Il diritto all’oblio è direttamente collegato alla privacy e alla volontà di cancellare fatti negativi del passato di una persona da internet. E’ in netta contrapposizione con il diritto di cronaca, cioè la libertà di espressione e di divulgazione di informazioni di carattere pubblico.
In un mondo globalizzato e iper connesso, volere cancellare le proprie tracce digitali è il desiderio di molti. Ovviamente la questione diventa particolarmente rilevante se si parla di tracce negative, come nel caso di reati commessi in passato, o fatti in ogni caso in grado di ledere la reputazione di un soggetto.
Se una persona ha commesso un crimine ed è stata condannata, per quanto tempo deve essere reperibile la notizia?
La domanda è interessante, ed è diventata il tema di svariati dibattiti.
Quando non esisteva la rete internet, un’informazione veniva letta nei quotidiani e dimenticata velocemente, non essendoci modi veloci e pratici per recuperarla facilmente.
Attraverso il web, invece, è possibile scovare rapidamente tra il passato di un individuo, continuando a classificarlo in base ai suoi comportamenti, anche se vecchi di anni.
E’ giusto tutto ciò? Il diritto di cronaca è sempre valido anche quando lede il diritto alla privacy?
Proviamo a percorrere assieme alcune delle tappe fondamentali inerenti a questo tema, ancora totalmente aperto e in continua evoluzione.
In parole semplici possiamo dire che si tratta del diritto ad essere dimenticati, almeno sul web, cioè la volontà di cancellare dalla rete tutti i riferimenti e collegamenti a fatti negativi riferiti al passato.
Mettiamo il caso che una persona colpevole di un reato abbia scontato la pena prevista, abbia capito il gesto commesso e stia cercando di ricominciare una nuova vita. E’ giusto cancellare da internet il suo passato? Per quanto tempo il fatto è di interesse pubblico?
La questione non è certamente semplice da delineare, ci sono diversi diritti che entrano in contrasto tra di loro e non sempre si può determinare quale sia il più importante da difendere.
In genere quando si parla di oblio ci si riferisce alla rimozione dei link e dei riferimenti che mandano a notizie e contenuti lesivi. In parole semplici si tratta di non rendere visibili gli articoli che parlano di una certa persona, attraverso le ricerche fatte su Google.
La presenza o meno di informazioni reperibili attraverso il noto motore di ricerca, dipende dalla cosiddetta indicizzazione, cioè il collegamento tra la parola chiave inserita da un utente e quelle presenti in una determinata pagina di un sito web.
Quando cerchiamo ad esempio “migliore avvocato Torino” su Google, il sistema ci offrirà i migliori risultati in rete, inerenti all’argomento.
Viene utilizzato lo stesso meccanismo anche per cercare i nomi delle persone, e i risultati ci mostreranno parte delle loro vita e delle loro attività più note, anche negative, appunto.
Per concretizzare il diritto all’oblio, bisogna effettuare una deindicizzazione, cioè rimuovere il link dal motore di ricerca, in modo tale che non possa uscire come risultato di una richiesta fatta da un utente su Google.
Il diritto all’oblio ha iniziato a fare discutere a partire da una sentenza del 2014 della Corte Europea che ha condannato Google alla deindicizzazione di alcuni contenuti lesivi della sfera privata di un cittadino europeo. Il Garante della Privacy ha inoltre riconosciuto tale diritto anche oltre i confini dell’Europa, chiedendo la rimozione dei link anche in altri Paesi.
Nel 2016 tale concetto è stato disciplinato dal nuovo Regolamento europeo sulla privacy, il GDPR (General Data Protection Regulation), entrato in vigore il 25 maggio 2018.
In particolare l’art. 17 tratta il “Diritto alla cancellazione”:
L'interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l'obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali, se sussiste uno dei motivi seguenti:
a) i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati;
b) l'interessato revoca il consenso su cui si basa il trattamento conformemente all'articolo 6, paragrafo 1, lettera a), o all'articolo 9, paragrafo 2, lettera a), e se non sussiste altro fondamento giuridico per il trattamento;
c) l'interessato si oppone al trattamento ai sensi dell'articolo 21, paragrafo 1, e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento, oppure si oppone al trattamento ai sensi dell'articolo 21, paragrafo 2;
d) i dati personali sono stati trattati illecitamente;
e) i dati personali devono essere cancellati per adempiere un obbligo giuridico previsto dal diritto dell'Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento;
f) i dati personali sono stati raccolti relativamente all'offerta di servizi della società dell'informazione di cui all'articolo 8, paragrafo 1.
Risulta ovvio che chiedere la cancellazione di una informazione è in netto conflitto con il diritto di cronaca. Ma, dopo un certo periodo l’esigenza di mantenere visibile un avvenimento passato, non è più di interesse pubblico.
Per questo motivo, la normativa vigente, protegge il diritto alla cancellazione nel momento in cui la notizia è vecchia e non ha più alcuna rilevanza.
Anche in questo caso, esistono opinioni divergenti. Alcuni affermano che, invece di non rendere visibili le informazioni, avrebbe più senso aggiornarle, cioè raccontare che il soggetto in questione ha cambiato vita, nonostante un passato negativo.
Come abbiamo accennato, si tratta di dibattiti ancora molto accessi, e nei prossimi anni le normative potrebbero cambiare nuovamente.
Abbiamo visto cosa dicono le leggi in merito alla possibilità di cancellare la presenza di un soggetto online, in merito a notizie negative pubblicate in passato.
Ma di fatto come è possibile farlo? Come si deve procedere?
Per chiedere la cancellazione il metodo più semplice è contattare i titolari del sito web che ha pubblicato la notizia, con una lettera di diffida.
Ma, per procedere nel modo più corretto è necessario avvalersi della consulenza di un avvocato specializzato. Se le notizie non vengono tolte, infatti, è possibile procedere civilmente in via d’urgenza, per fare fronte alla rapidità di diffusione delle informazioni nel web.
In questo modo vengono rimossi i contenuti lesivi in tempi molto rapidi.
Per chiedere anche un risarcimento danni, invece, bisogna far fronte a un procedimento ordinario.
Recentemente un avvocato della Corte di Giustizia europea si è espresso in merito al diritto all’oblio, anche al di fuori dei confini dell’Europa.
Sintetizzando, il professionista ha affermato che la possibilità di cancellazione deve rimanere all’interno dei confini comunitari. Una legge europea non può, infatti, imporre la rimozione di contenuti in tutto il mondo, avendo potere solamente tra i paesi membri.
Si tratta di un precedente pericoloso che potrebbe innescare reazioni non previste. Un Paese extracomunitario potrebbe essere legittimato, allo stesso modo, a imporci alcuni limiti, in base alla sua cultura.
Il rischio è quello di creare pericolose gabbie entro le quali confinare la libertà di espressione e di condivisione proprie della rete internet.
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