I voucher cosa sono? Esistono ancora? Quando possono essere usati? Proviamo a rispondere ad alcune domande inerenti ai buoni del lavoro, aboliti e poi ripristinati in una nuova veste: i PrestO, utilizzabili dalle aziende e il Libretto di Famiglia per regolarizzare piccoli lavoretti domestici.
Le aziende a volte hanno la necessità di figure lavorative solo per un breve periodo di tempo, per svolgere specifiche mansioni. In questi casi i datori di lavoro non intendono fare dei contratti lavorativi visto che si tratta di lavori ritenuti accessori e di breve durata.
I voucher rappresentano un modo per regolarizzare tali rapporti, evitando la diffusione del lavoro nero.
Inizialmente si trattava di forme di pagamento utilizzati prevalentemente in alcuni settori, ma poi sono si sono diffusi, diventando una delle forme più utilizzate per regolarizzare lavoratori stagionali e occasionali. In particolare sono molto apprezzati nel mondo dell’intrattenimento, della ristorazione e dell’agricoltura, settori molto spesso caratterizzati da lavoro stagionale e dove il ricorso al contratto a tempo indeterminato risulta più limitato.
La vecchia normativa che regolamentava i voucher è stata abolita con il governo Gentiloni con il decreto legge n.25 del 15 marzo 2017, ed è stata fatta un'ulteriore correzione in seguito.
Per chiarire la situazione proveremo a capire assieme i cambiamenti avvenuti in questi anni, per avere un quadro completo sul loro reale utilizzo.
I voucher, detti anche buoni lavoro sono una forma di pagamento alternativa, particolarmente utile in caso di lavoro occasionale accessorio. Sono stati introdotti con il Jobs Act del 2015 e, secondo la vecchia normativa, dovevano essere acquistati dalle aziende presso l’Inps, che per renderli validi li vidimava con un bollo. Il datore di lavoro, poi, li doveva consegnare direttamente al lavoratore come compenso per le ore di prestazione. Quest’ultimo aveva la possibilità di presentare i buoni in tabaccheria o sempre presso l’Inps per ricevere il corrispettivo in denaro contante.
Ogni voucher aveva un valore di 10 euro lordi, nei quali doveva venire calcolata una trattenuta pari al 25%, suddivisa nel seguente modo:
Perciò il valore netto unitario corrispondeva a 7,50 euro
La presenza di una percentuale di trattenute aveva quindi una funzione assistenziale e previdenziale per garantire al lavoratore alcuni dei diritti fondamentale normalmente stabiliti attraverso regolari contratti di assunzione.
All’inizio era previsto un limite di guadagno di 5000 euro per ogni singolo lavoratore, poi aumentato a 7000 con il jobs act. La soglia massima prevista è stata fissata per impedire che tali strumenti vengano utilizzati in sostituzione dei contratti di collaborazione continuata.
Il governo Gentiloni ha effettuato l’abrogazione dei buoni lavoro attraverso il decreto legge n. 25 del 17 marzo 2017, che consentiva però di utilizzare i voucher acquistati prima data fino al 31 dicembre 2017.
Tale decisione ha creato un pericoloso vuoto normativo, in quanto non ha previsto nessun sistema alternativo trasparente per regolarizzare le prestazioni lavorative occasionali di breve periodo. La legge ha quindi creato dei gravi presupposti per una maggiore diffusione del fenomeno del lavoro nero.
Per fare fronte a una situazione abbastanza pericolosa è stata attuata una manovra correttiva, che ha introdotto i nuovi voucher, denominati PrestO, cioè un acronimo di prestazione occasionale.
I nuovi buoni del lavoro in sostanza ampliano la loro possibilità di utilizzo rispetto a quelli vecchi. Infatti possono essere scelti da:
Ma anche il loro importo è cambiato, infatti il loro valore lordo è di 12,41 euro, e le trattenute corrispondono a:
L’importo netto quindi è pari a 9 euro
I PrestO sono regolati attraverso un contratto di lavoro occasionale semplificato, con il quale un lavoratore può essere retribuito per prestazioni lavorative accessorie.
Rispetto al precedente sistema, sono presenti nuove regole e nuovi limiti.
Il pagamento viene effettuato direttamente dall’Inps per via telematica, attraverso un bonifico bancario o postale entro il 15 del mese successivo alla prestazione svolta.
Il datore di lavoro, quindi, deve inviare all’Inps la comunicazione del contratto di lavoro occasionale, almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione, indicando:
Se non vengono rispettate le disposizioni obbligatorie è prevista una sanzione che può variare tra i 500 euro e i 2500 euro.
Le famiglie possono avere il cosiddetto “Libretto di famiglia”, cioè un libretto nominativo prefinanziato, una specie di carta prepagata, che si può acquistare presso gli uffici postali o tramite i servizi telematici dell’Inps.
Attraverso il libretto è possibile pagare tre tipologie di prestazioni occasionali:
Per queste tipologie di lavoro il valore lordo del voucher corrisponde a 12 euro, il netto a 10 euro.
La famiglia deve comunicare entro il terzo giorno del mese successivo allo svolgimento della prestazione i seguenti dati, all’Inps:
Il limite massimo corrisponde, anche in questo caso a 5000 euro annui per famiglia utilizzatrice e anche per il singolo lavoratore. Inoltre, un soggetto non può ricevere più di 2500 euro dalla stessa famiglia.
In caso di violazioni sono previste le stesse sanzioni che abbiamo già descritto per le aziende, cioè una multa tra i 500 e i 2500 euro.
Sono stati previsti ed inseriti nella nuova Legge di Bilancio e, di fatto, l'impostazione è stata quella di estenderne la possibilità di utilizzo, rivedendo alcuni limiti. Tra le novità:
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