Nel processo civile, l'appello è il secondo grado di giudizio. La parte perdente, grazie all'appello, contesta la decisione presa in primo grado. Vediamo come funziona e quando può esercitarsi l'appello e quando no.
Nell'ambito del processo civile, l'appello è definito come un'opposizione ad una prima sentenza sfavorevole ovviamente effettuata dalla parte perdente nel primo grado di giudizio. In altre parole, dunque, è una "non accettazione" della prima sentenza ed ha come unico scopo quello di avere una nuova sentenza dopo un riesame delle vicende che hanno portato a giudizio.
In modo più preciso, gli avvocati sono soliti dire che l'appello è l'impugnazione della sentenza di primo grado e costituisce il secondo grado di giudizio. Nel caso della richiesta di un appello, dunque, il giudice d'appello dovrà riesaminare interamente la vicenda che ha portato al giudizio in tutti i suoi aspetti (effetto devolutivo dell'appello). C'è però da fare una precisazione non di poco conto: l'appello non è una nuova sentenza ma s'insinua nel processo di primo grado e lo prosegue.
Dopo la sentenza di primo grado in ambito civile, dunque, l'appello è sempre possibile? Ovviamente no. Vediamo, dunque, quando l'appello è ammesso dopo il primo grado. Parliamo, ad esempio, delle sentenze del Giudice di Pace pronunciate secondo equità ovvero quelle sentenze il cui valore non eccede i 1.100 euro e che non riguardano mai contratti conclusi attraverso moduli o formulari come, per esempio, quelli conclusi con le compagnie telefoniche o di altri servizi che utilizzano moduli standardizzati. In questi casi, l'appellabilità ha dei limiti; vediamo quali:
Con l'appello, come detto, possono essere messe in discussione le sentenze prese in primo grado ma non sempre. Ci sono dei casi nei quali l'appello non è ammesso o contemplato. Vediamo quali sono questi casi.
Inoltre, l'appello non è ammesso nei confronti di quelle sentenze non rese in primo grado ma in grado unico.
Ci sono altre sentenze oltre a quelle definitive che sono appellabili:
In questi casi esiste un meccanismo particolare definito riserva d'appello: si decide, cioè, di impugnare la sentenza ma in un momento successivo insieme, ad esempio, alla sentenza che definisce il giudizio e lo conclude. In modo semplice, è come se la parte perdente prenotasse la possibilità di ricorrere in appello.
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