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Recupero crediti

L'azione giudiziaria nel recupero del credito

L'attività di recupero del credito spettante da parte di un creditore verso debitori inadempienti, si avvale di una serie di strumenti messi a disposizione dalla legge, che vanno da azioni conciliatorie ad interventi giudiziari più incisivi. 

​Recupero del credito: cosa significa


Poniamo il caso di aver elargito un prestito a soggetti terzi e, malgrado accordi che ne prevedessero la restituzione entro un determinato lasso di tempo, il debitore non restituisce la somma dovuta. In tali circostanze è possibile rivolgersi ad un professionista legale per ricorrere agli strumenti di legge atti ad ottenere la restituzione del prestito. In generale dunque, che si parli di rapporti fra privati cittadini, professionisti o imprese, l'insieme delle attività legali tese a recuperare gli importi dovuti al creditore, è qualificabile come "recupero crediti"

Si parla di un insieme di attività in quanto sono diverse le azioni che possono essere poste in essere: non necessariamente infatti, si ricorre al giudizio. Esaminiamo dunque più in dettaglio quali sono le possibilità per la tutela dei propri diritti di creditore.


​Recupero del credito: come agire legalmente


​La diffida

Il primo step solitamente posto in essere - venuti meno eventuali tentativi di dialogo "informale" con il debitore - consiste nella formulazione di una diffida di pagamento.
La diffida rappresenta una formalizzazione della richiesta di restituzione di quanto spettante, che viene stilata per scritto e recapitata al creditore con mezzi che richiedono una conferma di ricezione (ad esempio una pec, oppure una raccomandata con ricevuta di ritorno).

Tale atto di diffida rappresenta un sollecito al pagamento, ma non necessariamente deve essere stilato da un avvocato. Deve tuttavia contenere una serie di indicazioni fondamentali a tutela del creditore:

  • ​se presenti più debiti, occorre essere dettagliati nell'esplicitare a quali ci si sta riferendo;
  • bisogna indicare un termine preciso entro il quale si richiede al debitore di provvedere.

L'atto di diffida riveste due funzioni essenziali:

  • ​interrompe la prescrizione, ossia il termine oltre il quale l'obbligo si considera "estinto" e il debitore non è più costretto alla restituzione (per esempio, la prescrizione ordinaria del credito è di 10 anni);
  • formalizza la messa in mora del debitore, così da permettere la maturazione degli interessi di mora sugli importi non restituiti (art. 1129 c.c.).


​La conciliazione

Prima di poter procedere in giudizio, risulta necessario effettuare un tentativo di conciliazione. Questa necessità rappresenta un obbligo di legge nel momento in cui le somme da restituire si attestino sotto i cinquantamila euro.
La conciliazione consiste in un tentativo di accordo tra le parti, attraverso il ricorso ad un avvocato ed, in gergo tecnico, si parla di negoziazione assistita.

Qualora il tentativo di riavere quanto spettante concerne questioni inerenti i diritti reali, le locazioni, le successioni, ecc... è previsto il ricorso alla cosiddetta mediazione obbligatoria innanzi ad organismo terzo imparziale.

Talvolta più accadere che lo stesso creditore, a seguito della valutazione della situazione con l'aiuto del legale, preferisca evitare il ricorso al giudizio, che implica necessariamente una dilatazione di tempi e di costi, a fronte magari di situazioni del debitore che lasciano prospettare grandi difficoltà nel recupero completo delle somme spettanti.


​Azione giudiziaria e recupero crediti


Risolti gli adempimenti legali sin qui esposti, qualora i tentativi di conciliazione non vadano a buon fine e l'azione legale divenga l'unica via possibile, si procede in giudizio.

A questo punto, gli interventi che possono essere adottati sono diversi e di diversa incisività.


​Il decreto ingiuntivo

Attraverso la presentazione del ricorso al Giudice civile, il creditore può ottenere il provvedimento - decreto ingiuntivo (strumento monitorio), per l'appunto - che impone al debitore la restituzione di quanto dovuto nei termini di 40 giorni a partire dalla ricezione della notifica, termine utile al debitore stesso per proporre opposizione (artt. 633 c.c. e successivi).

In assenza di tale opposizione, l'ingiunzione prevede l'esecuzione coatta, ossia il pignoramento di beni di proprietà del debitore. In alcuni casi previsti da legge, il decreto ingiuntivo può essere direttamente emesso come esecutivo, quindi disponendo immediatamente il pignoramento.

