Offese, diffamazione, stalking e molestie su Facebook. Ecco come difendersi penalmente e civilmente.
L'era digitale, moderna, ha portato la società ad essere sempre più connessa ed i social network hanno cambiato il nostro modo di comunicare. La facilità con la quale si possono pubblicare post sulla propria bacheca su Facebook o quella di altre persone però, non vuol sempre dire che possiamo farlo.
Sul web, infatti, valgono le stesse regole che valgono nella vita reale. Se, quindi, qualcuno pubblica un post offensivo nei nostri confronti o se viene creato un profilo fake (finto) per rubarci l'identità o semplicemente per schernirci senza farsi riconoscere, si può agire nei confronti di questa persona in due diversi modi: la prima azione è penale nei confronti di questa o queste persone mentre la seconda è di carattere civile e ci consentirà di chiedere il risarcimento del danno.
Con questo articolo vedremo nel dettaglio come difendersi in caso di offese e diffamazione ed in particolare su Facebook, il social network più utilizzato al mondo. Vedremo, inoltre, quali sono le prove da conservare per far valere le proprie ragioni.
La prima cosa che è corretto fare in caso di offese su Facebook o diffamazione è informare direttamente Facebook dell'accaduto segnalando sempre l'autore dell'abuso. Esistono due modi per fare ciò:
L'azione penale
Se si subisce un'offesa su Facebook o una diffamazione la prima azione da intraprendere, come dicevamo prima, è penale tramite la querela. Lo si può fare personalmente senza la necessità di un professionista ovvero di un avvocato. Bisognerà semplicemente recarsi presso la più vicina stazione dei Carabinieri o della Polizia Postale o, ancora, presso gli uffici della Procura della Repubblica del Tribunale del luogo ove si risiede.
Come ha dichiarato la Corte di Cassazione con l'ordinanza n 5175/18 del 2/2/2018 un post su Facebook viene considerato diffamatorio anche se non è esplicitamente fatto il nome della vittima. Basta che sia facilmente riconoscibile ed in dividuabile dalla collettività.
In sede di querela bisogna essere molto precisi ed indicare:
Sempre secondo la Cassazione, la mancanza dell'accertamento dell'IP di provenienza del post che offende la reputazione del soggetto, non può scattare la condanna per diffamazione sul web. Ma che cos'è l'indirizzo IP? E' un numero che viene assegnato ad ogni dispositivo connesso alla rete ed è univoco. In esso è contenuto il nodo dal quale il dispositivo si è collegato, la compagnia telefonica e permette, dunque, di individuale la posizione del soggetto che ha pubblicato il post diffamatorio.
Viene facile capire, dunque, come la mancanza dell'indirizzo IP renda inefficace qualsiasi azione perché rende non sicura l'individuazione del dispositivo dal quale è stato pubblicato il post oggetto della querela. La responsabilità penale di un soggetto deve essere certa: non si può accusare una persona di aver pubblicato un post offensivo nei nostri confrotni solamente perché il profilo dal quale è stato pubblicato il post ha il suo nome e cognome.
E' probabile che chi ha commesso il reato abbia utilizzato un falso profilo per l'offesa o per la diffamazione. La polizia postale ed i periti, grazie ai poteri conferitigli dal magistrato che conduce l'inchiesta, sapranno risalire all'effettivo nominativo grazie, fra le altre cose, all'IP di cui sopra.
In questo caso, infatti, gli inquirenti chiederanno a Facebook di avere accesso ai server sui quali è stato creato il post o la pagina diffamatoria e cercheranno di individuare l'IP segnalato. Normalmente, in caso di indagini penali, la direzione di Facebook è collaborativa soprattutto se in ballo ci sono reati di pedopornografia o comunque reati molto gravi. La sede legale di Facebook con sede in Europa al quale si fa riferimento è reperibile a questo indirizzo: Facebook Ireland Limited, Hanover Reach, 5-7 Hanover Quay, Dublin 2, Ireland. Anche in Italia, comunque, sono presenti dei referenti Facebook che hanno proprio lo scopo di mantenere i rapporti con le forze dell'ordine del nostro Paese.
Più complicato sarà, invece, avere collaborazione per le indagini civili.
Ma in definitva, che cosa rischia chi offende o diffama tramite il social network Facebook? Ecco cosa prevede il codice penale nell'articolo 595:
Oltre alla causa penale che abbiamo visto in precedenza, si potrà agire civilmente ovvero con una causa civile atta semplicemente alla richiesta di risarcimento del danno. Se non si è proceduto con l'azione penale, il giudice dovrà accertare l'esistenza dell'illecito. Si dovranno produrre, dunque, le prove come le abbiamo già viste per la causa penale e sarà ancora più importante portare prove certe ed evidenti.
Se l'illecito è evidente ma la quantificazione del danno difficoltosa, si potrà cheidere un risarcimento in via equitativa ovvero sulla base di ciò che il giudice riterrà più opportuno. Per spiegarlo meglio, la quantificazione avverrà secondo quanto al giudice apparirà congruo sulla base del caso concreto, svincolando la valutazione da qualsiasi base probatoria. Il procedimento civile solitamente è più lungo e più costoso rispetto al procedimento penale ma i presupposti per l'accertamento della responsabilità sono anche meno rigorosi.
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