Il licenziamento disciplinare è determinato da un comportamento scorretto da parte del lavoratore. Nei casi più gravi può avvenire in tronco, cioè senza un periodo di preavviso. In ogni caso è possibile contestare la decisione dell’azienda.
Al giorno d’oggi trovare un buon lavoro è davvero difficile, a causa della crisi economica che ha colpito anche il nostro Paese negli ultimi anni. In molti si chiedono cosa sia necessario fare per riuscire a trovare il tanto famoso posto fisso, ma è altrettanto importante capire in quali casi si rischia di perderlo.
L’azienda può licenziare un dipendente, anche a tempo indeterminato, per diversi motivi, legati alla sua organizzazione, ma anche al comportamento del lavoratore. Quando le parti sottoscrivono il contratto di lavoro, accettano di diventare titolari di specifici diritti e doveri, che prevedono conseguenze nel momento in cui vengono violati.
Nel seguente articolo, analizzeremo gli aspetti fondamentali del licenziamento disciplinare, per capire quando può scattare, come funziona l’intera procedura e come può essere contestato.
Nel momento in cui un soggetto viene assunto come dipendente da un’azienda, deve rispettare specifici doveri, per evitare di essere licenziato.
In molti pensano che il posto fisso, cioè il contratto a tempo indeterminato, duri per sempre, ma non è così. Il datore di lavoro ha la possibilità di lasciare a casa un lavoratore se ritiene che non abbia rispettato i suoi obblighi.
Quali sono dunque le regole da rispettare per evitare spiacevoli conseguenze?
In genere basta usare il buon senso e sottostare al vincolo di subordinazione, cioè seguire le indicazioni date dai superiori. In ogni caso nel Codice Civile vengono elencati i doveri che ogni lavoratore deve assolvere:
Oltre a queste linee guida generali è opportuno leggere il regolamento presente nel contratto, e consultare il Codice Disciplinare, presente in ogni posto di lavoro.
In caso di violazione di una norma, possono scattare le cosiddette sanzioni disciplinari, di gravità proporzionale all’entità dell’atto compiuto.
Ci può essere:
La misura più drastica, cioè la rottura del rapporto lavorativo, può avvenire per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo.
Nei prossimi paragrafi analizzeremo nel dettaglio le due caratteristiche delle due tipologie.
Abbiamo visto che il licenziamento disciplinare rappresenta la sanzione più grave e drastica, in seguito a un comportamento scorretto da parte di un dipendente, anche a tempo indeterminato.
In alcuni casi risulta impossibile proseguire i rapporti, anche per un ulteriore giorni, tanto che il soggetto viene lasciato a casa “in tronco”, cioè senza un periodo di preavviso.
Ovviamente la punizione risulta essere severa, in quanto è stato commesso un fatto non tollerabile.
Proviamo ad elencare alcuni comportamenti che rientrano in questa categoria:
A seguito di una delle azioni che abbiamo elencato, vengono fatte comunque delle valutazioni con lo scopo di analizzare la situazione ad ampio spettro. Il datore di lavoro prima di decidere, analizza il rapporto di fiducia con il lavoratore, tenendo in considerazione la natura del contratto di lavoro, il ruolo ricoperto, le motivazioni che hanno causato tali comportamenti e il danno effettivamente subito dall’azienda.
Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo è un provvedimento ritenuto grave, ma non a tal punto da eliminare il periodo di preavviso previsto dal CCNL.
Possiamo dire perciò, che il comportamento del dipendente non è stato tollerato, ma viene riconosciuto il diritto di ricevere la relativa comunicazione in tempo per riuscire a trovare un’altra occupazione. In alcuni casi, comunque, il datore di lavoro può scegliere di versare il corrispettivo dell’indennità di preavviso, evitando di fare tornare in azienda il lavoratore.
Indipendentemente dalla gravità del fatto, le sanzioni non scattano in automatico, ma è previsto un iter da rispettare. Il procedimento, infatti, è composto dalle seguenti fasi:
Se a seguito di un comportamento scorretto un lavoratore ha subito come sanzione la rottura del rapporto di lavoro, ha la possibilità di contestare la decisione dell’azienda, se si tratta di un licenziamento illegittimo.
L’impugnazione del provvedimento, per essere valida, deve essere fatta entro precisi termini stabili dalla legge.
Il lavoratore, quindi, deve:
Per tutta la durata della procedura può essere richiesta una sospensione cautelare, ma non essendo un provvedimento disciplinare, almeno non ancora definitivo, non può essere interrotta la retribuzione
L’indennità di disoccupazione, conosciuta come Naspi, è un diritto che spetta a chi perde il proprio lavoro in modo involontario, quindi chi si rende responsabile di comportamenti scorretti può riceverla?
Il lavoratore che si comporta in modo sbagliato e non rispetta le regole, può essere equiparato a uno che decide volontariamente di porre fine al proprio rapporto di lavoro con le dimissioni volontarie?
Stabilire un confine netto tra le due situazioni non sempre sembra così chiaro, e spesso c’è una grande confusione in merito.
Il Ministero del Lavoro, a tal proposito ha chiarito che a seguito di un licenziamento disciplinare un soggetto ha il diritto di ricevere la Naspi, se rispetta i requisiti previsti dalla legge.
Ciò avviene perché il dipendente comportandosi in modo illegittimo non ha l’obiettivo di perdere il lavoro, ma è soltanto scorretto nei confronti dell’azienda e viene punito per questo motivo.
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