La responsabilità medica, derivante da errori o omissioni da parte del personale sanitario, è un tema molto delicato dal punto di vista sociale. In questo contesto la Legge Gelli, entrata in vigore nel 2017, ha introdotto significative modifiche nel panorama giuridico.
La questione del risarcimento per i danni causati dalla negligenza medica è regolamentata dalla Legge 24/2017, comunemente nota come la Legge Gelli o Legge Gelli-Bianco. Questa legge segue la stessa linea degli obiettivi precedentemente stabiliti dal Decreto Balduzzi ma cerca di superare eventuali ambiguità attraverso un linguaggio più preciso nella sua formulazione. La Legge Gelli è entrata in vigore nell'aprile del 2017, portando con sé una serie di normative e disposizioni riguardanti la responsabilità medica e il risarcimento dei danni causati da errori o negligenza nel campo della sanità.
La normativa sulla responsabilità medica è stata ridefinita dalla Legge Gelli, che è entrata in vigore nel 2017, portando importanti cambiamenti in questo campo.
Una delle principali novità introdotte dalla Legge Gelli è l'articolo 590-sexies del codice penale, che disciplina la "Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario". Questa disposizione esclude la responsabilità penale dei medici e degli operatori sanitari per imperizia, a condizione che dimostrino di aver seguito le linee guida o le buone pratiche stabilite. Inoltre, la legge cerca di limitare la responsabilità dei medici per quanto riguarda la responsabilità civile, insieme alle strutture sanitarie.
Va sottolineato che, nonostante l'entrata in vigore della Legge Gelli Bianco, la responsabilità delle strutture sanitarie per la somministrazione di cure inadeguate o non sicure rimane di natura contrattuale. Ciò significa che le strutture sanitarie sono ancora tenute a rispondere civilmente per danni causati da cure inadeguate, anche se la responsabilità penale dei medici è stata limitata nei casi specifici indicati dalla legge.
La legge infatti recita, all'articolo 7 comma 1:
"La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose."
Questo implica che la responsabilità non ricade sul paziente per dimostrare la negligenza della struttura, ma è invece compito della struttura stessa dimostrare il contrario. Quindi, l'onere della prova è a loro carico. Inoltre, il periodo di prescrizione è esteso a 10 anni. La data di riferimento per tale periodo sarà il momento in cui il paziente ha acquisito la consapevolezza della relazione tra il danno subito e il comportamento colposo del medico.
La Legge Gelli ha apportato importanti modifiche alla responsabilità del medico, trasformandola in una responsabilità di natura extracontrattuale. Il comma 3 dell'articolo 7 della legge specifica chiaramente che "l'esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente".
Questo significa che, a causa della Legge Gelli, ora è il paziente a dover assumere l'onere della prova, dimostrando sia il danno subito che la colpa del medico. In precedenza, invece, era compito del medico dimostrare di aver adempiuto in modo accurato a tutte le sue obbligazioni contrattuali. Per quanto riguarda il periodo di prescrizione, in questo nuovo contesto è stato ridotto a soli 5 anni.
La scelta effettuata con l'emanazione della Legge Gelli-Bianco ha l'obiettivo di disincentivare le azioni civili contro i singoli operatori del servizio sanitario nazionale. Inoltre, mira a contrastare il fenomeno noto come "medicina difensiva", ossia la tendenza degli operatori sanitari a modificare il loro comportamento per evitare possibili azioni legali risarcitorie.
Per i medici privati, invece, la responsabilità rimane di natura contrattuale, poiché instaurano con i pazienti un tipo di contratto diverso.
Oltre alle differenze riguardo all'onere della prova e al periodo di prescrizione, cambia anche l'ambito del risarcimento per i danni causati dalla negligenza medica. Infatti, il risarcimento dei danni è limitato nella responsabilità contrattuale, mentre nella responsabilità extracontrattuale può potenzialmente non avere limiti.
La colpa medica e la responsabilità medica sono concetti fondamentali nel campo della pratica medica, in quanto implicano la valutazione dell'operato dei professionisti sanitari.
Le linee guida, in questo contesto, svolgono un ruolo cruciale, poiché rappresentano raccomandazioni di comportamento clinico che fungono da parametri di riferimento per la valutazione dell'azione dei medici.
Queste linee guida costituiscono delle direttive chiare a cui i professionisti sanitari dovrebbero attenersi nella loro pratica clinica. Rappresentano una sorta di standard, basati sulla migliore evidenza scientifica disponibile al momento, che indicano il modo in cui dovrebbe essere gestita una specifica condizione medica o procedura. La deviazione da queste linee guida può comportare la configurazione di una colpa medica.
Per comprendere se si è verificata una colpa medica, è necessario valutare il grado di differenza tra l'azione effettivamente intrapresa dal professionista sanitario e ciò che sarebbe stato raccomandato o previsto dalle linee guida o dalla norma cautelare vigente.
In altre parole, bisogna stabilire se il medico ha agito in modo coerente con le prassi cliniche raccomandate o se ha adottato un approccio che si discosta in modo significativo da tali linee guida.
La determinazione della colpa medica richiede un'analisi dettagliata del caso specifico, prendendo in considerazione le circostanze, le conoscenze e le risorse disponibili al momento dell'azione medica. La valutazione tiene conto dell'obbligo del professionista di fornire una standard di cura adeguata e appropriata al paziente.
"Oscurità del quadro patologico", "difficoltà di cogliere e legare le informazioni cliniche" sono alcuni dei parametri che determinano il grado di colpa.
Si tratta di colpa grave quando si sia in presenza di un gesto tecnico “marcatamente distante dalle necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia ed alle condizioni del paziente“(Cass, Sez. IV penale, n. 18347/2021).
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