Per impugnare la sentenza di divorzio, ovvero per fare ricorso in appello, si devono rispettare i termini stabiliti per legge, ovvero 30 giorni o 6 mesi a seconda che la sentenza sia stata notificata o meno a cura dell’interessato.
Quando un matrimonio finisce, per riuscire a rendere la situazione meno complessa i coniugi dovrebbero cercare di mantenere un buon rapporto tra di loro, anche se l’amore è ormai un ricordo lontano. Soprattutto quando ci sono dei figli, la famiglia dovrebbe trovare il modo di interagire in modo pacifico. Ma, diciamolo subito, non è sempre possibile.
I motivi che hanno portato alla rottura possono rendere impossibile un dialogo civile, almeno inizialmente tra i coniugi, che si ritrovano così a dover fronteggiare un difficile percorso legale, oltre che sentimentale.
Se non è possibile procedere con la separazione consensuale, anche la successiva fase del divorzio può essere più lunga e complessa. Darsi battaglia all’interno delle aule del tribunale, infatti, può costare molto tempo e denaro.
D’altronde va considerato anche che, non sempre la decisione del giudice può essere di gradimento per le parti. Spesso infatti queste ultime hanno il desiderio di impugnare la sentenza di divorzio, in quanto non la ritengono corretta.
Vediamo, quindi, come è possibile fare appello.
Nel paragrafo precedente abbiamo cercato di descrivere brevemente quali sono le opzioni disponibili per i coniugi che intendono divorziare.
Risulta evidente che, soltanto in caso di una causa civile, possiamo poi parlare dell’impugnazione della sentenza di divorzio. Negli altri casi, infatti, le parti si sono accordate in merito alle questioni più importanti, quindi l’assegnazione della casa coniugale, l’affidamento dei figli, l’assegno di mantenimento, e aspetti patrimoniali.
Soltanto quanto la decisione presa dal giudice nel primo grado di giudizio non accontenta una o entrambe le parti, si parla di impugnazione e ricorso in appello.
Va subito precisato che, sebbene il procedimento previsto sia assoggettato alle regole della camera di consiglio, i termini di impugnazione seguono le indicazioni ordinarie.
Quindi, è necessario analizzare quanto afferma l’art. 325 del codice di procedura civile:
Il termine per proporre l'appello, la revocazione e l'opposizione di terzo di cui all'articolo 404, secondo comma, è di trenta giorni. È anche di trenta giorni il termine per proporre la revocazione e l'opposizione di terzo sopra menzionata contro la sentenza delle corti d'appello.
Il termine perciò è di 30 giorni, oppure di 6 mesi se la sentenza è stata o meno notificata a cura dell’appellato.
Per impugnare la sentenza di divorzio, è sempre prevista la forma del ricorso, che deve essere depositato presso la cancelleria del giudice competente.
Dopo avere ricevuto il ricorso il giudice emana un decreto per fissare la data dell’udienza. A questo punto l’appellante deve notificare alla controparte il decreto.
Il procedimento, come accennato avviene in camera di consiglio, quindi dopo avere ascoltato le parti in un’unica udienza, il collegio trattiene la causa in decisione.
In alcuni casi, se sollecitata dalle parti ci può essere un’attività istruttoria, e una nuova udienza.
Come abbiamo già accennato nel paragrafo precedente per impugnare la sentenza di divorzio è previsto un rito camerale, ovvero il processo d’appello viene deciso in camera di consiglio.
Ciò significa che il giudice o il collegio si ritira o riunisce per deliberare segretamente, cioè senza una pubblica udienza.
Inoltre, la legge sul divorzio, sottolinea che entrambe le parti possono impugnare la sentenza di divorzio, quindi anche quella vincitrice.
Quest’ultima infatti potrebbe fare dei passi indietro, pentirsi, e decidere di chiedere qualcosa di diverso, congiuntamente alla controparte.
Per alcuni tale norma avrebbe reso inapplicabile il principio della soccombenza.
In realtà si deve effettuare un’altra interpretazione della stessa. La pronuncia congiunta di divorzio nasce già passata in giudicato, dato che il giudice ha semplicemente accettato le richieste delle parti.
Detto ciò, a volte può essere particolarmente difficile per un soggetto non addetto ai lavori comprendere le procedure tecniche previsti nel diritto, per questo è consigliabile chiedere sempre un consiglio ad un avvocato divorzista esperto. In modo particolare su Avvocato360 è possibile individuare i professionisti più adatti, filtrandoli per zone di competenza.
Solamente chi conosce bene la materia, è in grado di capire le giuste modalità per agire, e consigliare al meglio chi ha dei problemi di natura legale.
Secondo la legge quando la sentenza passa in giudicato, deve poi essere trasmessa dal cancelliere del Tribunale, in copia autentica all’ufficiale di stato civile del Comune dove era stato trascritto il matrimonio, per procedere con le annotazioni e le incombenze previste.
Detto ciò, la cessazione degli effetti civili del matrimonio ha efficacia dal momento in cui la sentenza viene annotata nei registri dello stato civile del comune.
Quindi, seppure la sentenza di divorzio è definitiva, i coniugi divorziati non sono ancora liberi e non possono contrarre un nuovo matrimonio se la stessa non è ancora stata trascritta.
Ma quali sono le tempistiche?
Tutte le sentenze civili, quindi anche legate al diritto di famiglia, diventano definitive quando non possono più essere impugnabili. Come abbiamo visto nelle righe precedenti, l’art. 325 c.c. prevede che debbano trascorrere sei mesi a partire dalla pubblicazione, cioè dal momento in cui la stessa è stata depositata presso la cancelleria del tribunale.
Almeno queste sono le tempistiche lunghe, per il passaggio in giudicato.
La parte vittoriosa, può anche impegnarsi per notificare la sentenza alla controparte, per velocizzare i tempi. In questo caso, infatti, la stessa diventa definitiva entro 30 giorni se non viene impugnata, ossia sono previsti dei termini brevi.
Una volta trasmessa all’uffiiciale dello stato civile per le dovute annotazioni, diventa definitiva a tutti gli effetti.
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