Un lavoratore può svolgere un’attività lavorativa in modo saltuario e sporadico, senza essere un dipendente e senza la necessità di aprire una partita Iva. Per il lavoro autonomo occasionale deve emettere una ritenuta d'acconto, per regolarizzare la prestazione svolta.
Succede spesso che durante i colloqui di lavoro ci venga fatta una proposta di collaborazione occasionale, per un determinato periodo. Per capire se tale opportunità è affine con ciò che desideriamo o con ciò di cui abbiamo bisogno, dobbiamo capire cosa significa e quali sono le relative implicazioni.
La prima cosa da chiarire è che tale possibilità non deve essere intesa come un’alternativa alla partita iva, magari per avere meno oneri fiscali. Si tratta infatti di una prestazione prevalentemente di carattere sporadico, quindi non professionale, come vedremo tra poco.
Un altro aspetto da sottolineare è la presenza di diverse tipologie di lavoro occasionale, nate con il decreto legislativo 50/2017.
Quindi, per comprendere davvero l’argomento, dobbiamo analizzare le varie tipologie che abbiamo a disposizione e determinare quale si adatta meglio alla nostra situazione.
Recentemente è cambiata la disciplina che regola le prestazioni lavorative occasionali. In pratica il decreto legislativo 50/2017, abolendo i vecchi voucher, ha aperto la strada a nuove tipologie di prestazioni e a nuovi regolamenti.
Per quanto riguarda le attività lavorative non continuative e non abituali ci sono due diverse possibilità:
Il lavoro autonomo occasionale viene effettuato esclusivamente per attività professionali di carattere intellettuale, per le quali non è necessaria l’iscrizione a un albo, svolte senza continuità, quindi senza il bisogno di aprire una partita iva.
Il lavoro accessorio, invece, serve per tutelare attività svolte in maniera non abituale, ma con un vincolo di subordinazione. Ad esempio il lavoro di baby sitter, o di commessa nel weekend.
Esistono due tipi di lavoro accessorio:
Per chiarire ulteriormente facciamo degli esempi. Rappresenta un lavoro autonomo occasionale una consulenza informatica fatta a un vicino di casa, attraverso il rilascio di una ricevuta, detta ritenuta d’acconto, come vedremo a breve.
Fare il bagnino durante l’estate oppure la baby sitter ogni tanto, invece, rientra nella categoria dei lavori accessori.
Abbiamo visto che il lavoro autonomo occasionale riguarda i lavori professionali intellettuali svolti senza continuità, ma in particolare tale tipologia deve avere le seguenti caratteristiche qualitative:
Se tali requisiti vengono a mancare, è necessario adottare soluzioni diverse, come il contratto da dipendente oppure un lavoro autonomo professionale abituale con partita Iva.
La possibilità di lavorare in maniera autonoma e sporadica rappresenta una opportunità per i contribuenti.
Si tratta, infatti, di lavori “extra” che possono influire in maniera positiva sul bilancio familiare, infatti possono essere fatti anche se esiste già un altro contratto di lavoro dipendente.
Gli obblighi fiscali, come vedremo, non sono particolarmente vincolanti, bisogna solo rispettare alcuni limiti imposti dalla legge.
Riparare il computer del vicino di casa, infatti, è un modo per avere un’ulteriore entrata economica, senza la necessità di regolarizzare il tutto con l’apertura di una partita iva, con spese troppo gravose.
Bisogna però fare attenzione, perché non tutti i lavori rientrano nella casistica di quelli occasionali. Ad esempio vendere degli oggetti su Ebay nel tempo libero rientra tra le attività di tipo commerciale e non tra i lavori autonomi sporadici.
Spesso, quando si concorda una collaborazione occasionale, viene fatto solamente in modo verbale. Le parti coinvolte, infatti, trovano un accordo, cioè un compromesso tra l’attività da svolgere e il compenso da ricevere, semplicemente discutendo a voce.
Tale pratica potrebbe essere rischiosa, in quanto non c’è nessun documento che possa dimostrare l’impegno preso da entrambi i soggetti coinvolti.
Succede molto frequentemente che attraverso accordi verbali le aziende si approfittino del lavoro di disoccupati o studenti, senza retribuirli, o pagando meno di quanto pattuito.
Quindi è sempre meglio sottoscrivere un contratto, con il quale definire in modo specifico i vari obblighi reciproci. In particolare, bisogna indicare chiaramente:
Per essere davvero tutelati, quindi, è necessario avere un contratto, ma deve essere redatto nel modo corretto, per potere essere una forma di garanzia per i propri diritti. Un legale o un commercialista in questi casi può essere d’aiuto.
Il soggetto che effettua un lavoro autonomo occasionale è tenuto a rilasciare al proprio committente una ricevuta non fiscale, detta anche ritenuta d’acconto.
Nella ricevuta devono essere presenti alcuni elementi obbligatori:
La ritenuta d’acconto rappresenta una cifra che il committente trattiene, per potere versare a nome del lavoratore le tasse inerenti all’attività professionale svolta.
La data indicata deve coincidere con quella in cui è stato pagato effettivamente il compenso, in quanto ha lo scopo di certificare il pagamento della prestazione richiesta.
Per importi superiori a 77,47 euro è obbligatorio anche allegare una marca da bollo del valore di 2 euro, con data anteriore rispetto a quella di emissione della ricevuta.
Ma tali importi vanno dichiarati?
Dipende. Se viene superata la soglia di 5000 euro annuali lordi è obbligatorio fare la dichiarazione dei redditi, altrimenti la decisione è facoltativa.
In genere è consigliato inserire tutti i redditi nella dichiarazione, indipendentemente dagli importi, per potere recuperare le somme trattenute nelle ricevute. Infatti, le trattenute in eccesso di trasformano in crediti d’imposta.
In caso di lavoro autonomo occasionale, è obbligatoria l’iscrizione alla gestione separata Inps, solamente al superamento della soglia prevista di 5000 euro lordi in un anno.
Tale limite è conteggiato nel seguente modo:
I contributi devono essere versati solamente per la parte che eccede la soglia prevista.
L’iscrizione all’Inps deve essere effettuata dal datore di lavoro nell’anno in cui viene superata la soglia. Quindi è compito del lavoro informare il committente del superamento del limite previsto dalla legge.
I contributi vengono pagati in parte dal lavoratore e in parte dal datore di lavoro, in particolare:
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