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Offese verbali sul posto di lavoro: come difendersi?

Le offese verbali sul posto di lavoro sono considerate come illecito civile o penale? Come può difendersi il lavoratore di fronte a ripetute ingiurie da parte dei colleghi? E’ possibile denunciare il fatto? Scopriamolo insieme.

Andare d’accordo con i colleghi non è sempre facile. D’altronde passare molte ore del giorno a stretto contatto, in un ambiente competitivo può fare nascere antipatie, rivalità e incomprensioni varie.

In alcuni caso però, la situazione può sfuggire di mano e ci possono essere offese verbali anche pesanti, in grado di lasciare il segno nel soggetto che le riceve. Cosa dice la giurisprudenza a riguardo? E’ possibile agire in qualche modo per difendersi?

In realtà una situazione di questo tipo viene descritta con il termine di ingiuria, un reato depenalizzato nel 2016, e ora considerato un illecito civile. Ma cosa significa?

Se una persona viene offesa direttamente sul posto di lavoro, ma anche altrove, non ha più la possibilità di denunciare il fatto come in passato, ma può agire in sede civile, per fare valere i propri diritti.

La situazione è diversa se viene offeso l’onore e la reputazione di un lavoratore, parlando con altri, mentre non è presente per difendersi. In questo caso si parla di diffamazione, un reato ancora previsto dal codice penale.

Ma, facciamo un passo indietro cercando di capire come può tutelarsi un lavoratore se viene preso di mira sul luogo di lavoro.

In ogni caso, affidarsi ad un avvocato esperto in diritto del lavoro, anche solo per una consulenza è fondamentale: per questo motivo avvocato360 mette a disposizione un elenco completo di avvocati del lavoro che potrete profilare in base alle materie trattate e alla vostra posizione geografica. 
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Offese verbali sul posto di lavoro: sono un reato?

Come abbiamo anticipato, non sono rare situazioni conflittuali tra colleghi, costretti a stare in stretto contatto molte ore, anche se non vanno d’accordo. A volte le antipatie nascono da semplici gesti e continuano a durare nel tempo, anche compromettendo il rendimento prestazione dei soggetti coinvolti.

Non essere apprezzati dove si trascorrono diverse ore non è piacevole, e può provocare diversi danni ad un individuo.

Le offese verbali sul posto di lavoro, ad ogni modo, non costituiscono un reato, almeno non quando sono rivolte direttamente all’interessato.
Se, invece, vengono diffuse informazioni mentre quest’ultimo non è presente, si parla di diffamazione, un illecito penale.

Fino al 2016 anche l’ingiuria era un reato, poi depenalizzato dal legislatore per dare maggiore spazio nei tribunali ai reati più gravi.

Ciò significa che il lavoratore può intraprendere una causa civile, ma non può denunciare l’accaduto alle forze dell’ordine. E’ quindi fondamentale affidarsi a un avvocato civilista competente.

Offese verbali sul posto di lavoro: è possibile fare una denuncia?

Dopo avere capito nel paragrafo precedente come vengono disciplinate le offese verbali sul posto di lavoro, vediamo ora di descrivere come può agire la vittima.

Innanzitutto, in presenza di fatti poco leciti, che creano una sensazione di disagio e non permettono al lavoratore di svolgere al meglio le proprie mansioni, è utile parlare con il datore di lavoro, facendo presente la situazione.
Ad esempio è possibile far vedere eventuali email ingiuriose, oppure il testo di messaggi inviati al telefono, con contenuto particolarmente offensivo.

Va sottolineato infatti che il datore di lavoro deve garantire la salute psicofisica dei dipendenti, anzi ne è responsabile. Perciò, se non adotta delle soluzioni per risolvere il problema potrebbe essere accusato di inadempimento.

Nei casi più gravi il responsabile delle frasi ingiuriose potrebbe anche subire un procedimento disciplinare e venire licenziato. Ovviamente questa rappresenta una scelta limite, che di solito non viene effettuata dall’azienda, anche per paura che essa venga contestata dal lavoratore interessato.

Se il soggetto offeso, però, vuole intraprendere delle azioni legali, come abbiamo più volte sottolineato non può denunciare il fatto alle forze dell’ordine in quanto le offese verbali sul posto di lavoro dal 2016 non sono più considerate un reato, se fatte direttamente alla vittima.

In questo caso è possibile procedere soltanto in sede civile, ma per agire è necessario avere delle prove per confermare ciò che si afferma. Soltanto un avvocato civilista può consigliare al meglio l’individuo in merito alle azioni da intraprendere.

