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Quando si può licenziare un dipendente a tempo indeterminato

Quando si può licenziare un dipendente a tempo indeterminato? Esiste ancora il posto di lavoro sicuro per tutta la vita? Quali tutele hanno i lavoratori? Proviamo a rispondere alle domande, analizzando il licenziamento per giusta causa, per giustificato motivo soggettivo e oggettivo.

Il classico posto fisso rappresenta per tutti una sicurezza, un punto d’arrivo, grazie al quale è possibile programmare il proprio futuro e fare scelte più concrete. Arrivare ad avere un contratto di lavoro a tempo indeterminato è il desiderio di tutti gli italiani, che lottano quotidianamente tra mille spese da sostenere e si sentono, così, le spalle coperte dalla certezza di avere sempre e comunque un’entrata fissa mensile, per tutta la vita.

Ma è davvero così? In realtà negli ultimi anni sono cambiate le norme di riferimento e le tutele non sono più quelle di un tempo. In particolare la situazione è cambiata dal 2015, data in cui è stato approvato il Jobs Act e modificato l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

In parole semplici possiamo dire che il lavoratore ha meno tutele, ma ha più possibilità di venire assunto a tempo indeterminato, in quanto l’azienda si sente meno vincolata.

In ogni caso, un lavoratore assunto dopo il 2015 può essere licenziato per svariati motivi, purché non siano discriminatori, cioè di tipo razziale, politico o religioso.

Sono infatti consentiti licenziamenti per motivi disciplinari, quindi per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, oppure per esigenze legate all’attività aziendale.

Di seguito, quindi, proviamo a capire quando si può licenziare un dipendente a tempo indeterminato.

Cosa significa tempo indeterminato?

Il famoso posto fisso, cioè un lavoro con contratto a tempo indeterminato, ha subito significative modifiche negli ultimi anni.

La data del cambiamento è il 7 marzo 2015, cioè il giorno in cui è stato approvato il Jobs Act, facilitando i licenziamenti, grazie all’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

I rapporti tra lavoratore e azienda hanno subito un cambiamento notevole anche per quanto riguarda il contratto a tempo indeterminato.

La riforma aveva lo scopo di facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro per molti giovani, con l’introduzione del contratto a tutele crescenti, ma ha anche tolto alcuni diritti riconosciuti in precedenza.

Le regole sono cambiate solamente per chi è stato assunto dopo il 7 marzo 2015, quindi tutti i lavoratori assunti dopo tale data devono conoscere le nuove norme di riferimento.

I diritti che vengono riconosciuti al dipendente sono:

Con il contratto a tutele crescenti, il datore di lavoro può avere dei benefici fiscali, se assume:

  • una persona con età tra 15 e 29 anni
  • una donna
  • un over 50
  • un disoccupato, beneficiario della Naspi
  • un disabile o un soggetto svantaggiato
  • un genitore over 35

Ma quando si può licenziare un dipendente a tempo indeterminato, quindi? Senza la protezione dell’art.18 il datore di lavoro può facilmente lasciare a casa un soggetto, ma non può discriminarlo per la razza, la religione o la politica.

Come vedremo a breve, l’azienda può licenziare un dipendente a tempo indeterminato: per giusta causa, per giustificato motivo soggettivo e per giustificato motivo oggettivo.

Quando si può licenziare un dipendente a tempo indeterminato? L’articolo 18

Per capire quando si può licenziare un dipendente a tempo indeterminato è necessario analizzare i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni.

In modo particolare, sono state modificate le tutele previste dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, la norma simbolo che da sempre assicurava il posto fisso per tutta la vita.

Dal 2015 le principali tutele previste dal noto articolo, si potranno applicare solamente ai rapporti lavorativi precedenti all’approvazione del Jobs Act, solamente se sono presenti i requisiti dimensionali previsti, cioè almeno 15 dipendenti.In tutti gli altri casi viene applicata la nuova disciplina delle tutele crescenti, nelle modalità che elenchiamo di seguito:

  • tutela reale piena: se il licenziamento è stato fatto in modo discriminatorio e quindi nullo, o in modo inefficace ad esempio in forma orale. In questo caso non sono considerate le dimensioni dell’azienda. Il soggetto deve essere reintegrato e devono essere pagati i danni relativi.
  • tutela reale attenuata: relativa ai licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo soggettivo non legittimi, cioè basati su elementi infondati. E’ previsto il reintegro o una indennità risarcitoria
  • tutela obbligatoria piena: per altri casi in cui non vengono rispettati i diritti del dipendente, è previsto un indennizzo pari a un minimo di 12 mensilità fino a un massimo di 24.
  • tutela obbligatoria attenuta: nelle ipotesi di illegittimità, dovuta ad assenza di motivazione valida o per non avere osservato le procedure corrette, è previsto un risarcimento da 6 e 12 mensilità

Quando si può licenziare un dipendente a tempo indeterminato?

