Per quanto riguarda il lavoro a progetto i contributi vengono versati tramite l'iscrizione alla Gestione Separata Inps. Si tratta di collaborazioni lavorative svolte con una certa continuità per le quali è necessario emettere una ritenuta d'acconto, cioè una ricevuta non fiscale.
Negli ultimi anni sono nate diverse modalità lavorative che potremmo definire flessibili, volte cioè a diffondere il concetto di smart working, con meno vincoli e finalizzate al raggiungimento di determinati risultati.
Queste nuove possibilità contrattuali avevano lo scopo di aumentare le posizioni lavorative anche se per brevi periodi, permettendo al datore di lavoro di scegliere tra contratti non troppo vincolanti, soprattutto per lo svolgimento di attività non a lunga durata.
Purtroppo tali opzioni sono state spesso utilizzate per evitare di fare dei contratti seri ai propri lavoratori: un modo quindi per pagare meno tasse e godere lo stesso di prestazioni che di autonomo ed occasionale non avevano niente.
Cerchiamo, quindi, di fare chiarezza in merito alla questione, analizzando le tipologie di lavoro occasionale, e i relativi obblighi fiscali.
In Italia il versamento dei contributi è un dovere per ogni datore di lavoro, ma tale obbligo non è uguale in tutte le tipologie di contratti, e in alcuni casi, essi sono esenti da trattenute.
Tutti sappiamo che i contributi rappresentano delle quote che “vengono messe da parte”, quindi prelevate con lo scopo di finanziare le prestazioni previdenziali decretate dalla legge italiana.
Con i contratti di lavoro subordinato tale obbligo scatta in automatico, e viene assolto dal datore di lavoro versando la quota richiesta e trattenendola dalla retribuzione che versa al lavoratore. In un certo senso è l’azienda l’unica responsabile nei confronti dei versamenti agli enti previdenziali.
Tale situazione è diversa per quanto riguarda altre tipologie contrattuali, e la responsabilità può essere anche del lavoratore stesso.
In particolare, per alcuni contratti è prevista una percentuale a carico del committente e una sul lavoratore, essi sono:
Si tratta di tipologie che potrebbero sembrare simili, ma sono regolati in maniera diversa. Di seguito analizziamo assieme le differenze.
Una collaborazione occasionale, come dice il nome stesso, comporta una prestazione lavorativa svolta in modo saltuario e in totale autonomia da parte del lavoratore.
Viene applicato tale contratto soprattutto per lavori di tipo intellettuale, che possono essere svolti da casa, o presso un luogo scelto dal lavoratore, senza obblighi da parte del proprio datore di lavoro.
Si tratta di contratti, che spesso vengono fatti verbalmente senza sottoscrivere degli atti vincolanti, e per questo motivo a volte non vengono pagati correttamente i lavoratori.
Il pagamento deve avvenire a fronte della presentazione di una ricevuta non fiscale da parte del soggetto che ha effettuato la prestazione. Dalla cifra lorda viene tolta una ritenuta d’acconto, pari al 20%, che il datore di lavoro dovrà versare anticipatamente a nome del lavoratore.
Ma, solamente se viene superata la soglia di 5000 euro lordi annuali, il lavoratore deve presentare la dichiarazione dei redditi.
Per quanto riguarda i lavori a progetto, Cococo e Cocopro, le normative sono state cambiate con il Jobs Act.
Entrambe le tipologie venivano utilizzate per regolarizzare rapporti lavorativi duraturi del tempo, ma senza un vero contratto di subordinazione. Il Cococo era scelto per un periodo iniziale, quasi di prova, mentre il Cocopro serviva per instaurare un progetto lavorativo, definito chiaramente.
Con il Jobs Act è stato eliminato definitivamente il Cocopro, in quanto si trattava di una “scusa” per evitare contratti di lavoro a tempo determinato o indeterminato. Infatti, se esiste un progetto a lungo termine non si può parlare di collaborazione ma di lavoro subordinato vero e proprio.
Il Cococo, invece, prevede lo svolgimento di determinati servizi con carattere continuativo, secondo gli accordi fatti tra le parti.
Rappresentano, quindi, dei lavoratori a metà strada tra il lavoro autonomo e quello dipendente, regolati dalle seguenti condizioni:
Il lavoro a progetto, quindi, oggi corrisponde ai Cococo, per i quali ci sono regole particolari in merito ai contributi previdenziali.
In particolare, anche in questo caso c’è l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata Inps, e la percentuale da versare cambia di anno in anno, nel 2018 corrisponde al 33,72%, che deve essere divisa nel seguente modo:
La quota che deve versare il lavoratore, però, viene trattenuta dalla busta paga, e versata dal datore di lavoro. Per potere calcolare nel modo corretto l’aliquota è necessario che il collaboratore comunichi al committente la propria situazione contributiva, attraverso una apposita dichiarazione.
Se i contributi non vengono versati si tratta di un reato penale, punibile per legge con sanzioni civili, penali e amministrative in base alla gravità dell’atto commesso.
Un ritardo o una omissione del versamento viene considerata a tutti gli effetti una evasione contributiva, ai danni degli istituti previdenziali e assistenziali.
Il reato penale può essere punito con una sanzione che prevede una multa fino a 1032 euro e la reclusione fino a tre anni.
E’ possibile chiedere una indennità di disoccupazione anche con contratti di collaborazione. Si tratta di una forma diversa dalla Naspi, prevista per i lavoratori subordinati, e viene definita con il termine Dis-coll.
Ma quali sono i requisiti?
Innanzitutto, il lavoratore deve avere perso involontariamente il proprio lavoro, quindi deve essere stato licenziato, oppure il contratto non deve essere stato rinnovato per volontà del datore di lavoro, inoltre:
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