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Denuncia per diffamazione sul lavoro: come si fa?

La denuncia per diffamazione sul lavoro può essere fatta recandosi presso i carabinieri ed esponendo i fatti. Ma in quali casi si tratta di un reato? Quali sono i limiti che un datore di lavoro non deve superare? Scopriamolo insieme.

A volte si rende necessario ricorrere a una denuncia per diffamazione sul luogo di lavoro, perchè si sa, i rapporti sociali nel mondo del lavoro non sono sempre semplici. Si tratta del luogo dove un individuo trascorre la maggior parte del tempo, e le situazioni negative che si vengono a creare all’interno dell’azienda hanno spesso influenze negative sul soggetto stesso.

Litigi con i colleghi o incomprensioni con il capo, infatti, possono causare malumori e problemi anche nella vita privata. I turbamenti e lo stress eccessivo possono portare seri danni al lavoratori, basti pensare ai numerosi casi di depressione o burnout.

Detto ciò, risulta ovvio, comunque che il datore di lavoro abbia il diritto di esercitare una certa pressione sul dipendente, effettuando anche delle critiche, purché rimangano all’interno della sfera professionale e non siano fatte con lo scopo di spingere lo stesso a presentare dimissioni volontarie.

Se la lesione della reputazione viene fatta screditando un soggetto per quanto riguarda la sua sfera personale è possibile una denuncia per diffamazione sul lavoro.

Cos’è la diffamazione?

Prima di capire come si deve procedere per denunciare i fatti, è opportuno chiarire alcuni concetti.

Innanzitutto il reato di diffamazione avviene quando qualcuno lede la reputazione di un soggetto mentre quest’ultimo non è presente per potersi difendere. Lo scopo è quello di ledere la stima e la fiducia di cui esso gode nella società, o in questo caso nell’ambiente di lavoro.

Non è determinante che si tratti di informazioni vere o false, dato che in ogni casi si insinua un dubbio nelle persone. Sul luogo di lavoro l’illecito può essere commesso dai colleghi, ma anche dal datore di lavoro, in quest’ultimo caso, però, come vedremo è opportuno fare delle precisazioni.

Quando si tratta di reputazione, ad ogni modo, ci si riferisce alla dignità della persona, misurata attraverso l’opinione di terzi e alla stima di cui gode.

Per chiarire, proviamo ad analizzare ciò che descrive l’art. 595 del codice penale:

Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.
Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.

Va precisato che, offendere direttamente qualcosa rientra in un’altra tipologia di illecito, ovvero l’ingiuria, che è stata depenalizzata nel 2016, quindi ora è possibile agire solo in sede civile.

Chi diffama qualcuno invece, rischia di venire punito secondo quanto previsto dal codice penale, cioè:

  • fino a un anno di reclusione o una multa di 1032 euro
  • fino a due anni di reclusione o una multa di 2065 euro se viene attribuito un determinato fatto
  • reclusione da sei mesi a tre anni o multa non inferiore a 516 euro se le informazioni vengono diffuse a mezzo stampa o altro mezzo di comunicazione

Denuncia per diffamazione sul lavoro: quando è legittima?

Dopo avere visto cosa significa diffamare qualcuno, vediamo ora come può difendersi la vittima. Se analizziamo ciò che avviene nel mondo del lavoro dobbiamo precisare che il dipendente deve comunque rispettare il vincolo di subordinazione stabilito dal contratto, quindi deve compiere quanto indicato dal superiore.

Se il lavoratore non rispetta le indicazioni ricevute, può ricevere critiche dal datore di lavoro, anche con toni aspri e duri, oppure lo stesso può lamentarsi dell’operato del soggetto con altre persone. Ciò significa che non sempre si tratta di un reato.

Ad ogni modo non deve essere superato un determinato limite, ovvero il capo deve limitarsi a criticare professionalmente il dipendente, senza entrare nella sfera della sua personalità.

Quindi un superiore può contestare il comportamento professionale, ma solo in relazione alle mansioni che lo riguardano, senza sconfinare in offese personali.

Il potere gerarchico, infatti, non consente di esorbitare dai limiti di correttezza e rispetto della dignità umana, di fatto mortificando una persona.

Perciò prima di procedere con la denuncia per diffamazione sul lavoro è necessario valutare esattamente cosa è successo.

