L’evasione fiscale è un reato penale solamente in determinati casi, in particolare se vengono superate le soglie previste dalla legge, altrimenti si commette un illecito tributario.
Essere chiamati dall’Agenzia delle Entrate per dare spiegazioni in merito alla dichiarazione dei redditi, è uno degli incubi più ricorrenti tra datori di lavoro e professionisti. Ovviamente se si lavora in modo corretto, si possono fare sonni tranquilli, ma se si nasconde qualcosa è meglio capire quali potrebbero essere le implicazioni.
Purtroppo è un’azione abbastanza comune quella di non dichiarare tutti i pagamenti ricevuti. Ci possono essere, infatti, affitti in nero, compensi per prestazioni professionali, vendita di oggetti prodotti in maniera autonoma o altro ancora. Se i soldi incassati vengono versati nel proprio conto corrente bancario, la tracciabilità dell’operazione potrebbe esporre il titolare a grossi rischi.
Verranno fatti degli accertamenti per capire se è stato commesso un reato di evasione fiscale.
Il termine “evasione fiscale” si riferisce a tutti i casi in cui un contribuente agisce in modo scorretto per ridurre o eliminare il prelievo fiscale da parte dello Stato, nei suoi confronti.
Con tale comportamento sta effettuando una violazione di specifiche norme fiscali.
Chi evade il fisco è perseguibile penalmente se vengono superate determinate soglie, infatti, non tutti gli illeciti fiscali hanno la stessa importanza e gravità.
Tra i vari comportamenti intrapresi per non pagare le tasse, quindi, solamente alcuni saranno considerati dei reati
La legge stabilisce chiaramente quando un illecito deve essere punito attraverso una sanzione amministrativa, cioè un’ammenda, oppure con una sanzione penale, cioè multa o reclusione. Ma, stabilisce soprattutto quanto si deve evadere per fare scattare una denuncia penale.
I casi in cui un’evasione fiscale può essere giudicata penalmente sono stabiliti dal decreto legislativo n.74 del 10 marzo del 2000 nella “Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto”.
In particolare vengono considerati illeciti penali i seguenti comportamenti:
La dichiarazione fraudolenta è una falsificazione in merito alla dichiarazione dei redditi, fatta inserendo finti elementi passivi o alterando le scritture contabili.
Diventa effettivamente un reato se:
La sanzione prevista per casi di questo tipo è la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni.
Si tratta di dichiarazioni false che non rientrano nei casi che abbiamo appena visto relativi alla fraudolenza.
Ma in ogni caso sono comportamenti effettuati in maniera consapevole e volontaria.
Si tratta di reato se:
La sanzione prevista è la reclusione da 1 a 3 anni
Se non viene presentata la dichiarazione dei redditi, dell’Iva e il modello 770 entro 90 giorni dalla scadenza si tratta di “dichiarazione omessa”.
In questo caso sussiste il reato se l’imposta evasa supera i 50 mila euro.
La sanzione prevista è la reclusione da 1 a 3 anni
Se non viene effettuato il versamento dell’Iva e delle ritenute certificate si parla di reato solamente quando vengono superati i 250 mila euro di debito.
Se vengono emesse fatture false, cioè relative a operazioni inesistenti per consentire a terzi di evadere le tasse e l’iva, si commette sempre un reato, indipendentemente dall’importo.
La sanzione prevista in questo caso è la reclusione da 1 anno a 6 mesi a 6 anni.
Per evitare la ricostruzione dei redditi e del volumi d’affari, potrebbero venire distrutti o occultati tutti i documenti contabili utili e per i quali è obbligatoria la conservazione. In questo caso il reato è sempre penale e prevede la reclusione da 6 mesi a 5 anni.
Abbiamo visto che il penale scatta solo in alcuni casi e se vengono superate alcune soglie stabilite dal D.lgs 74/00.
Ma, nei casi in cui i limiti previsti vengano superati di poco, si possono considerare “piccole evasioni”, e rientrare così nei casi previsti dal codice penale come di “particolare tenuità del fatto”. In questi casi non si applica la pena prevista ed è possibile chiedere l’archiviazione del procedimento penale.
Le altre azioni previste dalla legge resteranno, in ogni caso, attive. Il debito verrà iscritto e finirà in varie cartelle esattoriali, e potrebbero esserci pignoramenti o ipoteche.
Uno sforamento minimo dei limiti viene considerato, quindi, una causa di non punibilità.
Tale decisione è stata presa dalle Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n.13681/2016, con la quale è stato dichiarato che il principio di non punibilità deve essere applicato indistintamente a tutte le fattispecie di reato, anche a quelli precedentemente esclusi, come ad esempio i reati tributari.
L’obiettivo è quello di evitare valutazioni arbitrarie in base alla minore o maggiore offensività della condotta, in rapporto al tipo di reato penale commesso. Il giudice deve applicare le leggi, non sostituirsi al legislatore ponendo ulteriori parametri per ancora il giudizio di tenuità.
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