Finora abbiamo visto come è cambiato lo scenario di riferimento per quanto riguarda il classico posto fisso, tanto ambito dagli italiani.

Vediamo ora di descrivere in modo dettagliato quando si può licenziare un dipendente a tempo indeterminato.

Generalizzando possiamo affermare che un individuo rischia di perdere il posto fisso se ha un comportamento colpevole o se agisce in malafede, provocando quello che viene definito licenziamento disciplinare. Ma, a volte la decisione viene presa solamente in merito a questioni aziendali.

Le tipologie sono, infatti, le seguenti:

Licenziamento per giusta causa

Viene effettuato in tronco, senza l’obbligo di preavviso, a causa di fatti gravi compiuti dal dipendente, che impediscono la continuazione del rapporto di lavoro.

Si tratta di un provvedimento di tipo disciplinare, nel caso in cui il soggetto abbiamo leso definitivamente la fiducia del proprio datore di lavoro, attuando comportamenti inammissibili. 

Esso ha effetto a partire dal giorno successivo alla ricezione della lettera dall’azienda con la quale si comunica la decisione. 

Può succedere se un soggetto commette un furto, se presenta un certificato medico falso, se delega i colleghi alla timbratura del badge, e per altri comportamenti ritenuti molto gravi.

Licenziamento per giustificato motivo soggettivo

E’ sempre un provvedimento di tipo disciplinare, ma considerato meno grave rispetto a quello che abbiamo appena descritto. Il licenziamento in questo caso avviene tramite preavviso. E’ anche possibile che il datore di lavoro possa ordinare al dipendente di non presentarsi più in azienda, e nell’ultima busta paga verrà versato anche la cosiddetta indennità sostitutiva di preavviso.

Se ciò non avviene il lavoratore deve essere reintegrato al lavoro, anche dopo le nuove regole imposte dal Jobs Act

Licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Si tratta di motivazioni non legate al dipendente, ma all’azienda, e in modo particolare a:

  • un riassetto della produzione: quindi a una migliore ridistribuzione del personale
  • una crisi aziendale: con una rilevante diminuzione dei ricavi

Anche in questo caso, però, i motivi devono essere reali e sinceri. Perciò un datore di lavoro non può lasciare a casa una persona per assumerne un’altra poco dopo, con la stessa mansione, o esternalizzare il lavoro.

Per procedere con questo tipo di licenziamento, l’azienda deve dimostrare:

  • che la scelta è necessaria per salvare l’attività
  • che non è possibile adibire il lavoratore ad altre mansioni

In ogni caso il Giudice valuterà di volta in volta la situazione specifica per capire le intenzioni che stanno alla base di tale scelte

Il dipendente può opporsi alla decisione?

Il lavoratore, se non è d’accordo con la decisione aziendale e con le motivazioni della scelta, può agire in modo stragiudiziale o giudiziale.

In sostanza, se si tratta di licenziamento illegittimo o licenziamento ritorsivo, l’interessato può fare valere i propri diritti, con l’assistenza di un avvocato esperto in diritto del lavoro.

Per potere contestare la lettera di licenziamento, devono essere rispettati precisi termini stabiliti per legge. Una volta scaduti, non sarà più possibile agire in alcun modo.

In particolare:

  • la richiesta di impugnazione deve essere inviata dal dipendente entro 60 giorni dalla ricezione della lettera (fase stragiudiziale)
  • il ricorso in tribunale, invece, va depositato entro i successivi 180 giorni (fase giudiziale)

Se l’interessato riesce a dimostrare che la decisione dell’azienda è illegittima, ha diritto a un indennizzo economico o ad essere reintegrato, secondo quanto stabilito dal Jobs Act.

In modo particolare, i dipendenti assunti dal 7 marzo 2015 possono:

  • essere reintegrati e ricevere un indennizzo se la giusta causa o il giustificato motivo soggettivo non sussistono
  • ricevere un’indennità negli altri casi

​Fonti normative

  • ​Jobs Act
  • Art. 2118 c.c.
  • L. n. 604/66
  • Art. 2119 c.c

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