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Licenziamento illegittimo: come può difendersi il lavoratore?

Il licenziamento illegittimo si verifica quanto il datore di lavoro decide di “lasciare a casa” un dipendente per un motivo non previsto dal diritto del lavoro. Al lavoratore spetta un risarcimento danni e in alcuni casi il reintegro in azienda.

In un periodo storico difficile come quello che stiamo vivendo, soprattutto da un punto di vista delle sicurezze lavorative ed economiche, indispensabili per fare progetti di vita importanti, è inevitabile chiedersi in quali casi è possibile essere licenziati. 

Conoscere le norme aiuta i lavoratori ad evitare di intraprendere comportamenti che potrebbero compromettere la loro posizione, ma anche captare le novità organizzative messe in atto dall’azienda, che potrebbero indurre a una diminuzione del personale.

In alcuni casi, comunque, può accadere che la decisione del datore di lavoro non sia fondata, o del tutto corretta, per questo motivo si parla di licenziamento illegittimo. Vedremo, quindi, di seguito quando si verifica tale situazione e come può difendersi il lavoratore,

Quando si può parlare di licenziamento illegittimo?

A volte si possono verificare delle dinamiche illecite sul mondo del lavoro, vediamo di analizzare in particolare come può difendersi un lavoratore dal cosiddetto licenziamento illegittimo, e in quali casi può succedere.

In generale possiamo affermare che in assenza di un vero riassetto organizzativo o di un comportamento grave del lavoratore, le decisioni sono sempre illegittime. Ma proviamo a fare qualche esempio pratico per chiarire ulteriormente il concetto.

Non si può licenziare un soggetto:

  • per motivi discriminatori, quindi legati al sesso, alla religione all’etnia, alle opinioni politiche, alle preferenze sessuali, o perché una donna è incinta o un individuo si iscrive a un determinato sindacato
  • per illeciti disciplinari inesistenti, o non gravi da provocare una sanzione così pesante
  • per finti riassetti aziendali, se in seguito vengono effettuate nuove assunzioni
  • per non avere verificato se il soggetto poteva essere trasferito in altri reparti a svolgere mansioni alternative

Ma, un licenziamento illegittimo non avviene soltanto se le cause non sono quelle previste dalla legge, ma anche se non vengono rispettate la procedura e le formalità stabilite. 

La comunicazione delle volontà aziendali, infatti, non può essere fatta in forma verbale. In tal caso c’è illegittimità anche se i motivi di base sono fondati. La lettera deve essere spedita tramite raccomandata AR o PEC, per avere la prova della ricezione.

In ogni casi, in alcune sentenze è stata riconosciuta la validità del provvedimento anche per comunicazione inviate tramite semplice email, in quanto è stato possibile avere una prova certa della lettura, dato che il messaggio è stato inoltrato ai colleghi.

A volte, invece, il dipendente non ha avuto la possibilità di difendersi, prima che fosse emesso il provvedimento stesso, non rispettando l’iter procedurale.

E’ opportuno analizzare delle casistiche particolari come la fine del rapporto di lavoro a causa di una invalidità o inabilità del soggetto. Si tratta infatti di motivazioni legittime, se viene dimostrato che il dipendente non può occuparsi di altre mansioni, compatibili con il suo stato di salute.

Infine, va precisato che non è possibile lasciare a casa un lavoratore in malattia o durante il “periodo protetto”, cioè:

  • donne in gravidanza, fino al compimento di un anno di età del bambino
  • padre in congedo per maternità, per tutta la durata del congedo stesso e fino al compimento di un anno del bambino

Come può difendersi il lavoratore?

Abbiamo detto che, il datore di lavoro deve rispettare un preciso iter per comunicare all’interessato la decisione di interrompere il rapporto lavorativo.

In particolare se si tratta di una sanzione disciplinare è necessario dare all’interessato la possibilità di difendersi, e giustificare il suo comportamento.

I passaggi obbligatori sono:

  • contestazione: viene spedita una raccomandata per comunicare i fatti, riportando la data e l’ora dell’avvenimento
  • difesa: il soggetto può difendersi entro 5 giorni, prendendo una posizione in merito all’accaduto
  • decisione: dopo avere discusso con il dipendente, l’azienda decide quale provvedimento adottare.

Se si tratta di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, invece, deve essere inviata una lettera raccomandata per comunicare la decisione.

Se quanto comunicato non è legittimo, l’interessato può opporsi, entro i seguenti termini:

  • entro 60 giorni deve inviare una comunicazione all’azienda con la quale dichiara la sua volontà di opporsi
  • entro 180 giorni deve depositare il ricorso in tribunale.

In seguito il datore di lavoro può decidere di attivare un’offerta di conciliazione, ovvero una modalità stragiudiziale, facoltativa, che permette di risolvere le controversie senza ricorrere alla causa. In pratica viene proposta una somma di denaro al lavoratore per concludere in modo “pacifico” la situazione. Se la conciliazione ha esito negativo, si può procedere in tribunale.

L’offerta di conciliazione

Il legislatore ha introdotto una modalità alternativa al processo, per risolvere contenziosi legati al mondo del lavoro. In sostanza, è possibile agire in modo stragiudiziale attraverso la conciliazione, possibile per tutti i dipendenti a tempo indeterminato, indipendentemente dalle dimensioni occupazionali dell’azienda e dalle ragioni che hanno determinato il recesso dal contratto.

Non possono accedere a tale procedura i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015, salvo eccezioni.
Ma, vediamo come funziona.

Il lavoratore, può attivare in modo facoltativo la procedura:

  • entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, ovvero entro 60 giorni dalla comunicazione al lavoratore.
  • consegnando al lavoratore un assegno circolare di importo pari a una mensilità di retribuzione per ogni anno di servizio, con un minimo di 2 e un massimo di 18 mensilità. Per le aziende fino a 15 dipendenti, l’importo è pari a mezza mensilità per anno lavorativo, con un minimo di uno e un massimo di 6 mensilità.

La conciliazione può concludersi in due modi diversi:

  • rifiuto della somma da parte del lavoratore, e possibilità per quest’ultimo di impugnare il licenziamento illegittimo in sede giudiziale
  • accettazione della somma e rinuncia all’impugnazione 

Quanto abbiamo detto riguarda la risoluzione stragiudiziale delle controversia nata per licenziamento illegittimo, ciò non toglie che il lavoratore possa agire in giudizio in merito ad altre questioni, inerenti ad esempio ad eventuali differenze retributive, all’inquadramento o al TFR.

Le conseguenze del licenziamento illegittimo

Se viene stabilito che un lavoratore è stato licenziato illegittimamente, cosa accade?

Il jobs Act ha stabilito che, tutti i soggetti assunti a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015, con una qualifica non dirigenziale, hanno diritto a un indennizzo e non al reintegro in azienda.

Ma, è necessario valutare due diverse casistiche:

  • se il comportamento del soggetto non è ritenuto dal giudice talmente grave da determinare la perdita del lavoro, ci sarà un indennizzo
  • se le motivazioni vengono considerate del tutto infondate al soggetto spetta il reintegro e un risarcimento danni

Per chiarire facciamo degli esempi.

Il reintegro c’è sempre se un soggetto viene licenziato:

  • oralmente
  • per motivi discriminatori
  • a ridosso del matrimonio
  • durante il periodo protetto
  • se la contestazione disciplinare si basa su fatti inesistenti

​Fonti normative

  • Jobs Act

LICENZIAMENTI NASPI IMPUGNAMENTO LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO SOGGETTIVO IMPUGNAMENTO LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA
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