Denuncia per diffamazione sul lavoro: come si effettua?

Se la reputazione di un lavoratore è stata lesa all’interno dell’azienda in cui lavora, può agire effettuando una denuncia per diffamazione sul lavoro.

Non essendo un reato perseguibile d’ufficio è necessario che la vittima decida di rivolgersi alle autorità per raccontare i fatti, come sottolinea l’art. 120 del codice penale:

Ogni persona offesa da un reato per cui non debba procedersi d'ufficio o dietro richiesta o istanza ha diritto di querela.
Per i minori degli anni quattordici e per gli interdetti a cagione d'infermità di mente, il diritto di querela è esercitato dal genitore o dal tutore.

Il lavoratore, quindi, deve recarsi presso una stazione dei carabinieri, un commissariato di polizia e presentare una denuncia scritta oppure orale.

La cosiddetta querela di parte deve essere presentata entro 3 mesi dal momento in cui è avvenuto il fatto. In seguito si avvia il procedimento penale, ovvero la prima fase che corrisponde alle indagini preliminari gestite dal Pm che si occupa del caso.

Se vengono individuati elementi validi a supporto dell’accusa il presunto colpevole viene rinviato a giudizio, in caso contrario il caso viene chiuso per mancanza di prove.

Va tuttavia sottolineato che spesso si confonde la diffamazione con il mobbing, ovvero una pratica purtroppo molto diffusa che ha l’obiettivo di esasperare un dipendente con lo scopo di spingerlo a dare dimissioni volontarie. Perciò, se non è del tutto chiaro ciò che è successo è utile chiedere una consulenza ad un avvocato esperto in diritto del lavoro.

Risarcimento danni per diffamazione sul lavoro

La vittima oltre ad effettuare una denuncia per diffamazione sul lavoro, può costituirsi come parte civile per chiedere un eventuale risarcimento danni.

La lesione delle reputazione e dell’onore, infatti, ha spesso delle ripercussioni sulla vita quotidiana di un individuo. Da un punto di vista giuridico, comunque, è sempre necessario fornire delle prove oggettive, anche per quanto riguarda i danni subiti, perciò si deve presentare un certificato medico per dimostrare dei danni morali o delle perdite effettive se si tratta di danno patrimoniale.

Ma non solo. Per ottenere il risarcimento è necessaria l’esistenza di un rapporto di causa-effetto tra l’atto diffamatorio e il danno subito. Ovvero eventuali problematiche non devono derivare da altri fattori ambientali.

Nel diritto ci devono essere certezze, per questo la Cassazione ha precisato che per ottenere un risarcimento:

  • deve esserci una prova oggettiva del danno subito
  • deve essere stato leso un diritto tutelato dalla legge, o un bene essenziale

Detto ciò, non tutti i turbamenti psicologici sono da considerare come danni morali. Non possono esserci risarcimenti per disagi o inconvenienti della vita quotidiana.

Quando non è possibile quantificare esattamente la cifra del risarcimento, il giudice valuta la situazione secondo il principio di equità.

Il potere di critica non è diffamazione

È fondamentale fare chiarezza sull'autorità posseduta dal datore di lavoro, dal momento che una volta firmato un contratto di lavoro si è alle sue dipendenze. Egli ha la possibilità di emettere delle critiche rivolte esclusivamente all'operato del lavoratore, nell'ottica di correggere e/o migliorare l'esecuzione delle mansioni in modo da giovare all'attività lavorativa.

Suddette critiche possono anche essere aspre, ma se rivolte direttamente all'interessato ed esclusivamente sulla questione lavorativa, sono assolutamente legittime. È nel momento in cui il datore di lavoro leda la dignità del dipendente con critiche o considerazioni che vanno a colpire la sfera personale  e psicologica del dipendente che subentra il reato di diffamazione, che può essere perseguito come abbiamo pocanzi affermato.

Infine, se si intende procedere a denunciare il fatto, bisognerà essere muniti di prove certe da fornire alle autorità. 

La denuncia per diffamazione sul lavoro può essere ritirata?

La risposta è si. La vittima può decidere di ritirare la denuncia fatta alle autorità, ma poi non potrà più riproporla.

Fonti normative:

art. 595 del Codice Penale


DIRITTO PENALE DIFFAMAZIONE DENUNCIA PER DIFFAMAZIONE
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