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Curatore fallimentare: quali sono i compiti le responsabilità?

Il curatore fallimentare è un professionista nominato dal tribunale con il compito di condurre l’esercizio provvisorio dell’impresa durante la fase delicata del fallimento.

Ogni volta che si parla di fallimento, viene subito in mente la figura del curatore fallimentare. Egli, infatti, svolge un ruolo chiave nel processo di liquidazione di un’impresa fallita in quanto gestisce tutti i rapporti con i creditori.

L’importanza del suo compito è connessa ad una grande responsabilità: per questo il curatore fallimentare viene scelto tra determinate categorie di soggetti, come ad esempio avvocati e commercialisti, ciò per assicurare la massima diligenza e competenza.

Lo stesso tribunale che lo ha nominato può anche procedere alla revoca, su richiesta dei creditori, quando sopravvengono delle cause impeditive o dei motivi di conflitto d’interesse.

Chi è il curatore fallimentare?

Il curatore fallimentare è un pubblico ufficiale nominato dal tribunale in seguito alla dichiarazione di fallimento di un imprenditore. Egli ha il delicato compito di curare l’amministrazione e la gestione del patrimonio dell’imprenditore fallito e porre in essere tutte le procedure funzionali a soddisfare i creditori nel miglior modo possibile.

Da ciò si evince che il curatore fallimentare è una figura particolarmente autorevole, al quale spettano precisi oneri e responsabilità: egli deve tenere la contabilità di tutte le operazioni che pone in essere, giustificandole in un apposito registro (che deve essere vidimato da almeno un componente del comitato dei creditori) dove annota le operazioni amministrative effettuate.

Tra i molteplici compiti del curatore fallimentare, indubbiamente il più importante, nonché il principale, è quello di predisporre il piano di liquidazione dell’impresa - necessario a garantire il pagamento dei creditori - e curare le comunicazioni con tutti i titolari di diritti nei confronti dell’imprenditore fallito.

Chi nomina il curatore fallimentare?

Il curatore fallimentare viene nominato dal tribunale adito, come stabilito dall’articolo 29 della Legge fallimentare. Tale nomina deve essere accettata entro 2 giorni, altrimenti il giudice provvederà alla nomina di un altro curatore fallimentare.

L’articolo 28 della Legge del fallimento stabilisce quali soggetti possono ricevere la nomina di curatore fallimentare:

  • gli avvocati;
  • i dottori commercialisti;
  • i ragioni ed in ragionieri commercialisti;
  • coloro che hanno svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, con particolari meriti.

Invece, la legge vieta tassativamente di nominare come curatore fallimentare il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado dell’imprenditore fallito, i suoi creditori e chi ha favorito il dissesto dell’impresa nei 2 anni precedenti alla dichiarazione del fallimento. Per semplificare, non può svolgere il ruolo di curatore fallimentare chiunque abbia un motivo di conflitto d’interesse.

La nomina del curatore avviene a cura del tribunale e, sulla base di quanto stabilito dall’art. 29 l.f.,il curatore deve, entro i due giorni successivi alla partecipazione della sua nomina, far pervenire al giudice delegato la propria accettazione. Se il curatore non osserva questo obbligo, il tribunale, in camera di consiglio, provvede d’urgenza alla nomina di altro curatore.

Ad ogni modo, il curatore “precedente” ha modo di conservare il proprio ruolo anche dopo i due giorni, a patto che l’accettazione venga comunicata al giudice delegato prima che sia nominato il nuovo curatore.

È invece il precedente art. 28 l.f. a indicarci chi può svolgere le funzioni di curatore, tra gli avvocati, i dottori commercialisti, i ragionieri e i ragionieri commercialisti, anche sotto forma di studi associati o società di professionisti e ferma restando, all’atto dell’accettazione dell’incarico, la designazione della persona fisica responsabile della procedura.

Possono altresì divenire curatori fallimentari anche i soggetti che hanno svolto funzioni di amministrazione, di direzione e di controllo in società per azioni, purché abbiano dato prova di adeguate capacità imprenditoriali, e purché non sia intervenuta nei loro confronti una dichiarazione di fallimento.

