Il preavviso di dimissioni deve essere dato dai lavoratori subordinati che intendono interrompere il loro rapporto di lavoro, secondo quanto stabilito dal loro Contratto Collettivo Nazionale. In caso di dimissioni per giusta causa il lavoratore non è tenuto a rispettare tale obbligo.
In Italia un rapporto di lavoro può finire essenzialmente attraverso due modalità: il licenziamento o le dimissioni. A volte, tali termini vengono utilizzati come sinonimi, a volte si sentono frasi del tipo “mi vorrei licenziare”, “devo mandare al capo la lettera di licenziamento”, etc, ma tra si tratta di concetti diversi tra loro.
In particolare si parla di licenziamento quando la decisione viene presa dall’azienda, e deve essere motivata correttamente. E’ possibile licenziare un dipendente soltanto per giusta causa, giustificato motivo soggettivo o giustificato motivo oggettivo.
Le dimissioni, invece, riguardano una scelta fatta dal lavoratore, che decide di lasciare la propria occupazione per proseguire la carriera altrove o per dedicarsi alla famiglia, ad ogni modo non è necessario motivare la scelta. L’unico obbligo in questo caso è il rispetto del periodo di preavviso.
Se un individuo decide di lasciare il proprio lavoro, può farlo senza dover dare troppe spiegazioni, si tratta infatti di un diritto di tutti i lavoratori.
In un periodo storico nel quale trovare una posizione lavorativa valida è molto difficile, sembra quasi inutile parlare della procedura per dimettersi, ma non è così. La crisi ha determinato la chiusura di molte attività aziendali, e ne ha messo in difficoltà tante altre, causando una diminuzione dei posti di lavoro, ma anche degli stipendi e delle opportunità di carriera.
Molti individui si sono trovati costretti ad accettare posizioni lavorative non adeguate alla loro preparazione, in attesa di poter avere migliori opportunità.
Risulta ovvio che, tali soggetti siano alla continua ricerca di una carriera più stimolante.
Ma non si tratta solo di questo. Al giorno d’oggi le aziende sanno bene di avere più potere nei confronti dei lavoratori, dato che il mercato non offre molte alternative, e può accadere che vengano adottati comportamenti poco leciti, come lo sfruttamento del personale.
Ad ogni modo, ogni soggetto ha la facoltà di scegliere liberamente quale strada intraprendere per il proprio futuro.
Per dimettersi correttamente, però, è necessario rispettare la procedura prevista dalla legge italiana. In particolare, dal 12 marzo 2016 sono obbligatorie le dimissioni telematiche, cioè compilando la domanda online. Si tratta di un cambiamento significativo, introdotto dal Jobs Act, per garantire una maggiore trasparenza e sicurezza.
In particolare lo scopo è quello di scongiurare le “dimissioni in bianco”, cioè delle pratiche purtroppo molto diffuse, messe in atto da datori di lavoro disonesti. In molti casi, infatti, i lavoratori sono costretti a firmare delle lettere senza indicare la data, in modo tale che essa possa essere sfruttata dall’azienda al momento opportuno, senza dovere rispettare il periodo di preavviso .
La procedura è abbastanza semplice, è sufficiente collegarsi al portale ClickLavoro del Ministero del Lavoro ed accedere con il Pin fornito dall’Inps o con il Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID). La domanda può essere compilata in modo autonomo, o attraverso un Caf o un patronato.
Ad ogni modo è possibile cambiare idea entro 7 giorni dall’invio della domanda, revocando la richiesta.
Alcune categorie, comunque possono ancora scegliere la modalità cartacea, in particolare:
Oltre all’obbligo che abbiamo citato sopra, inerente alla procedura telematica, il lavoratore deve rispettare anche il periodo di preavviso , come previsto dal CCNL che ha sottoscritto con l’azienda.
Tale obbligo è stato introdotto per garantire al datore di lavoro di potersi organizzare per tempo per coprire la posizione lavorativa che altrimenti resterebbe vuota. Quindi, ogni dipendente è libero di prendere le proprie decisioni, rispettando però il periodo di preavviso per le dimissioni.
L’art. 2118 del codice civile, infatti, afferma che:
Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando preavviso nel termine e nei modi stabiliti [dalle norme corporative], dagli usi o secondo equità
Perciò, volendo riassumere:
In realtà non sempre il dipendente ha l’obbligo di rispettare il preavviso. In alcuni casi, infatti, egli è in qualche modo costretto a prendere tale decisione, a seguito di comportamenti scorretti da parte del datore di lavoro. Si tratta delle dimissioni per giusta causa, che avvengono per i seguenti motivi:
Dopo avere visto nei paragrafi precedenti quando è obbligatorio il preavviso per le dimissioni, vediamo ora di quanti giorni deve essere e come viene conteggiato.
Innanzitutto va precisato che il preavviso per le dimissioni non decorre nei seguenti periodi:
Perciò, il conteggio parte dal momento in cui il soggetto rientra al lavoro.
L’effettiva durata, invece, dipende dalle regole fissate dal contratto collettivo applicato dall’azienda. In genere i giorni variano a seconda del livello e dell’anzianità lavorativa del dipendente. Semplificando possiamo dire che i lavoratori esperti devono rispettare periodi di preavviso più lunghi, rispetto a chi ha un inquadramento più basso.
Si tratta di un ragionamento abbastanza intuitivo, dato che le figure professionali più importanti sono anche le più difficili da sostituire in breve tempo.
Volendo fare degli esempi, proviamo a considerare il Contratto Collettivo inerente al terziario:
In passato accadeva che il periodo effettivo iniziasse a decorrere da una data prestabilita, ad esempio dal 1° o dal 15° giorno del mese, ma da quando è divenuta obbligatoria la procedura telematica, si considera la data effettiva di invio della richiesta.
Un soggetto è obbligato a comunicare per tempo la propria decisione al datore di lavoro, come stabilito dalla legge. Infatti, come abbiamo già accennato, è necessario consentire all’azienda di trovare un valido sostituto o di organizzare le mansioni in modo diverso.
Se ciò non avviene, ci possono essere delle conseguenze, come previsto dall’art. 2118 cc:
In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.
La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoroSe il lavoratore decide di non rispettare il preavviso per le dimissioni, il datore può trattenere nell’ultima busta paga che deve versare l’importo pari alla retribuzione prevista per tale periodo.
In alcuni casi, però, l’azienda potrebbe non necessitare del preavviso, accettando la volontà del dipendente di interrompere subito il contratto, senza effettuare alcuna trattenuta.
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