Per querelare il responsabile presso i carabinieri, le offese verbali sul posto di lavoro devono rientrare nel reato di diffamazione, quindi sono necessari i seguenti requisiti:

  • non si deve trattare di una semplice critica, ma di una lesione della reputazione
  • la frase deve essere pronunciata in assenza della vittima, e in presenza di almeno altre due persone. Il discorso è valido anche se si tratta di una email spedita a più destinatari

Va detto, però, che spesso tale comportamento non viene punito, dato che esiste un particolare meccanismo definito “particolare tenuità del fatto”. Ovvero se il colpevole non è un recidivo può ottenere l’archiviazione del caso.

E’ sempre possibile, comunque, chiedere il risarcimento danni, calcolato dal giudice secondo equità, dato che non è possibile utilizzare parametri diversi.

Bisogna, tuttavia, fare attenzione a ciò che accade, in quanto il lavoratore potrebbe essere vittima di mobbing e non di semplice offese verbali sul posto di lavoro.

Offese verbali sul posto di lavoro: chiedere il risarcimento danni

Per riuscire ad ottenere un risarcimento danni per offese verbali sul posto di lavoro, ovvero per ingiuria, è indispensabile fornire delle prove valide.

L’onere della prova, infatti, è a carico della vittima, che deve dimostrare in tribunale di avere subito un torto e dei danni in seguito all’evento.

Non sempre è facile recuperare delle prove, soprattutto se si tratta di frasi verbali pronunciate da un collega di lavoro, e quindi senza delle tracce scritte. In tal caso sarebbe utile trovare dei testimoni disponibili a testimoniare quanto hanno visto e sentito. Ma, probabilmente la paura di essere coinvolti in problemi, e il timore che ciò possa influire negativamente con il lavoro, rende difficile trovare qualcuno disposto a partecipare.

Diversamente da quanto accade in un processo penale, in quello civile non è sufficiente la testimonianza della vittima per aprire il procedimento. La causa civile si attiva soltanto se ci sono prove certe e tangibili.

L’ideale sarebbe potere avere a disposizione l’audio contenente le frasi ingiuriose pronunciate dal responsabile, ma è alquanto improbabile riuscire a registrare l’esatto momento in cui vengono dette.

Ad ogni modo, soltanto il supporto di un valido avvocato civilista può permettere al soggetto di capire qual è la strada migliore da percorrere, e se vale la pena impegnarsi in un procedimento legale, se il materiale a disposizione è scarso.

E se le offese provengono dal datore di lavoro?

Nel momento in cui si sottoscrive un contratto di lavoro, il lavoratore si pone alla dipendenze del datore di lavoro e deve rispettare le direttive che gli vengono imposte. Il datore di lavoro quindi, ha completa autorità sull'assegnazione della attività da far svolgere e sulla modalità di esecuzione della stessa, definito potere direttivo; possiede inoltre il potere disciplinare, può cioè ammonire e/o sanzionare il lavoratore che non ottempera ai propri doveri.

Suddetti poteri direttivo e disciplinare, però, non devono mai ledere la dignità del lavoratore che non deve mai essere offesa o umiliata, in tal caso il datore di lavoro varca un confine che lo porta a far si che le critiche non siano più legittime. La critica nei confronti del dipendente deve essere sempre costruttiva e strettamente relativa all'esecuzione delle mansioni lavorative, non rivolte alla persona e mai gratuite.

Nei casi in cui, il rimprovero sfoci in insulti, affermazioni ingiuriose o addirittura lanci di oggetti ci si trova davanti a un reato di maltrattamenti. In casi come quelli appena elencati, il datore di lavoro rischia di essere punito penalmente con una reclusione fino a 6 mesi. Se si sfocia anche nel reato di mobbing e quindi il dipendente viene vessato, umiliato, isolato fino a costringerlo alle dimissioni, il datore di lavoro rischia anche la richiesta di risarcimento del danno esercitata dal lavoratore.

Il lavoratore può tutelarsi, ma sempre a fronte di prove certe che attestino quanto dichiarato, ovvero registrazioni o testimonianze di colleghi.

Fonti normative

  • Art. 595 c.p. “Diffamazione”
  • Art. 1223 c.c. “Risarcimento del danno”
  • Decreto legislativo n.8 del 15 gennaio 2016 “Disposizioni in materia di depenalizzazione”

INGIURIE OFFESE VERBALI SUL POSTO DI LAVORO DIFFAMAZIONE
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