Il danno emergente e il lucro cessante si verifica a causa del comportamento illegittimo altrui, vediamo cosa prevede la giurisprudenza in questi casi.
Quando si devono determinare i danni economici causati da un incidente o da un altro evento, è relativamente semplice valutare l’entità del risarcimento. Ovviamente è necessario dimostrare tutto in modo certo e documentale.
La situazione, però, diventa più complicata quando di deve valutare il danno derivante da mancate entrate.
Si tratta di una situazione difficile da definire e soprattutto è difficile riuscire a calcolare la cifra per un eventuale risarcimento, considerando che bisogna ipotizzare il probabile guadagno che l’interessato poteva ottenere, se non fosse intervenuto un particolare fatto.
Inoltre, procurarsi delle prove in merito si rivela spesso complicato e a volte impossibile. Ad ogni modo, a riguardo è intervenuta la Corte di Cassazione, stabilendo dei criteri da applicare in questi casi. Nelle prossime righe cercheremo di far luce sull’argomento.
Prima di analizzare i metodi per calcolare il risarcimento è utile chiarire in quali casi si parla di danno emergente e lucro cessante. Si tratta di situazioni particolari definite anche con l’espressione “mancato guadagno”, e indicano il mancato conseguimento di una cifra di denaro, a causa del comportamento altrui.
In modo particolare si possono verificare:
In grado di determinare delle mancate entrate nel patrimonio del danneggiato.
Si tratta di un danno patrimoniale, come decritto dall’art. 1223 del codice civile:
Il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata
Per determinare l’ammontare del danno, e potere quindi sancire un adeguato risarcimento, in giurisprudenza si valutano due diversi aspetti , ovvero il giudice deve tenere in considerazione:
Da un fatto illecito possono scaturire diverse conseguenze:
Quando si parla di perdita generica della capacità lavorativa si fa riferimento al danno biologico, mentre si parla di danno patrimoniale futuro se si sottolinea un’incapacità specifica. In questo caso, per calcolare la liquidazione devono essere fatte attente valutazioni e devono essere considerate tutte le circostanze.
Tale ipotesi si può configurare anche quando si tratta di un soggetto in procinto di entrare nel mondo del lavoro, quindi non ancora impiegato, se si dimostra l’attività che avrebbe potuto svolgere.
Come anticipato, per calcolare la cifra del risarcimento è necessario stabilire alcuni criteri univoci, per riuscire a determinare in modo equo per entrambe le parti coinvolte, l’ammontare del danno.
Innanzitutto occorre distinguere due diverse ipotesi:
Nel caso del lavoratore autonomo il giudice prenderà come punto di riferimento la base imponibile che ha dichiarato ai fini dell’imposta e non il reddito residuo dopo l’applicazione della stessa.
In modo particolare si deve fare riferimento sulla “differenza tra il totale dei compensi conseguiti, al lordo delle ritenute d’acconto, e il totale dei costi inerenti all’esercizio professionale senza possibilità di ulteriore decurtazione dell’importo risultante da tale differenza, per effetto del conteggio delle ritenute d’imposta sofferte dal professionista”, come ha sottolineato la Cassazione nella sentenza n. 11759 del 15 maggio 2018.
Se il comportamento illecito danneggia un bambino che non è ancora arrivato a percepire un reddito, cosa accade? Se un minore perde completamente o in parte la propria forza lavoro, deve essere valutata la prospettiva di un guadagno futuro?
La legge prevede che si debba procedere in due modi:
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