Il certificato di residenza è un documento utile ad attestare dove risiede un soggetto. Viene spesso richiesto al cittadino per diversi scopi. Vediamo, quindi, cosa bisogna fare per ottenerlo e qual è il suo valore da un punto di vista giuridico.
In determinate situazioni può essere necessario esibire il certificato di residenza, ovvero dimostrare di risiedere abitualmente in un certo indirizzo. Tale richiesta può essere fatta sia da un privato che da una Pubblica Amministrazione. Ad esempio, esso è utile quando si intende partecipare a un concorso o per sottoscrivere un contratto con una banca.
E’ molto importante, perciò, capire in che modo si può ottenere, quali sono le tempistiche e i costi relativi.
Generalmente si tratta di un documento che può essere rilasciato dal Comune di riferimento, nel quale un soggetto ha la propria dimora abituale, ma in alcuni casi è possibile effettuare un’autocertificazione.
Per la giurisprudenza la residenza è il luogo dove un determinato individuo ha la propria dimora abituale, cioè il posto nel quale vive in modo stabile e duraturo.
A tal proposito è utile chiarire la differenza tra domicilio e residenza, molto spesso confusi tra loro. L’art. 43 del codice civile, infatti sottolinea che:
Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi [14 Cost., artt. 45 e 46 c.c.].
La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale
Per capire in modo preciso in quale luogo risiede un soggetto bisogna considerare dove vive abitualmente e dove si svolge quindi la sia vita sociale, come ha ribadito la Cassazione con la sentenza n. 13241 del 28 maggio 2018.
Non esistono delle regole precise in merito, o un periodo di tempo minimo di permanenza, è necessario effettuare una valutazione complessiva. Può accadere infatti che un padre di famiglia sia spesso fuori casa per lavoro, ma di fatto rimane sempre residente nell’abitazione dove si trovano i familiari.
Residenza e domicilio possono anche coincidere in certi casi. Ciò avviene quando l’abitazione è anche la sede dei propri affari. Ad esempio un libero professionista come un architetto o un avvocato possono avere lo studio all’interno delle mura domestiche.
La legge, però, non permette di fissare un indirizzo di residenza non veritiero, per ottenere magari dei benefici da un punto di vista fiscale. E’, infatti, necessario, che il luogo indicato sia davvero la dimora principale. In caso contrario c’è il rischio di commettere il reato di falso in atto pubblico.
Molto spesso, soprattutto nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, ma anche con i privati, può essere richiesto un certificato di residenza.
Lo scopo è quello di verificare dove ha sede la dimora principale del soggetto per capire se ha il diritto ad usufruire di determinati benefici, oppure se può partecipare a dei bandi pubblici.
Ad esempio per iscrivere un figlio all’asilo nido comunale è necessario procedere in tal senso, se il servizio è riservato solo a chi vive nel Comune, oppure potrebbe esserci uno sconto sulla tariffa per chi vive all’interno dei confini comunali.
Se un ente richiede tale documento, l’interessato deve recarsi presso il Comune per chiederne il rilascio. Va sottolineato, però, che si tratta di un documento che non vale per sempre.
Dato che la situazione potrebbe cambiare, il certificato scade dopo 6 mesi. Ciò significa che, dopo tale periodo bisogna effettuare una nuova richiesta.
Esiste anche il cosiddetto “certificato storico di residenza”, ovvero un documento che ha lo scopo di elencare tutti i vari cambi di dimora effettuati da un individuo, all’interno dello stesso Comune.
Le modalità per richiederlo sono le medesime previste per quello standard, ed è possibile averlo anche per analizzare dove ha vissuto una persona deceduta o emigrata all’estero.
Il certificato storico di residenza, comunque, ha anche un valore probatorio, nel senso che può essere utilizzato come prova in un processo. Anche se la Cassazione ha precisato che esso risulta essere un elemento da considerare ma non una prova schiacciante. In pratica è opportuna valutare più la sostanza che la forma, nel senso che un individuo potrebbe avere trascorso più tempo presso un indirizzo diverso.
Dopo avere visto nei paragrafi precedenti qual è il valore di un certificato di residenza e quali sono le informazioni che riesce a trasmettere, vediamo ora come deve essere richiesto.
Oggi, rispetto al passato è molto facile chiedere il rilascio di tale documento, anche senza recarsi di persona presso l’ufficio di riferimento. La richiesta, infatti, può essere fatta online nel sito web del Comune di appartenenza.
In particolare le varie modalità per procedere sono:
Di solito non è necessario attendere molto per ottenere il rilascio, nella maggior parte dei casi, infatti, viene consegnato immediatamente. Ad ogni modo tutto dipende dalla mole di lavoro dell’ufficio e dal numero di richieste ricevute.
Il costo dipende dalla tipologie di certificato di residenza richiesto, in particolare:
A partire dal 2000, in seguito all’approvazione del DPR n. 445, è possibile effettuare una autocertificazione di residenza, conosciuta anche come dichiarazione sostitutiva.
Il legislatore, infatti, per rendere la procedura più veloce ha deciso di permettere al cittadino di dichiarare in modo autonomo i propri dati, invece di attendere il rilascio del documento da parte dell’Anagrafe. Lo scopo è quello di ridurre un eccesso di formalismo e burocrazia.
La flessibilità comporta dei vantaggi per tutti i soggetti coinvolti, che possono portare avanti i propri interessi senza perdere tempo inutilmente.
Gli uffici pubblici sono costretti ad accettare l’autocertificazione fornita dai cittadini, mentre quelli privati possono scegliere liberamente come procedere.
Un individuo può dichiarare in modo autonomo i seguenti dati:
La questione della residenza è strettamente collegata allo stato di famiglia, che invece indica tutti i componenti che vivono insieme. Ovvero che hanno la stessa residenza.
Non è detto però che i membri dello stesso nucleo abitativo sia una famiglia costituita da un vincolo matrimoniale. Potrebbe anche trattarsi di una coppia convivente. In questo caso, la legge non obbliga chi convive a dimostrare la convivenza, anche se può essere riconosciuta attraverso una dichiarazione anagrafica da rilasciare all'ufficio di stato civile del Comune di residenza.
Solo dopo questa fase e dopo gli opportuni accertamenti, il Comune potrà rilasciare il certificato di residenza o lo stato di famiglia.
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