Se mi licenzio ho diritto alla disoccupazione, o succede solamente quando vengo “lasciato a casa” dal mio datore di lavoro? Si tratta sicuramente di una tematica interessante. domande di questo tipo ce le siamo poste un po’ tutti, soprattutto nei giorni in cui non ci sentiamo bene nell’azienda in cui lavoriamo.
A volte succede, infatti, di non riuscire più a sopportare alcuni colleghi o l’ambiente di lavoro in generale, e pensiamo di prendere una decisione drastica come quella del licenziamento. Dobbiamo però valutare che non sempre è semplice trovare in breve tempo un’altra occupazione, e le nostra situazione economica potrebbe risentirne.
Per quanto riguarda la disoccupazione, in genere, un dipendente può ricevere l’assegno solo se si licenzia per giusta causa, anche se in questo caso sarebbe più corretto descrivere l’avvenimento con il termine di “dimissioni”, per distinguerlo dall’atto puro di “licenziamento” effettuato tipicamente da un datore di lavoro.
Le cause possono essere molteplici e possono riguardare motivazioni di carattere personale, quando ad esempio non ci troviamo bene con gli altri dipendenti, non siamo a nostro agio con le mansioni svolte e tutto ciò ha un effetto negativo sulla nostra vita, causando stress e preoccupazioni. Può succedere, anche, che il pagamento dello stipendio non avvenga entro i termini prefissati e il dipendente non abbia così la giusta e meritata gratificazione per il tempo speso in azienda e per le mansioni svolte, e decide di non volere continuare a lavorare per la mancanza di fiducia che nutre verso la società.
Indipendentemente dai motivi, un dipendente vorrebbe sapere di quali ammortizzatori sociali avrebbe diritto nel caso prendesse la decisione drastica di non volere più lavorare. Analizziamo quindi la situazione cercando di capire quali sono le opzioni a disposizione.
Le dimissioni di un dipendente possono essere racchiuse in due grandi categorie, che ne determinano le caratteristiche:
Per rispondere alla nostra domanda, quindi, solamente nel primo caso viene erogato un assegno di disoccupazione, che si chiama Naspi. In caso di dimissioni non sempre si può ottenere un’assistenza sociale, infatti lo Stato intende aiutare solamente chi si trova in una situazione di difficoltà per motivi che non dipendono dalla sua volontà, ma da una reale necessità.
Analizziamo ora nel concreto alcune casistiche per descrivere meglio la differenza tra queste due categorie.
L’Inps con la Circolare 94/2015 considera “giuste cause” per un licenziamento le seguenti motivazioni:
Nel posto di lavoro deve essere garantita la salute sia fisica che psichica, nel momento una delle due venisse a mancare, il lavoratore può legittimamente licenziarsi ricevendo successivamente la disoccupazione.
Oltre alla perdita di lavoro involontaria, o per giusta causa, è necessario avere altre due caratteristiche per poter ricevere l’assegno di disoccupazione:
Inoltre, è necessario essere iscritti al Centro per l’impiego, dichiarando la disponibilità immediata a svolgere un’altra attività lavorativa, e partecipando alle misure di politica attiva concordate.
Alcuni lavoratori “furbetti” credono di potere aggirare le regole, e se non hanno a disposizione delle giuste cause per le dimissioni, cercano di farsi licenziare per motivi disciplinari, pensando così di ricevere la disoccupazione senza problemi.
Si tratta di comportamenti davvero rischiosi, in grado di rovinare completamente la vita lavorativa dell’interessato, anche perché quasi sempre non rimangono impuniti.
La maggior parte delle volte il dipendente è tenuto a pagare una somma di denaro pari al preavviso obbligatorio che doveva dare in caso di dimissioni, se viene accusato da un tribunale di essersi fatto licenziare “fraudolentemente”. Tale cifra potrebbe anche venire scalata dalla liquidazione che gli spetta.
E i guai non finiscono qui, infatti, farsi licenziare per ottenere la disoccupazione si traduce in due distinti reati:
Si tratta quindi di rischi che possono avere delle conseguenze civili ma anche penali, e il lavoratore potrebbe così rovinare anche la propria reputazione, non riuscendo a trovare mai più un posto di lavoro.
Concludendo, ci dobbiamo ricordare che lavorare è utile per la gratificazione sia economica che personale, e sicuramente a volte non è facile fronteggiare alcune situazioni che si vengono a creare, ma prima di gettare la spugna e arrendersi bisogna provare a cambiarle.
Se non si tratta di questione serie, come abbiamo riportato prima, è necessario rimboccarsi le maniche e cercare di dare il meglio.
Sembra retorica ma il lavoro è spesso anche sacrificio, e abbandonarlo per cercare qualcosa di più facile, non è la soluzione migliore. Soprattutto negli anni recenti, trovare una buona occupazione è sempre più difficile, e dobbiamo avere più rispetto per le occasioni che ci sono concesse. Proviamo a porci delle domande. Se fossimo noi il problema? Possiamo modificare il nostro comportamento?
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