Non possono invece divenire curatori coniuge, parenti e affini entro il quarto grado del fallito, i creditori di questo e chi ha contribuito a generare il dissesto dell’impresa entro i due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, e ulteriormente chiunque si trovi in una condizione di conflitto di interessi con il fallimento.

Compiti e responsabilità del curatore?

Tra i numerosi compiti attribuiti al curatore fallimentare, spetteranno a lui quelli legati alla necessità di predisporre il piano di liquidazione, la formazione del progetto di stato passivo, le comunicazioni ai creditori e ai titolari di diritti sui beni del fallito.

Non solo: stando all’art. 33 l.f., è il curatore colui che dovrà presentare al giudice delegato, entro 60 giorni dalla dichiarazione di fallimento, una relazione particolareggiata in cui esporrà le cause e le circostanze dello stesso, la diligenza e la responsabilità del fallito o di altri soggetti nell’esercizio dell’impresa, e quanto può interessare a fini civili e penali.

Il curatore fallimentare ogni sei mesi dovrà redigere un rapporto di riepilogo delle attività compiute e allegare un conto provvisorio della gestione, permettendo così al comitato dei creditori di formulare osservazioni e controllare lo svolgimento dell’iter gestionale.

Spetterà infine al curatore l’inventario dei beni del fallito e l’apposizione dei sigilli sugli stessi beni.

Il legislatore prevede che il curatore debba esercitare personalmente le funzioni del proprio ufficio, sebbene questo non implichi comunque che non possa delegare ad altri delle specifiche operazioni (ma solo dietro autorizzazioni da parte del giudice delegato).

Il curatore, pur rimanendo unico responsabile del proprio operato, potrà inoltre scegliere di farsi coadiuvare da tecnici e terzi retribuiti, per l’espletamento di alcune sue funzioni.

Peraltro, in relazione proprio alla possibilità di farsi coadiuvare da altri soggetti, come i tecnici (o lo stesso fallito), il legislatore prevede che il curatore necessiti dell’autorizzazione del comitato dei creditori solamente per gli atti di straordinaria amministrazione, quali possono essere – ad esempio – le riduzioni di crediti o le cancellazioni di ipoteche.

Revoca dell’incarico

La revoca del curatore può avvenire in qualsiasi momento da parte del tribunale, su proposta del giudice delegato o su richiesta del comitato dei creditori, nel caso in cui si ritenga che il curatore sia stato inadempiente nei doveri d’ufficio. Il decreto di revoca dovrà essere motivato, previa audizione del curatore stesso e del comitato dei creditori.

Una relativamente recente modifica alla legge fallimentare ha poi permesso anche ai creditori riuniti per l’esame del passivo di richiedere che il curatore venga sostituito, precisandone le ragioni.

Difficile sintetizzare quali potrebbero essere i motivi legati alla revoca del curatore. Possiamo tuttavia rammentare come i principali possano essere ricondotti alla sopravvenienza di una casa di incapacità, all’incompatibilità soggettiva (si pensi al curatore che è parente del fallito), all’inosservanza dei propri doveri o anche all’inadempienza rispetto ad altri doveri, che tuttavia viene valutata come sufficiente per poter revocare l’incarico.

L’art. 39 l.f. stabilisce che il compenso del curatore, e le spese lui spettanti, possano essere liquidate su richiesta del curatore, e siano stabilite con decreto del tribunale sulla base della relazione del giudice delegato.

La liquidazione dei compensi avverrà dopo l’approvazione del rendiconto o dopo l’esecuzione del concordato. È comunque possibile che il tribunale possa accordare, sempre su richiesta del curatore, degli acconti sul compenso, per giustificati motivi.

Contro gli atti di amministrazione del curatore, sia il fallito che tutti i soggetti interessati possono proporre reclamo al giudice delegato per violazione di legge.

Il reclamo contro gli atti commissivi o omissivi del curatore deve essere proposto entro 8 giorni dalla conoscenza dell’atto o, in caso di omissione, dalla scadenza del termine indicato nella diffida a provvedere. Il giudice delegato, una volta sentite le parti, deciderà con decreto motivato. Nel caso in cui il reclamo accolto faccia riferimento a un comportamento omissivo del curatore, il curatore dovrà darne esecuzione.

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