Il patto leonino, cioè un accordo che prevede di escludere dei soci dalla partecipazione agli utili o alle perdite, è espressamente vietato dalla legge. Vediamo quali sono le conseguenze se viene effettuato ugualmente.
In tutte le società l’obiettivo principale è quello di ricavare degli utili, da dividere poi trai vari soci, in modo equo. Ci possono essere tuttavia degli accordi, vietati per legge, attraverso i quali si stabilisce l’esclusione di alcuni soggetti.
Nelle prossime righe cerchiamo di chiarire il concetto, e di comprendere cosa può accadere se viene ignorato il divieto.
Una delle regole di riferimento nel diritto societario prevede che i soci abbiamo il diritto di ottenere una parte degli utili, come previsto dall’art. 2262 c.c.:
Salvo patto contrario ciascun socio ha diritto di percepire la sua parte di utili dopo l'approvazione del rendiconto
Va, comunque, precisato che ci sono le seguenti differenze:
Considerando quanto abbiamo appena detto, la legge vieta il cosiddetto patto leonino, ovvero la possibilità di escludere qualcuno dalla partecipazione agli utili o dalle perdite.
In sostanza alcuni soggetti farebbero la “parte del leone”, come suggerisce il termine stesso.
Il legislatore ha posto il divieto in merito al patto leonino per evitare di snaturare lo scopo delle società, ovvero produrre utile per poi avere a disposizione risorse maggiori per finanziare le attività, o per suddividere la cifra tra i vari soggetti che ne hanno diritto.
L’art. 2265 c.c. afferma infatti che:
È nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite
Ma cosa accade se non è prevista una ripartizione dello stesso nello statuto della società?
In tal caso di deve fare riferimento a quanto riportato nell’art. 2263 c.c.:
Le parti spettanti ai soci nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai conferimenti . Se il valore dei conferimenti non è determinato dal contratto, esse si presumono eguali.
La parte spettante al socio che ha conferito la propria opera, se non è determinata dal contratto, è fissata dal giudice secondo equità.
Se il contratto determina soltanto la parte di ciascun socio nei guadagni, nella stessa misura si presume che debba determinarsi la partecipazione alle perdite
In genere, infatti, le suddette questioni vengono stabilite nell’atto costitutivo per quanto riguarda sia le società di persone che di capitali. Esiste un unico limite da rispettare a riguardo, ovvero il divieto di un patto leonino.
In sostanza, alcuni soci non possono fare la parte del leone, escludendo altri dalla ripartizione degli utili, o non partecipando alle perdite.
Il divieto di patto leonino non riguarda soltanto quanto abbiamo descritto fino ad ora, ovvero l’ipotesi che uno o più soci vengano esclusi dalla partecipazione agli utili o alle perdite.
La legge permette suddivisioni differenziate tra loro, ma senza che le divergenze influiscano in modo determinante sulla partecipazione dei soggetti.
Il divieto, quindi, si estende anche alle ipotesi in cui si riducono o si annullano i diritti di alcuni.
Può sembrare strano ma la legge non parla espressamente di divieto di patto leonino, ma di nullità di tale clausola, come possiamo leggere nell’art. 2265 c.c.
In sostanza soltanto il patto viene considerato nullo e non tutto il contratto sociale.
L’obiettivo è quello di limitare le seguenti situazioni:
Le parti sono libere di stabilire l’entità della partecipazione, ma senza escludere nessuno.
Il patto leoncino, o meglio la clausola, è da considerare nulla, come abbiamo detto. Ciò significa che, gli effetti della stessa non sono validi. Ad ogni modo dalla nullità nascono ulteriori effetti nei confronti dei soggetti che hanno stipulato l’accordo.
Il notaio, se riceve un atto costitutivo contenente tale clausola può essere condannato, dato che per legge non può ricevere atti non leciti o contrari all’ordine pubblico e al buon costume.
Se con il patto leonino vengono esclusi uno o più soci dalla partecipazione, essendo la clausola nulla, viene applicato quanto previsto dall’art. 2263 c.c., cioè i guadagni vengono suddivisi in base ai conferimenti dati o in parti uguali.
Se, invece, il socio viene escluso dalle perdite, è l’intero contratto sociale ad essere nullo.
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