Cerchi un avvocato esperto in
Lavoro
Guide diritto del lavoro

Lavoro a chiamata: come funziona?

Il lavoro a chiamata, detto anche a intermittenza o job in call, prevede che la prestazione lavorativa venga effettuata in modo discontinuo, in base alle esigenze dell’azienda. Ci sono specifici requisiti da rispettare ed essendo un lavoro subordinato prevede diritti simili a quelli dei dipendenti

In alcuni casi le aziende necessitano di lavoratori aggiuntivi per far fronte a periodi particolarmente intensi. Si tratta ad esempio di attività commerciali che devono servire molti clienti durante le feste natalizie, oppure di ristoranti che hanno un maggiore numero di prenotazioni in periodi di festa, oppure hotel che si trovano in località balneari che hanno un boom di richieste durante l’estate.

Risulta ovvio pensare che, i datori di lavoro non possono assumere dei dipendenti da occupare in maniera fissa e costante, se hanno bisogno di “essere coperti” solo saltuariamente.

Possiamo dire che si tratta di una tipologia molto simile alle prestazioni lavorative coperte con i nuovi Voucher, ai Cococo o alle collaborazioni occasionali con ritenuta d’acconto, anche se le modalità e i relativi limiti sono diversi caso per caso.

Seppure a chiamata o a intermittenza, si tratta in ogni caso di un lavoro subordinato, per il quale sono previsti particolari diritti sanciti dai Contratti Collettivi.

Ma, bisogna prestare attenzione in quanto non è sempre possibile sottoscrivere un contratto di questo tipo. Ci sono, infatti, limiti legati all’età del lavoratore, al numero massimo di giorni lavorativi in un anno e al settore di appartenenza dell’azienda che richiede la prestazione.

Cos’è il lavoro a chiamata?

E’ una modalità lavorativa definita anche intermittente o job on call, ed è tipica di certi settori nei quali c’è la necessità di avere una maggiore forza lavoro per periodo limitati.

Succede molto spesso nelle aziende turistiche, quali ristoranti e hotel che vedono un gran numero di clienti durante ponti, festività, vacanze invernali o estive.

Si tratta di un tipologia contrattuale introdotta grazie alla famosa quanto discussa Legge Biagi, e poi modificata attraverso il Jobs Act di Renzi.

Innanzitutto bisogna sottolineare il fatto che si tratta di un lavoro subordinato, dato che i tempi e i modi vengono stabiliti dal datore di lavoro. Ma, a differenza del classico lavoro da dipendente, esso si basa su presupposti diversi: chi ha sottoscritto il contratto può essere chiamato all’occorrenza, cioè quando si verificano picchi di produzione o di prenotazioni.

Lo scopo è perciò quello di regolarizzare le persone che vengono occupate solo in alcuni periodi e in modo discontinuo. Insomma, una alternativa ai nuovi voucher, o alle prestazioni occasionali.

Il contratto

Il primo aspetto da considerare riguarda il fatto che il contratto di lavoro a intermittenza deve essere effettuato in forma scritta, proprio come in tutti gli altri casi.
Non è quindi legale che il datore di lavoro proponga in modo verbale a un individuo di presentarsi in azienda a chiamata.

Nel contratto devono essere obbligatoriamente indicati i seguenti dati:

  • la durata, quindi se si tratta di tempo determinato o indeterminato
  • la causale, che può essere oggettiva o soggettiva, come vedremo a breve
  • luogo di lavoro
  • modalità di svolgimento della prestazione
  • preavviso di chiamata
  • trattamento economico previsto, considerando sia la retribuzione che un eventuale indennità di disponibilità
  • modalità di chiamata
  • norme sulla sicurezza

Essendo lavori saltuari un lavoratore può avere anche più contratti contemporaneamente, come definito da una circolare ministeriale del 2005, a patto che le aziende non siano in concorrenza tra di loro e sia concretamente possibile effettuare più prestazioni.

