Esistono dei casi in cui si può perdere la cittadinanza italiana: si può perdere in maniera "automatica" nel caso in cui si verifichino determinati eventi, oppure per rinuncia espressa direttamente dal cittadino italiano o per revoca.
Come stabilito dal Ministero dell'Interno, la cittadinanza italiana indica "il rapporto tra un individuo e lo Stato, ed è in particolare uno status, denominato civitatis, al quale l’ordinamento giuridico ricollega la pienezza dei diritti civili e politici. In Italia il moderno concetto di cittadinanza nasce al momento della costituzione dello Stato unitario ed è attualmente disciplinata dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91". La cittadinanza italiana, si acquista iure sanguinis, cioè se si nasce o si è adottati da cittadini italiani, ed esiste una possibilità residuale di acquisto iure soli, ovvero se si nasce sul territorio italiano da genitori apolidi o se i genitori sono ignoti o non possono trasmettere la propria cittadinanza al figlio secondo la legge dello Stato di provenienza.
Chiarito che cos'è la cittadinanza italiana, nell'articolo che segue andremo ad indicare quali sono le condizioni per perderla.
Cittadinanza italiana: cosa dice la legge
La perdita della cittadinanza italiana è prevista e regolata dalla legge 91 del 5 febbraio 1992, intitolata "Nuove norme sulla cittadinanza", che nel disciplinare la cittadinanza nella sua interezza, prevede anche le remote ipotesi in cui un cittadino italiano cessi di esser tale.
Tuttavia nel testo normativo dell'ordinamento sopracitato, queste condizioni vengono citate più volte, in modo sparso. Si dividono tuttavia in tre ambiti, le ipotesi di perdita di cittadinanza, quali la perdita automatica, la rinuncia del cittadino e la revoca.
La perdita automatica della cittadinanza italiana di perde a sua volta per tre diversi motivi:
Perdita della cittadinanza italiana: la rinuncia
Una diversa ipotesi di perdita della cittadinanza italiana è data dalla rinuncia alla stessa da parte del cittadino. Non tutti possono effettuare questo genere di pratica, quindi non è generalizzata, ma viene riconosciuta esclusivamente a chi possiede anche la cittadinanza di un altro Stato e risieda all'estero, oppure chi aveva acquistato la cittadinanza italiana perché era stata acquistata dal genitore e una volta raggiunta la maggiore età possieda un'altra cittadinanza. Oppure nel caso dell'adozione, ma quest'ultima sia stata revocata per un fatto a lui non imputabile, purché sia maggiorenne e in possesso di un'altra cittadinanza e dichiari di voler rinunciare nel termine massimo di un anno dalla revoca.
Infine, la cittadinanza italiana, che sia stata acquisita successivamente alla nascita può essere revocata se il cittadino è stato condannato in via definitiva, sia per un reato commesso a scopo di terrorismo, eversione dell'ordinamento costituzionale per il quale è prevista una pena di reclusione uguale o maggiore a cinque anni fino ai dieci; oppure per assistenza agli associati, (secondo l'articolo 270 ter del codice penale). Infine, per i reati di sottrazione di beni o denaro sottoposti a sequestro, come riportato dall'articolo 270 quinquies 2 del codice penale.
Sempre secondo la legge n.91/1992, l'acquisto volontario della cittadinanza di un Paese estero e il trasferimento in tale Paese della residenza non comporta la perdita automatica della cittadinanza italiana: ci deve essere quindi una dichiarazione esplicita di volontà, salvo accordi internazionali. La denuncia da parte dello Stato italiano della Convenzione di Strasburgo del 1963 comporta che, dal 2010 non sia più automatica la perdita della cittadinanza italiana per coloro che si naturalizzano nei Paesi firmatari della stessa, come previsto dalla Circolare del Ministero dell'Interno del 28 ottobre 2009 n.14232.
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