Non si rischia il licenziamento solamente a causa di comportamenti gravi, ma anche per motivi legati all’organizzazione dell’azienda: ridimensionamenti di attività produttive in crisi, o nuovi assetti operativi, si tratta del cosiddetto licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Avere un contratto a tempo indeterminato rappresenta senza dubbio una sicurezza. Si possono fare dei piani per il futuro con la certezza di avere sempre un’entrata economica mensile, per potere fare fronte alle numerose spese che abbiamo.
Molti di noi attendono proprio di firmare il tanto agoniato contratto di lavoro “per tutta la vita” prima di prendere la decisione di formare una famiglia prendendo impegni anche di tipo economico, magari per comprare una casa.
La perdita del posto di lavoro rappresenta una situazione davvero difficile, spesso distrugge le famiglie, in quanto nascono nuovi problemi, tensioni, e diventa complicato gestire tutto.
Abbiamo detto che anche un contratto a tempo indeterminato può essere interrotto se ci sono delle motivazioni valide, non sempre legate al comportamento del lavoratore.
Bisogna quindi sempre rimanere vigili, cercando di capire se sta cambiando qualcosa nell’azienda dove lavoriamo, per riuscire a trovare per tempo altre soluzioni.
Possiamo, quindi, venire licenziati, solamente per le seguenti ipotesi:
Nel primo caso la decisione viene presa in seguito a comportamenti scorretti messi in atto dal lavoratore. Nel secondo caso, invece, si tratta di una scelta aziendale che non riguarda in nessun modo la sfera soggettiva del dipendente, infatti viene definito come licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Le aziende hanno, infatti, l’esigenza di cambiare per adattarsi all’ambiente competitivo di riferimento, o per riuscire ad assorbire spese troppe elevate, soprattutto nei periodi di crisi.
Alcune volte, perciò, parte del personale risulta essere superfluo per il corretto funzionamento dell’attività.
Secondo la legge italiana un’azienda può licenziare alcuni dipendenti in merito a:
Nel maggior parte dei casi si tratta di una nuova organizzazione lavorativa a seguito di una crisi economica. In altra parole il datore di lavoro non riesce più a sostenere la spesa relativa a tutti i propri dipendenti e deve inevitabilmente scegliere chi tenere e chi lasciare a casa.
Per riuscire quindi a salvare parte dell’attività aziendale, deve optare per ridurre o eliminare qualcosa.
Ma non sempre si tratta di crisi. In altri casi, infatti, può esserci l’inserimento di nuove tecnologie in grado di modificare totalmente la modalità produttiva, ad esempio utilizzando alcune macchine in grado di svolgere più velocemente il lavoro dell’uomo.
In altri casi ancora, ci può essere una esternalizzazione di una parte della produzione, che viene affidata a una ditta esterna, un sistema che permette al datore di lavoro di pagare un costo inferiore rispetto a quello per i dipendenti interni.
Un licenziamento per giustificato motivo oggettivo è considerato lecito, quando:
In ogni caso i pretesti per adottare questa tipologia di licenziamento devono essere effettivi, bisogna dimostrare la necessità per arrivare a una conclusione di questo tipo, e non deve essere un modo per liberarsi di qualche lavoratore scomodo.
Come abbiamo visto l’azienda può licenziarci se lo ritiene essere utile per riuscire a salvare una situazione di crisi, o per portare a termine particolari assetti organizzativi.
Deve dimostrare, però, di avere adottato tutte le misure possibili per evitare di lasciare a casa parte del personale.
In particolare deve anche sottolineare come il lavoratore non sia adatto a ricoprire altri ruoli in azienda, magari svolgendo mansioni diverse, effettuando una sua ricollocazione interna, cioè un repechage, un ripescaggio.
Lo spostamento può avvenire anche al di fuori del profilo professionale corrispondente all’inquadramento del dipendente, anche se si tratta di mansioni inferiori, se il diretto interessato accetta il demansionamento.
Se viene violato tale principio, il datore di lavoro deve risarcire il dipendente, e in alcuni casi reintegrarlo in azienda, in quanto non ha rispettato un suo fondamentale diritto.
Dopo avere visto in quali casi un dipendente rischia di perdere il lavoro per cause di natura prettamente aziendali, vediamo ora come funziona il procedimento secondo quanto previsto dalla legge.
Con il Jobs Act e l’introduzione del contratto a tutele crescenti il mondo del lavoro è cambiato notevolmente. Di fatto l’azienda può scegliere di licenziare dei lavoratori, in modo del tutto oggettivo.
Per fare ciò, il datore di lavoro deve inviare una comunicazione all’Ispettorato Territoriale del Lavoro, contenente le seguenti informazioni:
L’ITS entro 7 giorni fissa una data di convocazione delle parti, entro i successivi 20 giorni.
Nel giorno prefissato le parti possono:
Ad ogni modo i lavoratori soggetti alla disciplina del contratto a tutele crescenti, non devono necessariamente attivare la procedura sopra descritta, a prescindere dal numero di lavoratori presenti in azienda.
Nelle realtà aziendali con meno di 15 dipendenti, viene inviata direttamente al lavoratore la lettera indicando le motivazioni oggettive e il periodo di preavviso.
L’interessato può accettare la situazione, oppure decidere di procedere con l’impugnazione del licenziamento.
Tendenzialmente sì, ma dobbiamo conoscere in quali casi il nostro datore di lavoro può decidere di licenziarci, e cosa dice la legge in merito.
Ovviamente una della cause è il nostro comportamento, se commettiamo dei gesti considerati gravi e pericolosi per l’azienda possiamo essere licenziati immediatamente, senza nemmeno il preavviso.
Ma, in altri casi la decisione non dipende da noi, ma da un nuovo assetto organizzativo societario, ciò significa che l’azienda si trova in un periodo di difficoltà e decide di “tagliare” parte del personale, oppure decide di modificare le modalità produttive, optando per l’utilizzo di macchinari più veloci e precisi rispetto alla forza lavoro dei dipendenti.
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