Il Reato di diffamazione avviene quando diffondendo notizie vere o false si lede la reputazione di una persona. Anche se quanto abbiamo comunicato non è la verità, abbiamo creato una insinuazione che può provocare dei danni all’individuo coinvolto.
Si tratta di un argomento davvero interessante, che in qualche modo ci tocca da vicino. E’ capitato un po’ a tutti di sentire “parlare male alle spalle”, sia nel mondo del lavoro che negli altri ambienti di vita sociale.
Inevitabilmente c’è sempre qualcuno che cerca di rovinare la reputazione di un soggetto che non gli è particolarmente simpatico, o che considera un rivale da dovere screditare.
In alcuni casi, però, si supera il limite e si rischia di diventare colpevoli di un reato di diffamazione.
Diffondere notizie su altri è possibile sono in determinate situazioni, stabilite per legge. Quindi è meglio fare attenzione e soprattutto è consigliabile conoscere cosa è lecito dire e cosa invece no.
Per diffamazione si intende offendere la reputazione di un soggetto quando non è presente, e quindi non può controbattere o difendersi. L’intento è quello di minare la stima e la fiducia di cui esso gode nella società.
Il fatto che la notizia sia vera o falsa ha una importanza relativa, infatti molto spesso basta solamente avere un dubbio per considerare una persona in modo totalmente diverso.
In alcuni casi, come vedremo dettagliatamente in seguito, è consentito divulgare informazioni relative a soggetti terzi per diritto di informazione o cronaca.
Ma in molti altri casi è considerato un reato e quindi punibile secondo la legge.
La diffamazione, abbiamo visto, rovina la reputazione di una persona all’interno della società. Per capire questo concetto dobbiamo analizzare cosa significa reputazione.
Non si tratta di un sentimento soggettivo, né di orgoglio personale, ma di un senso di dignità della persona misurata attraverso l’opinione di terzi e della stima diffusa socialmente.
Ad esempio se mettiamo in giro voci sulla presunta omosessualità di un nostro collega di lavoro, andiamo a influenzare l’opinione che altri hanno di lui. Non importa se il fatto sia vero o meno, ma abbiamo insinuato un dubbio.
Le pene previste sono:
In un’altro articolo abbiamo già trattato le tematiche inerenti a dolo e colpa, cioè gli elementi soggettivi e psicologici che portano a compiere un reato.
Il punto cruciale sta nell’analizzare l’intenzione della persona colpevole di avere commesso qualcosa di illecito.
Un comportamento illecito è considerato dolo se fatto intenzionalmente, e colpa se fatto senza averne l’intenzione. La legge,normalmente punisce solamente i reati commessi con dolo, quindi con la volontà di fare del male.
Il reato di diffamazione rientra proprio in questa categoria, in quanto c’è il desiderio di offendere la vittima nella sua reputazione.
Il dolo presuppone la consapevolezza di creare un danno alla vittima diffondendo alcune informazioni, ad esempio parlandone con più persone.
Il reato di diffamazione è più grave se la notizia che lede la reputazione della vittima, viene letta o ascoltata da molte persone. Proprio per questo motivo, se essa avviene attraverso la stampa o con un altro mezzo di informazione è punita più severamente.
Parlando di stampa però sorge un ulteriore problema. E’ impossibile infatti non raccontare determinati fatti se c’è continuamente il rischio di essere condannati per avere commesso un reato.
Un giornalista ha il diritto di pubblicare alcuni eventi, fa parte del suo lavoro e viene definito diritto di cronaca.
La stampa, deve essere libera, per potere raccontare ciò che accade nel mondo senza avere vincoli. Anzi, rientra proprio tra i diritti e doveri di un giornalista il fatto di portare a conoscenza dell’opinione pubblica certi fatti.
Questo concetto è chiaramente espresso anche nell’art 21 della Costituzione:
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure
Anche in questo caso, però, ci sono alcuni limiti. Bisogna capire se il diritto di cronaca possa ledere la reputazione di una persona o no.
La Corte di Cassazione si è pronunciata in merito, delineando le condizioni in cui la stampa può continuare a portare avanti la sua missione anche se va a compromettere la reputazione altrui:
In questo caso non vengono raccontati i fatti, ma il giornalista comunica un suo personale giudizio e opinione, che ovviamente non può essere obiettivo e neutrale.
Tale diritto non sfocia in reato di diffamazione se rimane all’interno di questi presupposti: pertinenza e continenza.
La verità in questo caso non avrebbe senso, visto che si tratta di interpretazioni soggettive. Se quindi non si esagera con un linguaggio troppo offensivo e il giudizio dato è di interesse pubblico, ogni opinione del giornalista è considerata legittima.
La satira è una forma estrema di critica fatta utilizzando l’ironia e a volte può essere particolarmente pungente. Ma vediamo quando rischia di trasformarsi in reato di diffamazione.
Essendo una comunicazione spesso artistica può sottrarsi all’obbligo della verità, ma deve sempre rispettare quello della continenza, quindi deve porre particolarmente attenzione al lessico usato e anche alle immagini o disegni divulgati.
Negli ultimi anni, l’uso dei social network ha avuto una crescita esponenziale. Li usiamo un po’ tutti, soprattutto Facebook.
Rappresentano dei diari virtuali nei quali raccontare le proprie giornate, le vacanze, le nostre emozioni, e le nostre opinioni.
Dobbiamo, però, stare particolarmente attenti a quello che scriviamo. Infatti, sono sempre più frequenti le segnalazioni di condotte diffamatorie, per le quali le punizioni sono molto severe.
I social network non sono considerati dalla legge come mezzi di informazione, quindi non sono validi i principi che abbiamo citato prima per quanto riguarda la stampa.
Offendere pubblicamente online una persona, pubblicando qualcosa i imbarazzante che la riguarda, o criticando in maniera offensiva e aggressiva i suoi comportamenti può sfociare in un reato di diffamazione.
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