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Dimissioni contratto a chiamata: quando e come si possono dare?

Le dimissioni in un contratto a chiamata, seguono le stesse regole valide per i lavoratori subordinati, quindi esistono modalità diverse a seconda che si tratti di tempo determinato o indeterminato. Vediamo quindi cosa prevede la legge.

​Negli ultimi anni sono state introdotte nuove tipologie di occupazione, con lo scopo di rendere il mondo del lavoro più flessibile, ed aiutare i cittadini a trovare maggiori opportunità.

Il lavoro a chiamata, detto anche a intermittenza o job call, rientra le le prestazioni di tipo occasionale, ma con la particolarità che il dipendente è tenuto a presentarsi in azienda quando richiesto, ovvero quando quest’ultima ne ha bisogno.

Data la particolarità del contratto, è fondamentale, anche solo per una consulenza, rivolgersi ad un avvocato esperto in Diritto del LavoroScegliere un avvocato del lavoro non è una passeggiata. Gli aspetti da tenere in mente nella scelta di un giuslavorista sono molti anche se, in sostanza, si possono racchiudere nella specializzazione che l'avvocato deve avere nel diritto del lavoro.

Noi di Avvocato360 sappiamo perfettamente tutto ciò ed è per questo che vi forniamo un elenco completo di avvocati del lavoro che potrete profilare in base alle materie trattate e alla vostra posizione geografica. Basterà infatti inserire la vostra città di provenienza, ad esempio MilanoRomaNapoliTorino, e accedere direttamente all'elenco dei migliori avvocati del lavoro presenti nella vostra zona.

Nelle prestazioni di tipo occasionale il luogo, la data e le modalità della prestazione vengono decisi dal datore di lavoro, per questo motiva si tratta senza dubbio di un lavoro subordinato. Detto ciò, a parte alcune differenze contrattuali, che vedremo nelle prossime righe, per quanto riguarda il licenziamento e le dimissioni dal contratto a chiamata, valgono le stesse regole previste in tutti gli altri casi.

Dimissioni contratto a chiamata a tempo indeterminato

Le dimissioni da un contratto a chiamata a tempo indeterminato seguono le stesse regole previste in tutti gli altri casi di lavoro subordinato.

Bisogna quindi distinguere tra le dimissioni volontarie e quelle per giusta causa.

Nel primo caso si tratta di una decisione presa dal lavoratore, magari perchè non trova più soddisfazione in quello che sta facendo, o perchè ha ricevuto una proposta migliore da un’altra azienda.

Nel secondo caso, invece, le dimissioni per giusta causa possono avvenire in tronco, senza rispettare il periodo di preavviso a fronte di comportamenti scorretti da parte dell’azienda, ad esempio:

  • mancato pagamento dello stipendio
  • molestie sessuali
  • peggioramento delle mansioni lavorative
  • mobbing
  • variazioni delle condizioni lavorative a seguito di cessioni aziendali
  • trasferimento in un’altra sede senza valide motivazioni
  • comportamento ingiurioso effettuato dai superiori

​Dimissioni contratto a chiamata a tempo determinato

Le dimissioni dal contratto a chiamata a tempo determinato sono più complesse, nel senso che le parti non possono recedere prima della scadenza pattuita, se non per gravi motivi.

Spesso si tratta di uno svantaggio per alcuni soggetti, che decidono di accettare lavori e poi non riescono a liberarsi a fronte ad alternative migliori, se non pagando delle penali.

Lo stesso discorso, comunque, è valido per il datore di lavoro, che può licenziare il dipendente soltanto se quest’ultimo non rispetta il Codice di condotta aziendale e i doveri stabiliti per legge.

Soltanto la giusta causa, perciò, può consentire il licenziamento o le dimissioni dal contratto a chiamata a tempo determinato, dato che si tratta comportamenti gravi in gradi di pregiudicare la continuazione del rapporto.

Il diritto alla Naspi, ovvero alla disoccupazione, è valido soltanto quando un lavoratore viene licenziato, quindi perde il lavoro per decisioni prese da altri, anche nel caso in cui ciò sia determinato da un suo comportamento scorretto.

Le dimissioni dal contratto a chiamata per giusta causa, comunque, rientrano in tale ipotesi, dato che la scelta non è volontaria, ma determinata dalla difficile situazione lavorativa.

