Il blocco dei licenziamenti può essere considerato uno dei temi più "caldi" di questa estate italiana. Nelle scorse settimanale, sono tanti i lavoratori scesi in piazza per far sentire la propria voce a Governo e organizzazioni sindacali. La loro paura, quella di essere lasciati a casa.
Da quasi due anni la nostra vita è condizionata dalla presenza del Coronavirus. Abbiamo imparato a convivere con mascherine, gel igienizzanti e abbiamo dovuto fare i conti anche con numerose perdite. Eppure, accanto alla crisi sanitaria, se n'è affiancata anche una di tipo economico. Le frequenti limitazioni nelle aperture e le chiusure (i cosiddetti lockdown) hanno causato dei danni, anche molto ingenti, alle aziende che si sono trovate, dalla sera alla mattina, in sofferenza. Molti, hanno deciso che l'unica soluzione, per la sopravvivenza dell'azienda poteva essere quella del licenziamento di parte del personale.
Il problema è stato affrontato dal Governo che, per evitare, che i datori di lavoro lasciassero in massa lavoratori a casa ha deciso di intervenire con il blocco dei licenziamenti. Prima di capire chi, al momento, non può rescindere dal contratto di lavoro, è bene capire di cosa si tratta e cosa prevede.
Il blocco dei licenziamenti è una misura inserita all'interno del Decreto Cura Italia, approvato il 17 marzo 2020 dall'allora Governo Conte. Al suo interno sono contenuti tutti i provvedimenti che si pongono come obiettivo quello di fronteggiare tutti gli effetti causati dall'emergenza Coronavirus. Tra questi tutelare anche i settori maggiormente colpiti e danneggiati. In particolare, si è cercato di potenziare, attraverso sostegni economici, ma non solo, settori come quello della sanità, della giustizia, delle politiche sociali e giovanili. E, soprattutto, quello del lavoro.
Così è stato varato il blocco dei licenziamenti che, di fatto, vietava al datore di lavoro di rescindere dal contratto, per tutto il periodo della durata dell'emergenza. In particolare, un lavoratore non poteva essere lasciato a casa con licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Ovvero per esigenze che riguardano l’attività produttiva o cambiamenti dell’organizzazione del lavoro.
Inizialmente, il blocco dei licenziamenti sarebbe dovuto durare fino al 16 maggio 2020, ma il perdurare della situazione di emergenza ha fatto sì che il provvedimento venisse prorogato con il Decreto Sostegni ed il Decreto Sostegni bis.
In particolare, l'ultimo provvedimento fissa le nuove scadenze, che prevede la possibilità, per le aziende, di licenziare i propri lavoratori. Ma il questo provvedimento non vale per tutti i settori. Per alcune tipologie di impresa, infatti, il divieto è ancora valido anche dopo il 30 giugno.
Ecco quali sono le aziende che non possono licenziare e fino a quando sono vincolate:
Come detto in precedenza, è necessario precisare che il blocco vale solo per i licenziamenti che avvengono per giustificato motivo oggettivo. Esistono quindi delle condizioni per cui tale provvedimento non viene applicato, ovvero per tutte le altre tipologie di licenziamento, che possono essere distinte in:
Può capitare che nonostante vi sia il blocco dei licenziamenti, un datore di lavoro decida di interrompere l'attività lavorativa. Cosa succede in questo caso? Come già avviene, il lavoratore, se ritiene di aver perso il lavoro ingiustamente, può decidere di avviare un procedimento legale e impugnare il licenziamento. In quel caso sarà il Giudice a stabilire il reintegro del dipendente o meno.
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