Il Contratto di Collaborazione Coordinata Continuativa, Co.Co.Co., viene definito come “parasubordinato” e prevede precisi requisiti da rispettare come quello dell’autonomia e della continuità della prestazione. Vediamo come funziona.
Può succedere che, in seguito ad un colloquio di lavoro, venga proposto ad un soggetto un contratto di collaborazione coordinata continuativa, invece del classico lavoro subordinato da dipendente. Non sempre sono chiare le dinamiche che regolano tale tipologia contrattuale, e spesso il lavoratore non conosce a fondo i propri diritti.
Va anche sottolineato che, nel 2015 con il Jobs Act, sono cambiate le regole, quindi è bene essere aggiornati anche sulle novità che interessano questo ambito.
Vediamo, quindi, di capire esattamente cosa prevede e come funziona il Co.Co.Co, analizzando anche gli ultimi cambiamenti normativi che sono stati introdotti.
Il Contratto di Collaborazione Coordinata Continuativa, Co.Co.Co, si posiziona a metà strada tra le due grandi tipologie presenti nel nostro ordinamento, ovvero:
Il primo è disciplinato dall’art. 2094 del codice civile, che afferma:
È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore
Di tratta della modalità più diffusa, attraverso la quale il dipendente mette la propria energia lavorativa a disposizione del datore di lavoro, ed è quest’ultimo che si assume tutti i rischi.
Il lavoro autonomo, invece, si riferisce a vari rapporti lavorativi che prevedono l’autonomia organizzativa di chi si impegna a prestare un servizio o un’opera ad una azienda. In questo caso è il lavoratore che si assume i rischi. Si tratta ad esempio di artigiani, consulenti, liberi professionisti, ecc. Gli art 2222 e successivi del codice civile rappresentano il riferimento normativo.
Oltre alle due macro categorie che abbiamo appena visto, esistono delle forme intermedie, che si collocano a metà strada tra lavoro subordinato ed autonomo, prendendo alcune caratteristiche da entrambe. Si tratta dei cosiddetti lavori parasubordinati, tra i quali rientra anche il Contratto di Collaborazione Coordinata e Continuativa.
Il collaboratore co.co.co, infatti, svolge la prestazione in totale autonomia, ma il rapporto lavorativo è caratterizzato da una continuità nel tempo e da un forte coordinamento che lo differenzia dalle tipologie prettamente autonome.
In pratica, pur potendosi organizzare in modo del tutto indipendente, il lavoratore deve seguire alcune direttive di coordinamento, impartite dal datore di lavoro, in base a specifiche esigenze aziendali.
Nel paragrafo precedente abbiamo visto come si colloca un Contratto di Collaborazione Coordinata e Continuativa all’interno del mondo del lavoro, vediamo ora quali sono le sue caratteristiche peculiari.
Il Co.Co.Co ha, infatti, i seguenti caratteri fondamentali:
Quindi, è il lavoratore a decidere i tempi e le modalità della prestazione, e può utilizzare mezzi propri o usufruire di quelli del committente. Le parti, ad ogni modo, devono essere vincolate, ovvero ci deve essere la continuità del rapporto, in caso contrario di parlerebbe di collaborazione occasionale.
Va detto che, fino al 2001, il Contratto di Collaborazione Coordinata Continuativa doveva avere una natura prevalentemente artistico-professionale, ma in seguito è stata aperta anche ad attività manuali e operative.
Uno dei temi caldi in merito a questo contratto lavorativo riguarda l’orario di lavoro. Il lavoratore Co.Co.Co, infatti, non deve rispettare orari specifici, dato che l’attività viene coordinata senza vincoli.
Il Jobs Act afferma infatti:
Viene prevista l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato nell’ipotesi di rapporti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali e continuative, le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro
Ad ogni modo è previsto un compenso mensile, indipendentemente dalle tempistiche per l’erogazione della prestazione. Va sottolineato che, se viene espressamente richiesta la presenza in sede per alcuni giorni, si tratta di lavoro subordinato.
Un notevole cambiamento è stato fatto dal 2001, anno in cui i redditi da Co.Co.Co. sono stati inquadrati come lavoro dipendente, invece di autonomo. Di conseguenza sono stati applicati tutti gli istituti fiscali tipici del lavoro subordinato.
Il legislatore ha cercato, infatti, di mettere un freno a scelte contrattuali effettuate per mero interesse economico, ovvero per pagare meno tasse.
Per ostacolare l’uso illegittimo di contratti di questo tipo sono state introdotte delle norme per equipararli ai lavoratori dipendenti.
I lavoratori Co.Co.Co devono essere iscritti alla Gestione Separata Inps e i contributi sono a carico:
Non esiste una norma specifica in grado di disciplinare il Contratto di Collaborazione Coordinata e Continuativa, ovvero non sono specificato i contenuti minimi da includere, ma soltanto le questioni processuali, di fatto equiparandolo al lavoro subordinato.
In genere devono essere, comunque, presenti i seguenti elementi:
Le ultimi importanti modifiche normative sono state effettuate con il Jobs Act, nel quale è stata sottolineata la necessità di stabilire la natura prevalentemente personale della prestazione, nonché l’autonomia inerente a luoghi e tempi di lavoro.
Se non vengono rispettati i requisiti fondamentali che abbiamo visto sopra, deve essere applicato in automatico il lavoro subordinato, ad eccezione dei seguenti casi:
Con il Jobs Act, inoltre, sono stati aboliti i mini Co.Co.Co che prevedevano una durata complessiva di 30 giorni in un anno entro massimo 5000 euro, e i contratti a progetto, ovvero i Co.Co.Pro.
Non molti sanno che, anche con un Contratto di Collaborazione Coordinata e Continuativa un lavoratore ha diritto alla disoccupazione. Il Jobs Act, infatti, ha introdotto la cosiddetta dis-coll, appositamente per chi rientra in questa tipologia contrattuale.
Per fare la richiesta è necessario essere iscritti alla Gestione Separata Inps ed avere:
Per il 2019 l’indennità ha un importo mensile che non può superare i 1.328,76 euro, e viene erogata per un massimo di 6 mesi.
Ovviamente, non possono usufruire della dis-coll i collaboratori che percepiscono una pensione, i professionisti con partita iva, le associazioni e gli enti, anche senza personalità giuridica, gli amministratori e i sindaci.
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