Le offese sono considerate un reato soltanto quando la vittima non è presente per difendersi prontamente, ovvero quando l’onore e la reputazione vengono lese parlando con terzi o pubblicando informazioni nei mezzi di comunicazione.
Da un punto di vista giuridico una persona che è stata offesa può agire in due modi diversi, a seconda di come si sono verificati i fatti.
E’ importante analizzare se il comportamento illecito è avvenuto mentre la vittima era presente o meno. Nel primo caso si parla di ingiuria, un reato depenalizzato nel 2016 ed ora punibile solo civilmente, nella seconda ipotesi, invece, si tratta di diffamazione ancora punibile secondo quanto previsto dal codice penale.
Detto ciò è importante distinguere una parolaccia o un insulto fatto in modo diretto, da un post pubblicato su un social e visibile a molte persone.
Vediamo quindi di chiarire la questione, analizzando cosa avviene nei due diversi casi e come può difendersi la vittima.
Iniziamo subito a sottolineare che, la giurisprudenza italiana, considera le offese come un reato soltanto se fatte mentre l’interessato non è presente per potersi difendere.
Di fatto quindi, tale comportamento rientra nella sfera del diritto penale solamente se si tratta di diffamazione, come previsto nell’art. 595 c.p.:
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.
Se l'offesa è recata col mezzo della stampa [57-58bis] o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico [2699], la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.
Quindi, si devono essere i seguenti requisiti:
La pena in questo caso è la reclusione fino a un anno o la multa fino a 1032 euro, anche se può aumentare se si verificano delle aggravanti, ad esempio se la reputazione viene lesa a mezzo stampa o con altri mezzi di comunicazione, incluso il web.
Se una persona riceve delle offese direttamente, invece, si parla di ingiuria, un reato depenalizzato nel 2016 e ora considerato un illecito civile.
Il legislatore ha ritenuto tale situazione meno grave della precedente, dato che il soggetto può replicare e difendersi subito dagli attacchi.
In tal caso, infatti, non è possibile sporgere denuncia, ma per agire è necessario individuare un avvocato civilista preparato in materia per attivare una causa civile ed ottenere il risarcimento danni.
Come abbiamo accennato nel paragrafo precedente, non sempre è possibile denunciare qualcuno per le offese ricevute.
Per capire come procedere è necessario distinguere se:
Solamente nella seconda ipotesi è possibile recarsi presso le forze dell’ordine per sporgere una denuncia, nel primo caso, invece è possibile soltanto attivare una causa civile.
A seguito della depenalizzazione, quindi, il procedimento per punire le offese dirette non è più gratuito, dato che lo Stato ha deciso di non intervenire più in prima persona.
Lo scopo è quello di evitare di intasare la macchina della giustizia con processi inerenti a fatti non gravi, che possono essere risolti in modo alternativo.
Fatto sta che, qualche anno fa era possibile sporgere querela ai carabinieri in modo gratuito, ora invece l’unico modo per procedere è a pagamento, ovvero affidandosi ad un avvocato civilista.
La causa civile, inoltre, è spesso molto più lunga rispetto ai procedimenti penali, dato che presenta molte insidie per quanto riguarda l’onere delle prove. In tal caso, infatti non è sufficiente la testimonianza della vittima che ha subito delle offese, ma è necessario recuperare altri elementi.
La maggior parte delle offese avvengono online, soprattutto nei social network, utilizzati ormai in modo assiduo.
Accade, quindi, che attraverso Facebook o Instagram possa essere lesa la reputazione o l’onore di un soggetto, attraverso insulti o frasi poco piacevoli.
Anche in questo caso vale ciò che abbiamo sottolineato nei paragrafi precedenti, quindi si tratta di un reato, ovvero di diffamazione, solamente se il post è pubblico, e non inviato in forma privata all’interessato, magari tramite Messanger o con i direct.
Negli ultimi anni sono aumentate notevolmente le denunce per frasi diffamatorie o per stalking online.
A tal proposito va detto che, diffondere informazioni offensive tramite stampa o altri mezzi di comunicazione rappresentano delle circostanze aggravanti del reato di diffamazione, quindi sono punite più severamente.
Il legislatore ha considerato, infatti, che attraverso tali strumenti è possibile raggiungere un numero più elevato di persone, quindi l’interessato può subire un danno più serio.
La vittima di offese, può difendersi sporgendo querela presso i Carabinieri, allegando magari eventuali prove.
Se gli insulti sono stati effettuati in modo privato è più difficile procedere, trattandosi di ingiuria, perciò è di fondamentale importanza riuscire a recuperare le prove nel modo corretto. Per fare ciò è consigliabile affidarsi ad un esperto, visto che uno screenshot dei messaggi non è considerato attendibile.
Quando le offese vengono effettuate direttamente all’interessato, la richiesta di un risarcimento danni rappresenta l’unica opzione per ottenere giustizia, da quando il reato di ingiuria è stato depenalizzato.
Procedere in tal senso, tuttavia, non sempre si rivela essere la mossa giusta, dato che le prove a supporto devono essere considerate valide e in grado di dimostrare chiaramente il torto subito.
Un bravo avvocato, in una situazione del genere, valuterà accuratamente i fatti, per capire se l’azione legale può portare dei risultati positivi, o se c’è il rischio di perdere la causa, dovendo quindi sostenere anche le spese legali della controparte.
Ma non solo.
E’ importante valutare anche un ulteriore aspetto. In un processo civile la condanna consiste in una sanzione pecuniaria, ovvero in una multa a favore dello Stato e al risarcimento danni alla vittima. Ma, se il colpevole è un individuo nullatenente, contro il quale è impossibile agire con un pignoramento, non sarà possibile agire in alcun modo per ottenere il pagamento delle somme in questione.
Perciò se a seguito della depenalizzazione dell’ingiuria, le offese possono essere punite con una sanzione da 100 euro a 8.000 euro, o da 200 a 12.000 euro se ci sono delle aggravanti, va considerato anche che in alcuni casi lo Stato e la vittima non potranno riscuotere nulla.
Fonti normative
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