La direttiva sul copyright è stata approvata dal Parlamento Europeo con 348 voti a favore, 247 i no e 36 gli astenuti. Si tratta di una riforma contrassegnata da difficili negoziati, che inevitabilmente cambierà il mondo del Web.
Gli obiettivi della riforma copyright sono: dare un maggiore accesso transfrontaliero ai contenuti online, migliorare il funzionamento del mercato del diritto d’autore, favorire l’equilibrio finanziario tra i creatori di opere e gli editori di siti web ed i fornitori di piattaforme online.
Il testo era stato formulato nel 2016 dalla Commissione europea, aprendo 3 anni di intensi dibattiti, proteste, spaccature e pressioni da parte di lobby.
La direttiva 0593/2016 si inserisce in un più ampio progetto di mercato unico digitale, uno spazio economico comune senza barriere, così come già avviene per le barriere fisiche.
Gli articoli più dibattuti sono stati l’11 e il 13, che nel nuovo testo sono diventati l’articolo 15 e l’articolo 17.
La nuova misura, in sostituzione di quella precedente del 2000, estende l’applicazione del diritto d’autore anche alla piattaforme online (quali Facebook, Google News e Youtube) e mira a fissare a livello europeo delle linee guida per lo sfruttamento economico delle opere dell’ingegno. Ciò consentirà quindi ai titolari dei diritti (editori di notizie, artisti e musicisti) di negoziare accordi migliori sulla remunerazione che deriva dall’utilizzo delle loro opere presenti sulle piattaforme online.
In particolare sono due gli articoli contestati della direttiva:copyright
Ribattezzato, “Tassa sui link”, l’articolo 15 riguarda i cosiddetti snippet: gli editori dovranno chiedere agli aggregatori come Facebook o Google un congruo pagamento per l’utilizzo di un loro testo protetto da copyright, anche se si tratta solo di brevi frammenti o link di rimando. Inoltre, è previsto che saranno i giornalisti stessi a beneficiare della remunerazione che deriva da tale obbligo.
L’articolo 17, invece, prevede l’obbligo per le piattaforme di condivisione online (Google e Youtube in testa) di usare dei filtri per impedire la pubblicazione di contenuti protetti da copyright, ribadendone la responsabilità. In pratica significa che i giganti della Rete saranno direttamente responsabili delle copie e degli spezzoni pirata caricati dagli utenti.
Pertanto piattaforme online come Google, che fino a questo momento si è “difesa” dicendo che la piattaforma si limita solo ad indicizzare, ora che la direttiva copyright è stata approvata risponderà in toto anche sui contenuti che, prima di essere caricati online, dovranno essere sottoposti ad una sorta di controllo.
In realtà non è un “filtro” sistematico, ma solo una responsabilizzazione delle grandi piattaforme che dovranno quindi impegnarsi a rimuovere tutti i contenuti illeciti e prevenirne la loro futura pubblicazione.
L'approvazione della direttiva sul copyright è stata sostenuta da editori, grandi etichette musicali, società degli autori, giornalisti, gruppi musicali, autori, creatori ed artisti. Ritenendo che uno dei principali vantaggi delle direttive sia la possibilità di far valere i propri diritti anche nei confronti di grandi fornitori di piattaforme online, spesso statunitensi, che dipendono per i loro profitti dai contenuti caricati dagli utenti.
Una campagna organizzata dal Gruppo Europeo delle Società di Autori e Compositori ha raccolto oltre 32.000 firme di creatori, tra cui David Guetta, Ennio Moricone, Jean-Michel Jarre e gli Air. Altri sostenitori includono i musicisti Paul McCartney, James Blunt e Debbie Harry; l'autore Philip Pullman (direttore della Società degli Autori), l'Associazione delle Società Indipendenti di Musica, e l'editore tedesco Axel Springer.
La riforma del Copyright inserisce dunque la possibilità per autori ed editori di avere maggiore potere negoziale nei confronti dei giganti del web come Google, Youtube o Facebook.
Il caricamento di contenuti su enciclopedie online che non hanno fini commerciali come Wikipedia o su piattaforme per la condivisione di software open source, come GitHub, e sui cloud è escluso dall'obbligo di rispettare le nuove regole sul copyright. Anche i meme come le parodie, le citazioni e i pastiche saranno esenti.
Una tutela specifica è prevista anche per le startup. Le piattaforme esistenti da meno di 3 anni saranno soggette a obblighi meno gravi rispetto a quelli previsti per i giganti del Web.
Sebbene la riforma sembra offrire maggiori garanzie per autori ed editori, non mancano dubbi e perplessità. Tra gli articoli più contestati compaiono sicuramente l’articolo 13 le l’articolo 11, che ha ad oggetto il riconoscimento agli editori della stampa del diritto d’autore sull'uso delle proprie pubblicazioni da parte delle piattaforme e degli aggregatori di notizie online.
In particolare, l’articolo 11 della Direttiva Ue - recante il titolo “Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale"- prevede l’obbligo per le piattaforme online che pubblicano snippet (cioè frammenti ed esempi di codice sorgente) a munirsi di una licenza preventiva da parte del detentore dei diritti.
Si segnala che l’articolo 11 potrebbe provocare degli effetti negativi per i siti che diffondono notizie, sia in termini di traffico che di visibilità online, ciò perché le piattaforme come Google oppure Facebook potrebbero rifiutarsi di pagare il compenso richiesto su determinati articoli, con la conseguenza di diminuire drasticamente il traffico in entrata verso i siti.
Dunque, l’articolo 11 si propone l’obiettivo di bilanciare il rapporto tra le piattaforme online (come Google e Facebook e molti altri) e gli editori, per fermare lo sfruttamento dei contenuti editoriali.
La questione non è affatto semplice: da una parte gli editori accusano i grandi social network ed i motori di ricerca di sfruttare i loro contenuti senza offrire nessun compenso (si pensi ad esempio alle Newsfeed di Facebook), dall’altra parte le piattaforme online, invece, sostengono che la loro funzione di informazione non faccia altro che favorire gli interessi degli editori.
Tuttavia, per come è stato architettato, l’articolo 11 favorisce la posizione degli editori ma, tuttavia, alcuni pensano che il possibile rifiuto di pagare da parte delle piattaforme online possa danneggiare i gruppi editoriali più piccoli.
La direttiva sul copyright e stabilisce anche che ogni Stato membro deve assicurarsi che i compensi destinati agli editori siano equi rispetto all’uso dei contenuti da parte dei fornitori di servizi di informazione, senza però precisare le modalità di valutazione di questa equità.
Invece ancora non ha trovato soluzione il vero problema che preoccupa cittadini e ong: come evitare che i filtri automatici impediscano anche gli usi leciti previsti dalla legge come il diritto di critica, commento, citazione o parodia. Anche se nel testo della direttiva si sottolinea l’importanza di garantire questi diritti fondamentali e il fatto che le piattaforme debbano munirsi di sistemi di verifica delle contestazioni a una rimozione illecita, resta il dubbio su quanto possa essere lungo questo procedimento.
Basti pensare, ad esempio, ad un video satirico contro un politico che commenta i fatti del giorno. In questo caso il tempismo è tutto, ma l’uso di spezzoni delle sue frasi prese dai telegiornali potrebbe allertare i filtri automatici e eliminarlo. Quanto tempo ci vorrebbe per stabilire nel contenzioso con la piattaforma? Anche una sola settimana priverebbe quel video della forza che avrebbe avuto se pubblicato tempestivamente. In verità è che oggi una soluzione purtroppo ancora non c’è.
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