L’emergenza Covid e la decretazione d’urgenza posta in essere per fronteggiare l’odierna crisi sanitaria e per tutelare il diritto alla salute hanno imposto, tra l’altro, la chiusura temporanea di quegli esercizi commerciali deputati allo svolgimento di attività definite “non essenziali”.
Molti lavoratori sono finiti in cassa integrazione, molti altri hanno visto ridotto il proprio orario di lavoro.
Genitori separati, commercianti, partite Iva, lavoratori di vario genere si sono trovati, perciò, nella evidente difficoltà di corrispondere l’importo previsto in sede di separazione o divorzio o di affidamento quale contributo mensile per il mantenimento di figli e/o a favore del coniuge.
Dunque cosa fare se non si può pagare? se l’impegno preso è diventato un problema?
Cerchiamo di chiarire come muoversi:
Va considerato che l’inadempimento dell’obbligo di mantenimento comporta una responsabilità civile e penale del soggetto onerato.
L’avente diritto alla prestazione potrà, infatti, perseguire civilmente l’obbligato con azioni di recupero del dovuto (pignoramenti, pignoramenti presso terzi ed in genere azioni esecutive).
L’avente diritto può, altresì, denunciare penalmente l’obbligato per violazione dell’obbligo di assistenza morale e materiale ex art. 570 c.p..
Atteso che la crisi sanitaria ha comportato una crisi economica –sociale ed umana di portata non prevedibile e per di più inevitabile ed in alcun modo riconducibile alla volontà individuale la soluzione giuridica più logica da invocare sembrerebbe la impossibilità sopravvenuta all’adempimento della prestazione ex artt. 1256 e 1258 c.c..
La sospensione delle attività lavorative non si è ingenerata per dolo o colpa delle parti ma è stata disposta dalle misure d’urgenza adottate via via a singhiozzo dal Governo.
Non va dimenticato in questo quadro che spesso le misure di ristoro adottate si sono dimostrate inadeguate ed incapaci di garantire il soddisfacimento delle obbligazioni precedentemente contratte dal singolo. Purtroppo non sarà sufficiente invocare l’impossibilità di adempiere per colpa a noi non imputabile per liberarsi dell’impegno preso.
Non dobbiamo dimenticare, infatti, la funzione assolta dall’assegno di mantenimento che volge a sostenere il contraente più debole e dei doveri di adempimento imposti dall’art. 143, 3 comma c.c a mente del quale: ”Entrambe i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia”.
Soccorrono, inoltre, in detto ambito le disposizioni previste dagli artt. 1175 e 1176 c.c. sulla più generale correttezza e buona fede da rispettare nell’adempimento delle obbligazioni in genere.
Non potendosi giustificare l’inadempimento con il solo ricorrere dell’emergenza sanitaria due appaiono allora le strade possibili:
Nell’eventualità in cui i rapporti tra le parti siano pacifici ed improntati al dialogo ben si potrà e si auspicherà il ricorso alla negoziazione assistita alla presenza dei propri legali, sempre che non si tratti di una famiglia di fatto (per la quale è indispensabile il ricorso all’Autorità Giudiziaria), per provvedere ad una modifica delle condizioni disposte ed una revisione dell’importo dell’assegno, in quanto sicuramente più celere e di maggior garanzia ai fini della tutela degli interessi della prole.
Nella più comune e diffusa eventualità che i rapporti tra le parti siano conflittuali occorrerà invece ricorrere al Tribunale competente con un ricorso ex art. 710 cpc per ottenere un provvedimento di modifica delle statuizioni economiche, che si ricorda, vengono sempre disposte rebus sic stanti bus ovvero fin tanto che non si verifichi un fatto che modifica la situazione economica delle parti coinvolte . Sarà la parte istante che, nel presentare il ricorso per la suddetta modifica al giudice competente, dovrà allegare la documentazione necessaria a suffragare la richiesta e pertanto, nel caso del lock down, perdita del lavoro, calo del fatturato e così via.
In altre parole non è da ritenersi che il lockdown comporti una automatica riduzione e/o sospensione dell’assegno di mantenimento tout court, per cui autonomamente si può pagare meno o non pagare, ma al contrario essa deve essere il frutto o di un accordo delle parti appositamente negoziato o di una rigorosa, talvolta rigida valutazione caso per caso del giudice che tenga conto non solo dei redditi del soggetto obbligato ma anche della situazione del beneficiario, la cui condizione, sempre causa pandemia, potrebbe anch’essa essere peggiorata.
Dunque un equo contemperamento di contrapposti interessi che in caso di figli minori tenga conto delle esigenze primarie degli stessi.
La richiesta di mutamento al giudice andrà proposta, poi, quando si tratti di “giustificati motivi” stando alla lettera della legge ovvero” mutamenti significativi della propria situazione personale (malattia, invalidità) o delle proprie condizioni economiche”.
In tale contesto e stante il perdurare a oggi dello stato di emergenza, in attesa di ulteriori ristori, è auspicabile che il legislatore possa intervenire sulla materia adottando specifiche disposizioni destinate a supportare le molte famiglie travolte dalla problematica esaminata che appare tuttavia di grande impatto sociale.
22.02.2021 Avv. Cristina Vanni
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