a priori, solo in alcuni casi, infatti, è previsto un contributo unificato in misura fissa, cioè a prescindere dal valore della causa. 

In tal caso, la cifra cambia solo in base alla materia, come possiamo vedere nel seguente elenco:

  • 43 euro: previdenza e assistenza obbligatorie, separazioni consensuali, domanda congiunta per scioglimento del matrimonio, ricerca telematica dei beni del debitore attraverso una istanza al tribunale, processi esecutivi mobiliari con valore inferiore a 500 euro;
  • 98 euro: volontaria giurisdizione, separazione in camera di consiglio, contenziosi di scioglimento del matrimonio;
  • 168 euro: opposizione ad atti esecutivi;
  • 278 euro: processi esecutivi immobiliari;
  • 851 euro: procedure fallimentari.

A parte i casi sopra citati, comunque, l’importo varia a seconda del valore della causa, ovvero viene determinato a seconda dell’importanza del procedimento, stabilito in termini economici.

Contributo unificato causa civile di primo grado

In una causa civile di primo grado il contributo unificato viene calcolato in base ai seguenti parametri:

  • 43 €: per cause con un valore fino a 1.100 €;
  • 98 €: se il valore è superiore a 1.100 € fino a 5.200 €;
  • 237 €: da 5.200 a 26.000 €;
  • 518 €: da 26.000 a 52.000 €;
  • 759 €: da 52.000 a 260.000 €;
  • 1.214 €: da 260.000 a 520.000 €;
  • 1.686 €: oltre 520.000 €.

Contributo unificato causa civile di secondo grado

Se la sentenza di primo grado viene impugnata, e quindi si avvia un secondo grado di giudizio, presso la Corte d’Appello, è necessario pagare nuovamente il tributo, come segue:

  • 64,50 €: fino a 1.100 €;
  • 147 €: da 1.100 a 5.200 €;
  • 355,50 €: da 5.200 a 26.000 €;
  • 777 €: da 26.000 a 52.000 €;
  • 1.138,50 €: da 52.00 a 260.000 €;
  • 1.821 €: da 260.000 a 520.000 €;
  • 2.529 €: oltre 520.000 €

Contributo unificato ridotto o non obbligatorio

Dopo avere visto in quali casi si deve pagare un tributo in forma fissa, e quando invece è necessario determinare il costo in base al valore delle causa stessa, vediamo ora in quali circostanze ci possono essere delle agevolazioni fiscali.

E’ possibile pagare il contributo unificato in misura ridotta, cioè al 50% nei seguenti casi:

  • nei procedimenti sommari, come il decreto ingiuntivo, la convalida di sfratto, accertamento tecnico preventivo e procedimenti cautelari
  • nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, nel primo grado di giudizio
  • sfratto per morosità e per finita locazione
  • controversie di lavoro individuali

Ad ogni modo, non tutti sono tenuti a pagare tale spese. Infatti, i soggetti che possono beneficiare del gratuito patrocinio, in quanto rientrano nei requisiti previsti dalla legge, non devono sostenere alcuna spesa, nemmeno riguardante i tributi.

Ma anche chi fa ricorso per violazione della ragionevole durata del processo, Legge Pinto,nelle controversie riguardanti la previdenza e assistenza obbligatorie e nelle cause di lavoro non è tenuto a pagare il contributo unificato

Quindi, un lavoratore che vuole agire per fare valere i propri diritti, ad esempio se non gli viene accreditato lo stipendio, può rivolgersi gratuitamente al giudice del lavoro.

In tal caso è necessario, però, che il dipendente sottoscriva un’autocertificazione per attestare di avere un reddito complessivo inferiore a 34.481,46 euro.

Ovviamente nei casi sopra citati non si devono pagare le tasse, ma è necessario far fronte alla parcella del proprio avvocato, se non si ha diritto al gratuito patrocinio.

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