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Impugnare il licenziamento: i termini e la procedura da seguire

Per impugnare il licenziamento illegittimo il lavoratore deve seguire la procedura e i termini stabiliti dalla legge. E' possibile opporsi sia a decisioni prettamente aziendali, legati a riorganizzazioni interne, sia a contestazioni disciplinari o a decisioni prese in modo discriminatorio.

Quando un dipendente viene licenziato può sempre proporre impugnazione contro il licenziamento subito, indipendentemente dal motivo oggettivo o soggettivo addotto dall’azienda nella lettera di licenziamento. Occorre tuttavia rispettare dei tempi molto rigidi stabiliti dalla legge. Ma andiamo per ordine.

Impugnare il licenziamento: le varie tipologie

Il datore di lavoro può porre fine al rapporto di lavoro con un proprio dipendente comunicandogli la decisione.. L’atto deve avere sempre forma scritta e deve essere motivato. La motivazione  può consistere in una mancanza del lavoratore oppure in una ragione di carattere tecnico, organizzativo produttivo. In particolare le tipologie di licenziamento sono:

  • licenziamento per giusta causa è determinato da una mancanza del lavoratore e scatta quando il datore di lavoro ritiene talmente grave il comportamento del dipendente da sentire la necessità di licenziarlo in tronco senza nemmeno attendere il periodo di preavviso fissato dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro. E’ il caso, ad esempio, del lavoratore sorpreso in flagrante a rubare merce aziendale.
  • licenziamento per giustificato motivo soggettivo: è sempre determinato da un inadempimento del lavoratore tuttavia la mancanza del dipendente è tale da portare alla cessazione del rapporto ma all’esito del periodo di preavviso previsto dal CCNL applicabile al rapporto di lavoro
  • licenziamento per giustificato motivo oggettivo: in questo caso la motivazione è legata a motivi economici e produttivi (crisi aziendale, riorganizzazione, soppressione del posto di lavoro, esternalizzazione dell’attività). In tale ipotesi il datore di lavoro decide di licenziare il dipendente non per un comportamento commesso dal lavoratore, ma per esigenze tecniche, produttive ed organizzative legate all’andamento dell’impresa. Si pensi al caso di una forte contrazione del fatturato che rende necessaria una riorganizzazione interna dell’azienda, oppure il caso in cui l’azienda decida di dismettere una certa linea produttiva e dunque di licenziare i lavoratori che vi erano addetti.

La forma del licenziamento

Il licenziamento deve avere sempre forma scritta. E’ infatti nullo se effettuato in modo orale. Deve essere, inoltre, comunicato al lavoratore. La forma della comunicazione non è però prescritta dalla legge tanto che, di recente, è stato addirittura ammesso il licenziamento tramite WhatsApp o tramite e-mail . Ciò che conta è che giunga a conoscenza del lavoratore.In ogni caso devono essere indicate le motivazioni che ha spinto il datore di lavoro ad adottarlo.

Termini per impugnare il licenziamento

Il lavoratore ha a disposizione 60 giorni per impugnare il licenziamento. Il termine scatta dal momento del ricevimento della lettera. L’impugnazione altro non è che una lettera con cui il lavoratore, o il suo legale di fiducia, contesta la decisione aziendale, indicando brevemente le ragioni per cui tale provvedimento è illegittimo. 

A quel punto, dalla data di spedizione della lettera di impugnazione del licenziamento, scatta un ulteriore termine, di 180 giorni, per depositare il ricorso nella cancelleria del Tribunale del Lavoro.

Il ricorso giudiziale

L’avvocato a cui il lavoratore si rivolge deposita nella cancelleria del Tribunale del Lavoro un ricorso nel quale si contesta il provvedimento e vengono esposti i profili che lo rendono illegittimo. Il Giudice fissa l’udienza di discussione e l’avvocato del lavoratore dovrà notificare il ricorso ed il decreto di fissazione dell’udienza al datore di lavoro. A quel punto si svolgerà il processo e, al termine dello stesso, il Giudice si pronuncerà sulla legittimità o sulla illegittimità del licenziamento.

Oggetto del processo è, essenzialmente, la verifica della legittimità del licenziamento e, in particolare, della sussistenza delle ragioni addotte dal datore di lavoro a fondamento del licenziamento stesso.

Per fornire la prova della illegittimità del licenziamento il lavoratore dovrà depositare documenti e chiedere l’audizione di testimoni che possano confermare le circostanze di fatto dalle quali si deduce la non fondatezza delle ragioni giustificative del licenziamento.

Si noti che nel giudizio relativo al licenziamento si assiste ad un’inversione dell’onere della prova: sarà il datore di lavoro a dover provare la legittimità del licenziamento e la fondatezza delle ragioni addotte a suo fondamento.

Le tutele a cui il lavoratore può avere diritto

Il Jobs Act, ovvero la riforma del diritto del lavoro approvata nel 2015, ha cambiato profondamente la disciplina delle tutele che scattano in caso di licenziamento illegittimo. Occorre dunque distinguere tra lavoratori assunti prima e dopo il 7 marzo 2015. I primi avranno diritto, in caso di licenziamento illegittimo, ad una tutela più forte; i secondi, invece, dovranno accontentarsi di una tutela più debole. 

Occorre poi considerare che la tutela dipende anche dalle dimensioni dell’azienda. Nelle aziende più piccole, infatti, la tutela a cui il lavoratore può accedere è più debole. Le tutele cui si può accedere dipendono, inoltre, dal tipo di vizio presente.. Si prevede infatti una tutela più forte per i licenziamenti nulli, discriminatori  o ritorsivi e una tutela man mano più debole qualora sia genericamente illegittimo oppure semplicemente adottato violando norme meramente procedurali.

In generale, le tutele cui il lavoratore può accedere sono di due tipologie: la reintegrazione nel posto di lavoro con il conseguente pagamento di tutto quanto sarebbe spettato dalla data di licenziamento alla reintegrazione e la tutela indennitaria, ovvero, il lavoratore non ottiene il ritorno in azienda ma solo un’indennità a titolo di risarcimento del danno subito.

Il lavoratore che riceve un licenziamento dovrebbe dunque, come prima cosa, rivolgersi ad un avvocato esperto in diritto del lavoro per ottenere un parere su come procedere.

Fonti normative:

  • Art. 2, 3, 5, 6  Legge n. 604/1966
  • Art. 2119 c.c.
  • Art. 2118 c.c.
  • Art. 1 e 2 d.lgs. n. 23/2015.
  • Art. 18, Legge n. 300/1970.
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