La querela per diffamazione può essere fatta presso un’autorità giudiziaria, per denunciare una lesione della propria dignità e reputazione, effettuata da altri. Si tratta di un reato punibile penalmente, ma è possibile costituirsi anche come parte civile ed ottenere un risarcimento danni.
Le tematiche legate alla diffamazione entrano nel dibattito comune quasi quotidianamente, infatti, ne sentiamo parlare spesso anche in Tv, in diversi programmi di approfondimenti politici o talk show. In ogni caso, non sempre abbiamo le idee chiare in merito e facciamo confusione tra reati che pur sembrando simili, presentano diverse sfumature e conseguenze legali.
Si diffama qualcuno quando si diffondono informazioni in grado di ledere l’onore e la dignità dell’interessato, a sua insaputa, cioè mentre quest’ultimo non è presente. Ad esempio parlare male di un collega mentre non è al lavoro, o pubblicare qualcosa di offensivo a mezzo stampa oppure online, attraverso i social network, blog o siti vari.
Se, invece la presunta vittima è presente, si tratta di ingiuria, un reato recentemente depenalizzato, per il quale è possibile ottenere solamente un risarcimento danni.
Quando un soggetto scopre che la propria reputazione è stata messa in pericolo dalle dichiarazioni altrui, può agire attraverso una querela per diffamazione, cioè una denuncia presso le autorità giudiziarie per incolpare il responsabile.
Ovviamente, non è obbligatorio procedere in giudizio, prima di arrivare a tale decisione si può tentare una soluzione stragiudiziale.
Si può parlare di diffamazione quando qualcuno offende una persona non presente, con lo scopo di minare la stima e la fiducia di cui quest’ultima gode nella società, o in un particolare gruppo sociale.
Non è rilevante tanto valutare se la notizia diffusa sia vera oppure falsa, quanto il fatto di avere instaurato un dubbio in merito. Ad esempio dire che una collega sta facendo carriera perchè ha un relazione segreta con il capo, può minare la sua considerazione agli occhi degli altri dipendenti, anche se si tratta solamente di “chiacchiere di corridoio”.
La dignità di una persona, infatti, viene misurata attraverso l’opinione di terzi e della stima che essa riesce a suscitare negli altri.
In particolare, l’art. 595 del codice penale, afferma che:
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.
Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.
Quindi, in base a quanto riportato nel suddetto articolo, l’offesa può essere:
In ogni caso, il reato di diffamazione è sempre compiuto con dolo, cioè fatto intenzionalmente, con il desiderio di offendere la vittima e rovinare la sua reputazione.
Esistono però delle eccezioni. Sebbene la diffamazione tramite i mezzi di comunicazione sia considerata un’aggravante, in quanto l’informazione può raggiungere un pubblico più vasto, in alcuni casi non può essere considerata un reato.
La stampa, infatti, non può essere soggetta a vincoli, ma deve essere libera, proprio come previsto dall’art. 21 della Costituzione:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure
Il diritto di cronaca, ad ogni modo, deve essere esercitato entro determinati limiti, e le notizie possono essere diffuse solamente se sono:
Il discorso cambia se consideriamo anche il diritto di critica, cioè la possibilità di esprimere un proprio personale giudizio, che per sua natura non può essere oggettivo, e in modo particolare la satira, attraverso la quale si possono utilizzare anche l’ironia e forme più pungenti.
Il discorso che abbiamo fatto per quanto riguarda il diritto di cronaca non si può applicare però ai social network, che rappresentano delle vetrine virtuali con una risonanza elevata, e possono ledere pesantemente la reputazione altrui. Perciò offendere qualcuno su Facebook ,Instagram o altri canali, può essere considerata un’aggravante.
Fino ad ora abbiamo visto in quali casi offendere una persona può essere un reato, cerchiamo ora di esaminare quali sono le azioni che può intraprendere la vittima per difendersi.
Nel momento in cui una persona capisce di essere stata diffamata da qualcuno, può sporgere una denuncia, cioè una querela per diffamazione. Non essendo un reato perseguibile d’ufficio, per avviare un procedimento penale è necessario che l’interessato si rivolga ad una autorità giudiziaria per esporre i fatti.
Innanzitutto, come accennato non bisogna confondere un atto diffamante con l’ingiuria. Un’offesa fatta “face to face”, quindi di persona, rivolgendo critiche o insultando il diritto interessato, non è più un reato punibile penalmente, e si può procedere solamente per ottenere un risarcimento danni.
Se, invece, si tratta di informazioni diffuse a terzi, con lo scopo di rovinare la reputazione di un individuo non presente, è possibile accusare il responsabile effettuando una querela per diffamazione.
L’art. 120 del codice penale, afferma che:
Ogni persona offesa da un reato per cui non debba procedersi d'ufficio o dietro richiesta o istanza ha diritto di querela.
Per i minori degli anni quattordici e per gli interdetti a cagione d'infermità di mente, il diritto di querela è esercitato dal genitore o dal tutore.
Il diritto di querela si può esercitare presentando una denuncia scritta od orale alle autorità giudiziarie, quindi presso una stazione dei Carabinieri, un commissariato di Polizia o un ufficio consolare se si risiede all’estero.
Devono essere indicati:
La querela deve essere presentata entro 3 mesi dal momento in cui l’interessato è venuto a conoscenza dell’offesa. Tale diritto può essere esercitato anche dai parenti più stretti, in caso di decesso del titolare.
Uno degli aspetti più complicata riguarda il recupero di prove per dimostrare i fatti. Si può ricorrere al racconto di testimoni, oppure o raccogliere elementi come screenshot di pagine web o di post su Facebook. In ogni caso bisogna assicurarsi che esse abbiano un valore legale, quindi è opportuno chiedere una consulenza ad un avvocato competente in materia.
In seguito a una querela per diffamazione, si avvia un procedimento penale, attraverso il quale vengono analizzati i fatti, le prove, e i racconti di eventuali testimoni per stabilire se il soggetto indagato è effettivamente colpevole di avere commesso un reato.
La pena prevede:
Durante il processo penale, la vittima può costituirsi anche come parte civile, per ottenere un risarcimento dei danni.
Ci sono alcuni casi previsti dalla legge, per cui la diffamazione viene punita in maniera più rigida: in questi casi si parla di diffamazione aggravata.
Ecco quando questa si verifica:
Non è sempre necessario fare una denuncia quando si viene diffamati. Per evitare un processo che potrebbe essere lungo ed inizialmente dispendioso, si può optare per alcune alternative.
Innanzitutto va detto che, la prima preoccupazione di chi ha subito un’offesa, soprattutto se si tratta di un articolo o un post pubblico su internet, è quella di convincere l’autore a ritirare quanto ha scritto.
Quindi, si può tentare una via pacifica, semplicemente chiedendo di togliere le informazioni pubblicate. Se ciò non avviene, si può scrivere una lettera di diffida per intimare il responsabile a ritirare le offese effettuate, magari redatta da un avvocato.
Se i metodi meno pesanti non hanno alcun effetto, allora si può pensare di procedere con una denuncia vera e propria.
FONTI NORMATIVE
Articolo 595 del Codice Penale
Articolo 598 del Codice Penale
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