Il contratto sportivo regola il rapporto lavorativo tra una società sportiva ed uno sportivo professionista. Si tratta di un rapporto di non facile comprensione che genera spesso confusione.
Innanzitutto, è necessario riconoscere uno sportivo dilettantistico da uno sportivo professionista. Successivamente analizzare la tipologia di contratto lavorativo e i compensi ricevuti per la prestazione offerta.
La materia viene disciplinata dalla legge 91/1981, contenente le norme in materia di rapporti fra società e sportivi professionisti.
La prestazione di lavoro su base volontaria, viene svolta da una persona in modo spontaneo e secondo la propria volontà. Il volontario potrà percepire dei rimborsi spese per lo svolgimento di attività particolari. All’inizio della collaborazione, al volontario, può essere chiesto di compilare una certificazione in cui dichiara di prestare lavoro gratuitamente e in forma volontaria.
Il contratto di lavoro subordinato è invece caratterizzato da una subordinazione del lavoratore, il quale in cambio della retribuzione si impegna a prestare il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione di un altro soggetto. Si tratta di una forma di contratto a tempo determinato o indeterminato che determina l’inserimento stabile in azienda, continuità nella prestazione e retribuzione fissa. L’Associazione, inoltre, dovrà provvedere all’iscrizione del lavoratore all’INPS o all’ENPALS.
Il vincolo di subordinazione è invece assente nel lavoro di tipo coordinato e continuativo. Dal 2003 questo tipo di contratto viene considerato un contratto a progetto, pertanto deve prevedere un atto scritto in cui risulti la durata e il programma del progetto di lavoro, l’ammontare del compenso e le modalità di erogazione, le forme di coordinamento con il proprio datore di lavoro.
Attraverso i rapporti di lavoro occasionale invece, le associazioni possono acquisire prestazioni di lavoro per attività lavorative sporadiche e saltuarie, nel rispetto dei limiti economici previsti dalla norma. Talilimiti economici prevedono che ciascun prestatore non percepire un compenso che superi i 5.000 euro annuali.
Infine, vi sono i contratti di lavoro per sportivi professionisti, disciplinati dalla legge 91/1981, prevedono continuità dell’attività sportiva, onerosità, qualificazione attribuita dalla federazione competente. Questi contratti possono essere stipulati solo da una Società Sportiva (S.r.l. o S.p.a.) e presumono per l’atleta l’esclusività del rapporto di lavoro.
I compensi provenienti dal contratto sportivo stipulato con le associazioni sportive riconosciute la CONI, non hanno nulla a che fare con quelli derivanti dai rapporti di lavoro convenzionali, ma rientrano invece tra i redditi diversi. Non costituiscono redditi di capitale e non sono definiti da una definizione legislativa di portata generale.
I compensi derivanti da un contratto sportivo possono essere versati da:
Inoltre, dovranno essere inferiori al tetto massimo fissato in 10.000 euro annui escludendo i rimborsi spese. Tale limite, nel contratto sportivo, è stato introdotto per inquadrare le prestazioni sportive come semplici hobby e passatempi. Si tratta dunque di un indennizzo per un’attività offerta con l’obiettivo di soddisfare passioni e ideali del prestatore del servizio.
Troviamo un riferimento legislativo nell’articolo 67 (comma 1, lettera m):
“Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente”
Il successivo articolo del T.U.I.R. (art.69 comma 2), secondo le modifiche apportate dalla Legge di Bilancio del 2018 enuncia:
“Le indennità, i rimborsi forfettari, i premi e i compensi di cui alla lettera m) del comma 1 dell’articolo 67 non concorrono a formare il reddito per un importo non superiore complessivamente nel periodo d’imposta a 10.000 euro. Non concorrono, altresì, a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale.”
Nel caso in cui il rapporto di lavoro si instaura tra la società sportiva e gli sportivi professionisti, si tratta di lavoro subordinato. Tuttavia, tale rapporto non è paragonato, a livello normativo, al lavoro subordinato in generale.
Prima di tutto, occorre definire chi sono gli sportivi professionisti. Ai sensi della legge n.91 del 23 Marzo 1981, vengono definiti con precisione i soggetti di tale rapporto di lavoro. Sono considerati tali atleti, allenatori, direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici che esercitano in maniera continua l'attività a titolo oneroso (quindi in cambio di retribuzione) in una delle discipline regolamentate dal CONI - il Comitato Olimpico Nazionale Italiano - e che conseguono questa qualifica dalle federazioni sportive nazionali.
Al rapporto di lavoro sportivo non viene applicata la disciplina che limita i licenziamenti individuali, anche se non è comunque possibile licenziare per motivi discriminatori. Inoltre, con la legge del 1981, viene abolito il vincolo sportivo che obbligava gli atleti professionisti ad essere legati a vita alla società di appartenenza.
Il rapporto di lavoro sportivo può anche essere autonomo se presenta almeno una di queste caratteristiche:
Il contratto di lavoro sportivo deve essere redatto in forma scritta e deve essere conforme al contratto-tipo predisposto ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate. La società sportiva ha l’obbligo di depositarlo presso la federazione sportiva interessata, affinché venga valutato e, quindi, approvato.
Inoltre, nel contratto sportivo, è obbligatoria la clausola che riguarda l'obbligo per l'atleta di rispettare le istruzioni tecniche e gli altri ordini impartiti dal datore.
Il contratto sportivo ha una durata massima di cinque anni, ma può essere anche prevista una durata inferiore.
Fonti normative
legge 91/1981
art.69 comma 2 T.U.I.R
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