Può accadere che un lavoratore venga riassunto dopo che ha rassegnato le dimissioni. Non è raro che, in preda alla collera o in un momento di confusione o depressione, il lavoratore comunichi al proprio datore di lavoro la volontà di dimettersi, in quanto non vuole più svolgere la stessa mansione svilente e ripetitiva.
In seguito, però, il dipendente potrebbe pentirsi della decisione, dopo avere trascorso a casa un giorno ed avere effettuato alcune valutazioni comprendendo che al giorno d’oggi non è semplice trovare un nuovo lavoro e aver maturato la decisione di chiedere al proprio datore di lavoro di essere riassunto.
Ma cosa può fare se il datore di lavoro non vuole più tornare indietro?
Innanzitutto, va subito precisato che le dimissioni devono avvenire necessariamente per via telematica, quindi online e non a voce. Se non si segue tale procedura la decisione del lavoratore non è valida e non ha alcun valore. Ma vediamo cosa succede in caso di ripensamento.
Se i rapporti con il datore di lavoro dovessero mettersi male, affidarsi ad un avvocato esperto in diritto del lavoro è fondamentale: per questo motivo avvocato360 mette a disposizione un elenco completo di avvocati del lavoro che potrete profilare in base alle materie trattate e alla vostra posizione geografica.
Riassunzione dopo dimissioni volontarie: è possibile?
Se un dipendente fa un passo indietro prima di avere formalizzato la procedura telematica, può sempre tornare in azienda. Se rimane a casa qualche giorno senza averne il diritto, ovvero se effettua delle
assenze ingiustificate, può subire una
contestazione disciplinare e nei casi più gravi può rischiare il
licenziamento per giusta causa.
Ad ogni modo se tutto avviene in breve tempo, ci sono tutte le condizioni per essere riammesso al lavoro.
Ma cosa accede, invece, se le dimissioni sono state formalizzate?
Se si tratta di un dipendente pubblico, l’art. 132 TU del pubblico impiego prevede la possibilità di chiedere la riassunzione dopo le dimissioni volontarie. Ad ogni modo verrà fatta una valutazione dall’amministrazione per capire se sussistono ancora i presupposti e se ci sono ancora dei posti vacanti.
Per i lavoratori privati, invece, va analizzato quanto previsto dall’art. 26 del D.lgs. 151/2015, ovvero del Jobs Act. In sostanza chi presenta le dimissioni telematiche, ha 7 giorni di tempo per ripensarci e revocarle.
Riassunzione dopo dimissioni volontarie: come funziona?
Per quanto riguarda le riassunzioni dopo le dimissioni volontarie, non sempre i rapporti tra lavoratore e azienda sono “puliti”, e a volte possono essere messe in atto delle pratiche scorrette. Ad esempio, il titolare dell’azienda potrebbe comunicare oralmente al lavoratore il licenziamento, senza poi inviare una lettera formale. Alla contestazione del dipendente l’azienda potrebbe sostenere che quest’ultimo non si è presentato di sua volontà al lavoro comunicando dimissioni orali volontarie.
Cosa succede in questi casi?
È l’azienda a dovere dimostrare la presenza di dimissioni orali, quindi la legge è a favore del dipendente, salvo prove contrarie.
Riassunzione dopo dimissioni volontarie: situazione di incapacità
Nelle riassunzioni dopo dimissioni volontarie in situazioni di incapacità, la Cassazione si è espressa di recente con la sentenza n. 21701/18, evidenziando che le dimissioni potrebbero essere date in un momento di incapacità di intendere e volere, ad esempio mentre si assumono farmaci antidepressivi, o in un momento di forte turbamento.
In tale ipotesi la decisione del dipendente non ha effetti, e pertanto può rivolgersi al giudice se l’azienda non vuole procedere con la riassunzione dopo le dimissioni volontarie. Il tribunale ordina quindi il reintegro e condanna il titolare dell’azienda al pagamento di tutti gli stipendi non versati ma a partire dalla data della sentenza, dato che non c’è efficacia retroattiva.
La Cassazione ha infatti precisato:
le retribuzioni spettano dalla data della sentenza che dichiara l’illegittimità delle dimissioni, in quanto il principio secondo cui l’annullamento di un atto di volontà ha efficacia retroattiva non comporta anche il diritto del lavoratore alle retribuzioni maturate dalla data delle dimissioni a quella della riammissione al lavoro, che, salvo espressa previsione di legge, non sono dovute in mancanza della prestazione lavorativa
Riassunzione dopo dimissioni volontarie: quante volte si può riassumere lo stesso lavoratore?
Al giorno d’oggi molte aziende fanno rassegnare le dimissioni volontarie ai loro dipendenti per poi riassumerli con le stesse o diverse mansioni.
Possiamo dire che tale procedura non va contro la legge se rimane entro certi parametri, infatti si può essere riassunti dalla medesima azienda, avendo così due contratti uno di seguito all’altro, senza che il nuovo generi problemi o sanzioni con il precedente cessato.
Attenzione in caso di riassunzione del dipendente nelle stesse mansioni, quest’ultimo non dovrà necessariamente effettuare il periodo di prova nuovamente e , nei contratti a termine, non si può superare i 36 mesi totali, a meno che non si verifichino casi eccezionali.
Riassunzione dopo dimissioni volontarie: limite alla ripetibilità
Il limite di riassunzione, da parte dell’azienda, di un lavoratore dopo le dimissioni volontarie è di 36 mesi non oltre.
Come sempre però ci sono delle eccezioni in cui è possibile bypassare questa regola e redigere nuovi contratti a termine anche se sono già stati raggiunti i 36 mesi cumulativi.
I casi in cui si può derogare tale disposizione sono:
- contratti collettivi
- contratti per lavoratori stagionali
- contratti di lavoro stipulati con l’ispettore territoriale del lavoro di riferimento.
Fonti normative
- cassazione, sentenza n. 21701/18
- Art. 26 del D.lgs. 151/2015 (Jobs Act)
- Art. 132 TU del pubblico impiego