Cosa significa "contratto a chiamata"?

Il contratto di lavoro a chiamata è una modalità scelta tipicamente dai settori che necessitano di maggiore personale in particolari periodi dell’anno, quindi non sempre.

Generalmente accade nelle aziende turistiche, ad esempio in ristoranti e hotel che hanno un picco di prenotazioni durante le festività, i ponti e le vacanze estive o invernali.

Prima descrivere come si possono dare le dimissioni dal contratto a chiamata, è opportuno chiarire quali sono le caratteristiche principali di tale tipologia lavorativa.

Innanzitutto va sottolineato che si tratta di una novità introdotta dalla Legge Biagi e poi modificata dal Jobs Act.

Come accennato, si parla sempre di lavoro subordinato, dato che le modalità vengono stabilite dall’azienda, ma ci sono alcune peculiarità, visto che il dipendente viene chiamato solo all’occorrenza, quando la produzione o le prenotazioni aumentano.

Ovviamente, trattandosi di lavori saltuari, un soggetto può avere più di un contratto, come sottolineato da una circolare ministeriale del 2005, ma le aziende coinvolte non devono essere concorrenti.

Ci sono essere due tipologie contrattuali diverse, ovvero:

  • con obbligo di rispondere alla chiamata: in tal caso il soggetto ha il diritto di ricevere una indennità per rimanere a disposizione
  • senza obbligo di risposta: il soggetto non è obbligato a rispondere e non riceve alcuna indennità.

Non trattandosi di prestazioni effettuati con continuità, non si deve conteggiare il cosiddetto stop and go. In pratica quando cessa un contratto a tempo determinato un soggetto non può essere assunto per almeno 10 giorni dallo stesso datore di lavoro, se il precedente contratto era di 6 mesi al massimo, o per 20 giorni se era di durata superiore ai 6 mesi.

Sembra superfluo dirlo ma il lavoro deve essere davvero intermittente e non deve essere un espediente. In tal caso si commette una frode.

Cosa comporta il rifiuto della chiamata?

Una delle questioni fondamentali inerenti a tale tipologia contrattuale è capire quali sono gli obblighi previsti dalla legge.

In particolare l’aspetto cruciale riguarda l’obbligo o meno di rispondere alla chiamata. Risulta abbastanza ovvio pensare che un soggetto non possa rimanere inattivo per molto tempo in attesa di venire contattato dall’azienda. 
Per questo motivo il datore di lavoro, se vuole avere la certezza della disponibilità del dipendente, deve corrispondere una indennità di disponibilità, il cui importo è fissato dai contratti collettivi e non può essere inferiore al 20% della retribuzione prevista.
A questa, ovviamente, si deve aggiungere la cifra maturata durante le ore di effettivo lavoro.

Detto ciò se il soggetto è impossibilitato a presentarsi per malattia o per un altro motivo, deve informare tempestivamente l’azienda, e in tale periodo non matura l’indennità.
Ad ogni modo se non rispetta il proprio dovere, perde il diritto di ricevere l’indennità per 15 giorni.

Inoltre, il rifiuto a rispondere alla chiamata può comportare il licenziamento e l’obbligo di restituire quanto percepito nel periodo successivo a tale rifiuto.

In altri casi, il soggetto è più libero di scegliere in base ai propri impegni e necessità, ma ciò deve essere stabilito nel contratto, e non viene corrisposta alcuna indennità.

Se, invece, il lavoratore intende dare le dimissioni dal contratto a chiamata, deve rispettare quanto previsto dal CCNL. In pratica è necessario rispettare il periodo di preavviso se si tratta di contratto a tempo indeterminato, sottolineando che c’è differenza tra dimissioni volontarie o per giusta causa.

Se si tratta di un contratto a tempo determinato, però, è più difficile recedere, dato che le parti si sono impegnate reciprocamente fino alla scadenza fissata. Tale scelta può essere intrapresa soltanto in presenza di una giusta causa.

Fonti normative

  • ​D.Lgs n. 276/2003
  • Circolare n. 17 dell' 8.02.2006

DIRITTO DEL LAVORO DIMISSIONI CONTRATTO A CHIAMATA DIMISSIONI VOLONTARIE DIMISSIONI PER GIUSTA CAUSA
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