Il contratto a intermittenza può essere di due tipi:

  • con obbligo di rispondere alla chiamata: in questo caso il lavoratore ha il diritto di ricevere una indennità per rimanere sempre a disposizione
  • senza obbligo di rispondere: non è prevista alcuna indennità

Si tratta di una tipologia lavorativa a sé, non rientrante in altre categorie, quindi non va considerato come un contratto a termine e non devono venire applicati i relativi limiti. 

Perciò, mancando la continuità della prestazione, non viene conteggiato il cosiddetto stop and go, il periodo cuscinetto pari a 10 se il contratto a tempo determinato è di 6 mesi o 20 giorni se supera i 6 mesi.

Ovviamente per essere definito intermittente un lavoratore deve realmente effettuare prestazioni senza continuità. In caso contrario si tratta di una frode, e il contratto dovrà essere converitito a tempo indeterminato.

I requisiti

Abbiamo finora descritto cosa significa lavorare in modo intermittente, e quali sono le modalità per attivare il lavoro a chiamata, vediamo ora di analizzare i requisiti per poterlo ottenere, e in quali casi è vietato dalla legge.

La causale, quindi lo scopo, può essere:

  • oggettivo: realizzato per effettive esigenze aziendali, secondo quanto previsto dai CCNL
  • soggettivo: riferito a persone con età inferiore a 24 anni o superiore a 55, anche se in pensione. 

In alcuni casi, però, se non sono presenti precisazioni nel CCNL, è possibile consultare un apposito decreto ministeriale del 2004 per verificare le professioni che possono ricorrere a tale modalità.

In base all’articolo 14 del decreto legislativo 81/2015, invece, il lavoro a chiamata è vietato:

  • se utilizzato per sostituire lavoratori in sciopero
  • se sono stati fatti licenziamenti collettivi, sospensioni o diminuzioni dell’orario dei dipendenti
  • se il datore di lavoro non ha assolto agli obblighi in materia di sicurezza

Per le situazioni consentite dallo Stato italiano un lavoro a intermittenza può essere svolto, comunque, per un massimo di 400 giorni in 3 anni, ad eccezione dei seguenti settori:

  • turismo
  • pubblici esercizi
  • spettacolo

Come funziona?

Il datore di lavoro può chiamare il lavoratore solamente quando ne ha bisogno, Ma, cosa avviene nello specifico?

L’azienda deve avvisare il soggetto con un preavviso di un giorno. Non è obbligatorio accettare la richiesta se non si tratta di un contratto che prevede una indennità di disponibilità, cioè un compenso previsto per i periodi di inattività, che impone di essere sempre reperibili e pronti ad iniziare l’attività richiesta.

Il datore di lavoro ha l’obbligo di inviare, anche, una comunicazione amministrativa preventiva, nei seguenti modi:

  • tramite sms al numero 3399942256 : se la prestazione deve essere effettuata entro le successive 12 ore
  • via PEC all’indirizzo intermittenti@pec.lavoro.gov.it:

Se non vengono rispettati i termini possono venire applicate le sanzioni pecuniarie previste dal Jobs Act, che variano da 400 a 2400 euro.

Diritti del lavoratore

I lavoratori a intermittenza hanno diritto a:

In caso di malattia il soggetto deve avvisare il proprio responsabile aziendale per avvertirlo tempestivamente dell’assenza. Il periodo di inattività per problemi di salute è coperto dall’Inps, come per i normali dipendenti, e sono previste le visite fiscali in base agli orari stabiliti dalla legge italiana.

A differenza delle prestazioni occasionali e dei voucher, vengono maturati anche ferie e permessi in proporzione alle effettive giornate lavorative.

La retribuzione deve essere proporzionale e in linea con quanto previsto per lo stipendio di soggetti di pari livello, anche se assunti con modalità diverse. 

Essendo un lavoro subordinato, vengono versati i contributi per la pensione e accantonato il TFR.

LAVORO A CHIAMATA CONTRATTO A INTERMITTENZA
Condividi l'articolo:
CERCHI UN AVVOCATO ESPERTO IN LAVORO?
Ho preso visione dell’informativa sulla privacy e acconsento al trattamento dei dati.*

Quanto costa il servizio?
Il costo della consulenza legale, qualora decidessi di proseguire, lo concorderai direttamente con l'avvocato con cui ti metteremo in contatto.