Per il ricorso al decreto ingiuntivo il credito oggetto di contenzioso deve essere liquido (quantificata in una somma), certo, esigibile e dimostrabile attraverso prove scritte

Se il debitore si oppone alla richiesta, l'iter diviene più lungo, in quanto diventa necessario il procedimento ordinario in Tribunale o, nei casi previsti, di fronte al Giudice di Pace.


​L'atto di citazione

Può accadere che occorra ottenere dei mezzi di prova a sostegno della propria posizione creditoria: si può ad esempio chiamare in causa un testimone, oppure effettuare delle perizie tecniche



Il recupero forzoso

Se i precedenti tentativi non sono andati a buon fine, come già accennato parlando del decreto ingiuntivo, si può fare ricorso al recupero coattivo o forzoso, che implica il pignoramento dei beni mobili e/o immobili di proprietà del soggetto debitore o ancora di crediti in capo al debitore (ad esempio, pignoramento del suo stipendio, della sua pensione).

Ecco dunque che si profila una distinzione fra esecuzione mobiliare (oggetti di proprietà del debitore, come un'automobile, ad esempio), immobiliare (case, alloggi, terreni, ecc...) e di crediti presso terzi.

Il pignoramento viene fatto precedere da un'ultima intimazione di pagamento, il cosiddetto "precetto", redatto dal legale del creditore. Esso contiene l'obbligo per il debitore di saldare il debito entro dieci giorni, oltre i quali scatteranno le procedure di esecuzione forzata. Queste ultime hanno avvio con l'atto di pignoramento, ed il pignoramento in sé e per sé si traduce nella trasmissione di un avviso, notificato all'interessato per tramite di un ufficiale giudiziario e contenente il divieto di disporre dei beni oggetto del pignoramento stesso, come recita l'art. 492 c.p.c., in quanto tali beni sono soggetti ad espropriazione. 

Risulta quindi importante non confondere le due tipologie di comunicazione: se il precetto è un atto redatto dal creditore per tramite del suo legale rappresentante, il pignoramento è un atto dell'ufficiale giudiziario e va notificato entro novanta giorni dalla notifica del precetto, trascorsi i quali il precetto diviene inefficace (art. 481 c.p.c.).


​Il contenuto dell'atto di pignoramento

L'atto deve precisare il credito per il quale viene posto in essere ed i beni oggetto del pignoramento. Inoltre, deve essere presente la richiesta rivolta al debitore di precisare la propria residenza o il proprio domicilio, nonché la precisazione circa la possibilità di richiedere al Giudice  competente di sostituire i beni o i crediti oggetto di pignoramento, con somme di denaro. Chiaramente le somme devono risultare pari al credito dovuto, includendo anche gli interessi e le spese di esecuzione sostenute.

Affichè la richiesta risulti valida, deve essere depositata in cancelleria, prima della disposizione ufficiale di vendita o cessione dei beni sottoposti al pignoramento, e dovrà inoltre risultare accompagnata dal versamento di almeno una parte (1/6) della somma totale da restituire.

Per il debitore è inoltre possibile rifarsi all'art. 494 c.p.c. che prevede la possibilità di evitare il pignoramento, versando direttamente l'intera somma dovuta comprensiva di spese, in mano all'ufficiale giudiziario che dovrà consegnarla al creditore. Se il pignoramento disposto riguarda cose di proprietà del debitore, egli potrà consegnare all'ufficiale la somma del credito (sempre comprensiva di spese), con maggiorazione del 20%.

Qualora i beni pignorati non fossero sufficienti a coprire la somma dovuta, il debitore viene invitato ad indicarne di ulteriori pignorabili, utili a coprire il restante e/o le generalità di eventuali creditori che a loro volta devono delle somme al debitore, al fine di ottenere da essi l'ammanco (art. 492 c.p.c.). 

Si può inoltre richiedere tramite istanza al presidente del Tribunale, che venga autorizzata una ricerca telematica dei beni pignorabili in capo al debitore (tramite accesso dell'ufficiale giudiziario a banche dati di pubbliche amministrazioni ed enti previdenziali per l'acquisizione delle informazioni utili).


​Conclusioni


Indubbiamente l'eventualità di un credito non corrisposto è una circostanza spiacevole nella quale non si vorrebbe incorrere. Ma, come abbiamo visto, la legge dispone una serie di strumenti utili al recupero delle somme spettanti, privilegiando sempre in prima battuta soluzioni negoziali, anche al fine di ridurre i tempi e i costi di un recupero giudiziale. Esso si palesa attraverso diversi strumenti e seguendo un iter che, passo dopo passo, mette in campo provvedimenti sempre più incisivi e stringenti nei riguardi del debitore.


RECUPERO GIUDIZIARIO DEL CREDITO DECRETO INGIUNTIVO RECUPERO FORZOSO
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