Il diritto di critica è il diritto di informare, anche attraverso l’ironia. Si manifesta soprattutto con la satira, tutelata dalla libertà di manifestazione del pensione, riconosciuta dalla Costituzione italiana. A volte rischia di essere esagerata e di sfociare della diffamazione.
A volte succede che diversi diritti, tutelati dalla giurisprudenza italiana si trovino in contrapposizione, in quanto strettamente collegati.
Tra di loro non esistono dei confini netti e non è sempre facile capire quali siano i rispettivi limiti, e quando uno possa essere considerato più importante di un altro, in relazione a una situazione concreta.
E’ proprio ciò che succede in merito al diritto di critica, diritto di cronaca, diritto all’oblio, e il relativo reato di diffamazione.
Fino a che punto si può spingere la libertà d’espressione? E’ lecito diffondere qualsiasi tipo di informazione, anche se rovina la reputazione altrui? Quando invece è possibile fare valere il proprio diritto all’onore e all’oblio?
Il tema è particolarmente delicato, considerando gli eventi spiacevoli che sono successi recentemente proprio a causa della pubblicazione di vignette satiriche.
Semplificando possiamo dire che il diritto di critica e la satira possono essere esercitati se hanno lo scopo di informare e di fare riflettere l’opinione pubblica in merito questioni di attualità. Non possono essere accettati, invece, se hanno l’obiettivo di insultare e denigrare qualcuno a titolo gratuito.
Ma procediamo con ordine, cercando di capire quali sono le differenze tra i vari diritti che abbiamo citato.
Il diritto di critica è la possibilità di diffondere un giudizio o un’opinione in modo soggettivo, senza dovere necessariamente documentare il tutto con prove o dimostrazioni. Si tratta, infatti, di considerazioni e idee individuali, che vengono rese pubbliche attraverso i mezzi di comunicazione.
In altre parole si tratta della concretizzazione della libertà di manifestazione del pensiero, considerata uno dei diritti fondamentali dell’uomo e tutelata nell’art. 21 della Costituzione italiana, che afferma:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili
Il concetto di libertà di opinione è stato sancito per la prima volta nel 1787 con la Costituzione statunitense, e con il tempo è diventato uno degli aspetti più significativi degli ordinamenti democratici di tutto il mondo. Potersi esprimere liberamente è proprio ciò che distingue un paese democratico, da uno in cui vige una dittatura.
In ogni caso, si tratta di un diritto che deve essere esercitato con dei limiti, come definito anche dall’art.10 della CEDU, la Carta Europea dei Diritti dell’Uomo:
poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all’integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario.
La satira è una manifestazione della libertà di opinione, esercitata attraverso modalità più taglienti, incisive e ironiche.
Negli ultimi anni è tornata a fare discutere, a fronte di alcune tragedie che hanno scosso l’opinione pubblica, come nel caso delle vignette del periodico Charlie Hebdo.
Esiste, infatti, un palese conflitto di interessi tra l’autore della satira e la persona o il gruppo oggetto di critiche. A volte la satira suscita perplessità in quanto utilizza il paradosso e rappresentazioni surreali di situazioni o avvenimenti molto seri, per il quale c’è ben poco da ridere.
In qualunque modo si esprima, quindi sia in forma scritta che figurata, ha lo scopo di fare riflettere utilizzando espressioni artistiche legate al sarcasmo e l’ironia.
Ma esistono dei limiti che non devono essere superati?
Ovviamente sì. Innanzitutto deve colpire il potere e non umiliare od offendere persone deboli o vittime della situazione. Quindi non può essere utilizzata per denigrare o insultare gratuitamente un soggetto.
Non c’è l’obbligo di raccontare fatti veri, in quanto lo scopo è quello di trasmettere opinioni soggettive, ma bisogna rispettare il limite della continenza, evitando di umiliare pesantemente qualcuno ledendo in modo grave la sua reputazione.
Abbiamo sottolineato come la stampa e i mezzi di informazione in generale non debbano essere controllati e censurati, per potere esercitare la libertà di opinione, garantita da tutti i Paesi democratici del mondo.
Analizzando la situazione da un altro punto di vista, però, risulta ovvio che è necessario porre dei limiti, per evitare di ledere altri diritti della stessa importanza.
Il diritto di cronaca, in particolare, rischia di sconfinare nel reato di diffamazione, molto più frequentemente rispetto al diritto di critica, in quanto ha lo scopo di informare le persone, raccontando fatti veri in modo oggettivo.
Quindi se con la satira è possibile usare l’ironia ed esagerare per fare discutere e riflettere l’opinione pubblica, con la cronaca è necessario attenersi ai fatti.
In particolare il diritto di cronaca deve rispettare le seguenti condizioni:
Perciò l’unico punto in comune tra diritto di cronaca e di critica è il dovere rispettare il limite della continenza, cioè non esagerare con linguaggio. Per quanto riguarda la satira sono concessi espressioni artistiche ironiche e pungenti ma non devono mai ledere gravemente la reputazione altrui, altrimenti il tutto sfocia nel reato di diffamazione.
Se il diritto di critica non viene esercitato correttamente, rispettando i limiti imposti dalla legge, può diventare diffamazione, considerata un reato in Italia.
In particolare si verifica un reato di diffamazione quanto viene lesa la reputazione di un soggetto in modo grave. Non è importante che la notizia diffusa sia vera o falsa, in quanto è sufficiente avere innescato un dubbio tale da rovinare la vita sociale dell’interessato.
Tale concetto è descritto nell’art 595 del codice penale, che afferma:
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.
Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro
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