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Reintegro: come funziona e chi ne ha diritto?

Il reintegro è una forma di tutela per i lavoratori che sono stati licenziati in modo illegittimo. Vediamo come funziona.

Come ben sappiamo nel nostro Paese non è possibile essere licenziati liberamente, senza delle valide motivazioni. Non tutti, però, sono consapevoli dei propri diritti, e non sanno quindi comprendere se un eventuale contestazione disciplinare che sfocia con un licenziamento, o se la decisione di ridurre improvvisamente il personale siano corrette o meno. 

Se le decisioni vengono prese senza delle valide motivazioni, è possibile impugnare il licenziamento e in alcuni casi ottenere il reintegro nel posto di lavoro. Nelle prossime righe analizzeremo in quali casi ci può verificare questa situazione.

Cos’è il reintegro?

Negli ultimi anni il mondo del lavoro è stato stravolto da numerose leggi e cambiamenti, ad ogni modo, la decisione più discussa e criticata è stata quella dell’abrogazione del vecchio articolo 18 dello Statuto dei lavoratori

In passato, infatti, era previsto il reintegro sul posto di lavoro tutte le volte in cui un giudice dichiarava illegittimo un licenziamento, ovvero quando veniva effettuato in violazione della legge e senza dei validi presupposti. Oggi, in seguito alla riforma, al lavoratore nella maggior parte dei casi spetta soltanto un risarcimento, come vedremo. 

Di fatto il reintegro, ora, è previsto solamente per i casi più gravi. La sentenza n. 7167/2019 della Cassazione, comunque, ha allargato le ipotesi di utilizzo. 

Innanzitutto va detto che può essere illegittimo sia il licenziamento disciplinare che per motivi oggettivi, se non viene effettuato nel rispetto delle norme vigenti. Infatti, nel primo caso il datore di lavoro potrebbe punire in modo eccessivo il dipendente, o addirittura potrebbe contestare fatti mai accaduti, nel secondo caso, invece, si potrebbe dichiarare una necessità aziendale fittizia, solamente per liberarsi del lavoratore.

La legge italiana permette ai lavoratori licenziati ingiustamente di difendersi, impugnando il licenziamento, seguendo una specifica procedura, che analizzeremo nel prossimo paragrafo.

Cosa deve fare il lavoratore?

Il dipendente che ritiene di avere subito un’ingiustizia, può decidere di difendere i propri diritti, rispettando però una procedura ben precisa.

La prima cosa da fare è inviare una raccomandata all’azienda, indicando chiaramente la volontà di contestare la decisione, anche senza indicare le motivazioni. Ma attenzione la lettere deve essere inviata entro 60 giorni dalla comunicazione ricevuta.

Il secondo passaggio consiste invece nel deposito dell’atto di ricorso in tribunale, entro 180 giorni dal licenziamento.

Va sottolineato che, non rispettare i suddetti termini rende impossibile difendersi.

Ad ogni modo non è necessario portare il caso nelle aule di un tribunale. È possibile, infatti, trattare con l’azienda sia convocando una commissione di conciliazione presso l’ispettorato o agendo in modo autonomo per trovare un accordo.

Chi è stato assunto dopo il 6 marzo 2015, può godere della cosiddetta offerta di conciliazione fatta dal datore di lavoro, come previsto dal contratto a tutele crescenti. Ad ogni modo la conciliazione deve avvenire entro 60 giorni, e solitamente consiste in un’offerta in qualità di risarcimento.
Accettare l’offerta comporta però l’estinzione del rapporto di lavoro e la rinuncia all’impugnazione del licenziamento.

Reintegro o risarcimento?

Come abbiamo detto è possibile evitare la causa in tribunale, cercando degli accordi stragiudiziali, ma se ciò si rivela essere impossibile, la decisione in merito al reintegro spetta al giudice.
La regola è quasi sempre il risarcimento, se non in particolari situazioni, che rappresentano delle eccezioni.
In modo particolare il reintegro è previso in presenza di licenziamento:

  • Discriminatorio: per motivi sindacali, religiosi, politici, di sesso, di handicap, di lingua, razziale, di età ma anche effettuato a causa della fruizione di congedi di maternità o paternità e per matrimonio. 
  • Verbale: la legge precede che venga effettuata una comunicazione scritta
  • Per fatti insussistenti: per motivi non dimostrabili, del tutto inventati
REINTEGRO IMPUGNAMENTO LICENZIAMENTO
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