Si ha quando un dipendente assunto con un contratto di part-time svolge un orario superiore a quello stabilito, ma comunque entro le 40 ore settimanali. Questa possibilità, per sua stessa definizione, può esistere solo nell’ambito dei contratti a tempo parziale.
Ti sarà capitata magari una situazione come questa: sei assunto con un contratto part-time a 20 ore settimanali e il tuo datore di lavoro ogni tanto ti chiede di lavorare qualche ora in più.
In questo caso si parla di lavoro supplementare. Il limite massimo è di 40 ore settimanali; una volta superate si parlerà di lavoro straordinario.
Nell'articolo vedremo com’è regolata questa forma di lavoro, quali sono le differenze con il lavoro straordinario, quali sono i limiti per il datore di lavoro e come e in che misura avviene il pagamento.
È una tipologia di lavoro che si colloca nell’ambito della disciplina dei contratti a tempo parziale. Si tratta di tutte quelle ore di lavoro in più rispetto all’orario pattuito nel contratto, che non superano comunque il limite di 40 ore settimanali.
Il lavoro supplementare è previsto nell’art. 6 del d. lgs. 81/2015, che stabilisce la facoltà del datore di lavoro di richiedere lo svolgimento di prestazioni supplementari. La norma chiarisce poi che per prestazioni supplementari si intendono quelle svolte oltre l’orario concordato fra le parti.
Si configura lavoro part-time supplementare, ad esempio, quando il contratto prevede 20 ore settimanali, ma ne vengono svolte 30.
Si tratta di una normativa volta a tutelare i lavoratori part-time quando venga loro chiesto di lavorare qualche ora in più, garantendo il giusto compenso e i relativi diritti.
Il contratto part-time è infatti un contratto caratterizzato da un orario di lavoro inferiore a quello del lavoro full-time (40 ore) previsto dal contratto collettivo. È pensato per i lavoratori che hanno bisogno di dedicarsi maggiormente alla famiglia o ad altre attività di qualsiasi natura.
Ci sono 3 tipi di lavoro part-time:
Il lavoro supplementare si colloca in questo contesto. Se per un lavoratore a tempo pieno le ore in più sono classificate come lavoro straordinario, per il dipendente part-time si tratterà di ore supplementari.
La differenza sostanziale è che il lavoro supplementare si svolge oltre l’orario prestabilito, ma entro le 40 ore, mentre il lavoro straordinario si svolge oltre le 40 ore settimanali.
Può anche succedere che nel contratto di part-time venga chiesto di fare più di 40 ore: quindi il lavoro straordinario può aversi sia nei contratti full-time che in quelli a tempo parziale (mentre il lavoro supplementare è previsto solo per il part-time).
Va specificato però che la possibilità dello straordinario per i contratti a tempo parziale è ammessa solo per quelli di tipo verticale o misto, non invece per quelli di tipo orizzontale.
Le regole che disciplinano lo svolgimento e i limiti di queste due forme di lavoro “extra” sono le stesse:
La previsione di un tetto massimo di ore settimanali rientra nelle disposizioni che garantiscono la tutela del diritto al riposo, stabilito dall’art. 36 della Costituzione.
Tale norma prevede che la legge debba stabilire la durata massima della giornata lavorativa e che il lavoratore abbia diritto al riposo settimanale e alle ferie annuali.
Trattandosi di una forma di lavoro “extra”, non concordato preliminarmente nel contratto, la legge prevede dei limiti specifici cui il datore di lavoro deve attenersi.
L’azienda può infatti chiedere prestazioni supplementari ma deve rispettare le norme del CCNL di riferimento. Quindi, in base al tipo di CCNL, il datore di lavoro deve rispettare:
Per i settori in cui la disciplina del lavoro supplementare non è regolata dal CCNL di riferimento, bisogna far riferimento a quanto disposto dall’art. 6, comma 2, d. lgs. 81/2015.
Questo stabilisce che:
Qualora il datore di lavoro non dovesse rispettare le regole sull’orario e la retribuzione, la sanzione amministrativa prevista va dai 24 ai 154 euro. L’importo può poi variare quando il mancato rispetto riguardi più lavoratori, fino ad un massimo di 5.000 euro.
Parlando quindi di retribuzione delle prestazioni supplementari, l’art. 2108 del codice civile stabilisce la regola in via generale: in caso di prolungamento dell’orario di lavoro, il lavoratore deve essere compensato con un aumento di retribuzione rispetto a quella dovuta per il lavoro ordinario.
Le percentuali di aumento della retribuzione sono indicate nel CCNL di riferimento: ad esempio, quello del commercio prevede un aumento del 35%, mentre quello del turismo del 30%.
Il contratto collettivo può anche prevedere delle percentuali diverse a seconda che il lavoro supplementare sia svolto in un giorno festivo o in orario notturno.
Gli importi corrisposti come prestazione supplementare vanno indicati in modo dettagliato nella busta paga e subiscono le stesse trattenute Inps e la stessa tassazione Irpef della retribuzione ordinaria.
Fonti normative:
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