Il diritto di cronaca ha dei limiti, quindi non può essere sempre esercitato. La notizia non deve essere diffamazione, deve raccontare fatti veri, con un linguaggio adeguato, deve essere di interesse pubblico e attuale. In ogni caso deve rispettare il diritto all’oblio.
Da quando esiste internet, o meglio, da quando è diventato un fenomeno di massa, i confini tra lecito e illecito a volte non sono molto netti. Spesso pensiamo che online si possa fare un po’ tutto, ma non conosciamo a fondo le regole.
Il fatto che sia possibile raccontare notizie o fatti inerenti ad altre persone, ci legittima a farlo?
Non molti decenni fa, le notizie erano presenti solo nei telegiornali, in radio e nei quotidiani, oggi tutti noi possiamo pubblicare qualcosa, in modo veloce e semplice. In un certo senso i pettegolezzi o le nostre opinioni che prima venivano scambiate face to face, con gli amici, parenti e conoscenti, oggi possono letteralmente fare il giro del mondo.
Infatti, in alcuni casi accade che un commento, una frase, un post pubblicato in un pagina Facebook diventi virale in poco tempo, suscitando interesse nell’opinione pubblica.
Una situazione di questo tipo può essere molto pericolosa nel momento in cui lo scopo sia quello di denigrare una persona, diffondendo informazioni false, o raccontando fatti privati che dovrebbero rimanere tali.
Per questo motivo la giurisprudenza italiana ha imposto dei limiti al diritto di cronaca, per evitare che si trasformi in diffamazione, e per tutelare anche il diritto all’oblio, come vedremo a breve.
Il diritto di cronaca è il diritto a informare, cioè raccontare fatti di interesse pubblico, e rientra tra le libertà di manifestazione del pensiero, presenti in tutti le democrazie moderne.
In Italia tale diritto è sancito dall’art 21 della Costituzione, che afferma:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.
Risulta ovvio quindi, che la stampa o altri mezzi di informazione, non possono essere controllati o censurati, ma d’altro canto c’è il rischio di diffondere notizie false o esagerate manipolando l’opinione pubblica, perciò è necessario un minimo controllo.
Il diritto di cronaca, infatti, ha dei limiti oltre i quali non si può spingere, per evitare di sconfinare nella diffamazione o andando a ledere il diritto all’oblio, cioè ad essere dimenticati.
Nella Costituzione si fa riferimento soprattutto alla stampa, ma è ovvio che oggi i mezzi coinvolti sono molteplici, anche quelli che usiamo quotidianamente.
In ogni caso, prima di rendere pubblica una notizia, qualsiasi sia il mezzo utilizzato, dobbiamo rispettare i seguenti limiti:
La prima regola da rispettare quando intendiamo diffondere una notizia è la verità dei fatti che stiamo raccontando. Detto in altre parole le fonti devono essere attendibili, bisogna riportare la vicenda nel modo corretto.
Il diritto di cronaca ci permette di raccontare un fatto, ma deve essere vero e non esagerato. Non si possono riportare le cosiddette “voci di corridoio”, bisogna prima verificare che i racconti siano reali, in quanto siamo noi responsabili di quello che stiamo comunicando.
Ad esempio non possiamo dire che un soggetto è stato condannato per avere commesso un reato, se non c’è ancora stata una sentenza definitiva. Possiamo solo dire che il processo è in corso e, come sappiamo, esiste la presunzione di innocenza fino alla condanna.
Chi diffonde notizie false su un’altra persona commette un reato di diffamazione, perché lede la reputazione della vittima, che ha il diritto di proteggere la propria immagine pubblica.
Una situazione di questo tipo può avvenire frequentemente sui social network, attraverso i quali le informazioni girano velocemente. Quindi dobbiamo prestare attenzione a tutto ciò che scriviamo pubblicamente, riferito ad altri.
Ovviamente i messaggi privati che scambiamo con i nostri amici non sono coinvolti, stiamo parlando di informazioni rese pubbliche, in grado di rovinare la reputazione sociale di un altro soggetto.
Un fatto vero, può risultare diffamatorio se non viene raccontato con le parole adeguate. Il diritto di cronaca, infatti, non è il diritto di comunicare il proprio disprezzo insultando qualcuno.
L’informazione deve essere limitata ai fatti, senza andare oltre, superando il confine tra lecito e illecito. Non ci devono essere attacchi a una persona.
In altre parole, la cronaca deve essere serena, deve essere un racconto, un modo per rendere noto un avvenimento di interesse pubblico.
La continenza nell’esposizione si riferisce al rispetto delle forma espressiva che viene utilizzata per raccontare un fatto.
Ci dobbiamo ricordare che non dobbiamo esprimere pareri morali, o giudizi pesanti, ma il nostro diritto è quello di raccontare in modo oggettivo.
Ma, ancora non è sufficiente, diffondere delle informazioni vere, con un linguaggio sobrio può essere illegale se non rappresenta una questione di interesse pubblico.
Per quanto riguarda questo concetto, la giurisprudenza italiana in realtà non ha dei limiti ben definiti tra ciò che si può fare e cosa no.
Raccontare fatti della vita privata può rientrare ad esempio nel gossip, nel pettegolezzo, se riguarda una persona famosa.
Ad esempio, se al telegiornale si parla del tradimento del nostro vicino di casa, si tratta di una informazione esagerata e senza senso. L’unico scopo della notizia è quello di diffamare l’uomo.
Al contrario, se la vicenda riguarda un personaggio noto si tratta di gossip, e quindi è legittimato.
Un altro aspetto molto importante del diritto di cronaca è l’attualità dei fatti. Non possiamo raccontare avvenimenti vecchi, riportando alla luce vecchie storie, se non c’è un reale interesse pubblico.
Scrivere che un individuo è stato in carcere per alcuni anni, quando non c’è un reale motivo per comunicarlo, è considerato diffamazione.
In questo caso, infatti, il diritto di cronaca si scontra con il diritto all’oblio, cioè ad essere dimenticati dopo un po’ di tempo.
Un soggetto non può restare “macchiato” per tutta la vita, ha la possibilità di tutelare la propria privacy nel momento in cui ciò che ha fatto non è più di opinione pubblica.
Quindi, una vecchia condanna non può tornare alla ribalta senza motivo, andando a vanificare gli sforzi fatti per tornare in società e ricominciare una vita normale.
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