La malversazione ai danni dello Stato è un reato previsto nel diritto penale, per punire chi non destina i contributi, le sovvenzioni o i finanziamenti ottenuti alle predette finalità. Vediamo esattamente quando si verifica e come viene punito.
Tra i reati contro la Pubblica Amministrazione c’è anche la cosiddetta malversazione, ovvero l’utilizzo improprio di quanto ottenuto da un soggetto in qualità di finanziamento per portare avanti degli obiettivi specifici.
Lo scopo del legislatore è quello di tutelare la corretta gestione di risorse pubbliche, quando vengono destinate a soggetti che hanno il diritto a particolari incentivi.
L’utilizzo improprio degli stessi, infatti, arreca un danno all’intera società, dato che le risorse economiche vengono sfruttate indebitamente.
Vediamo, quindi, di analizzare tali concetti nelle righe seguenti, facendo un po’ di chiarezza in merito.
La malversazione ai danni dello Stato è un reato contro la PA, descritto nell’art. 316 bis del codice penale:
Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità Europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni
Si tratta di un articolo introdotto con la legge 86/1990 e in seguito modificato dalla legge 181/1992, di fatto ampliando il campo d’azione. In un primo momento, infatti, il soggetto passivo era soltanto lo Stato, mentre con le successive modifiche è stata aggiunta anche la Comunità Europea.
Come noto infatti, alcune sovvenzioni o aiuti economici possono arrivare anche direttamente dall’Ue.
Ad ogni modo l’obiettivo del legislatore è sempre stato quello di tutelare i finanziamenti pubblici, punendo la condotta di chi non impiega il denaro per portare avanti i progetti prefissati. Le sovvenzioni, infatti, vengono erogate con specifici vincoli di destinazione da rispettare. Chi agisce diversamente si “macchia” del reato di malversazione ai danni dello Stato.
Il bene giuridico tutelato da tale norma, quindi, è la corretta gestione delle risorse pubbliche, quando sono destinate all’incentivazione economica.
Anche se la condotta in oggetto è inserita tra i delitti dei pubblici ufficiali contro la PA, ovvero nel libro II del codice penale, si tratta di un reato comune, dato che chiunque può commetterlo, se soddisfa le seguenti condizioni:
In realtà la dicitura “estraneo alla P.A.” è stata oggetto di dibattiti e discussioni, in quanto non è ben chiaro come deve essere interpretato il concetto. In particolare è possibile:
La Corte di Cassazione ha preferito la seconda interpretazione, sottolineando che la nozione di estraneità alla P.A. deve coinvolgere tutti i soggetti che non hanno partecipato alla procedura di controllo delle erogazioni, anche se operano nel settore pubblico con un vincolo di subordinazione.
Per quanto riguarda i soggetti passivi, come anticipato, la categoria è stata ampliata aggiungendo anche la Comunità Europea, oltre allo Stato e agli enti pubblici in generale. In pratica chiunque ha erogato un finanziamento con un vincolo di destinazione, che poi non è stato rispettato, è considerato parte lesa.
Il reato di malversazione ai danni dello Stato è caratterizzato dai seguenti elementi:
In merito al secondo punto, va precisato che, la diversa destinazione può essere di vario tipo, ad esempio anche lasciare la somma ferma in un conto corrente rientra nella condotta delittuosa.
Si considera, quindi, sia la realizzazione di opere non previste dall’erogazione, sia l’appropriazione pura e semplice del denaro.
La valutazione dell’interesse pubblico da agevolare e sostenere, infatti, spetta soltanto all’ente erogante, e non può essere fatta in totale autonomia e discrezione da chi riceve la somma.
A tal proposito vengono punite le seguenti condotte:
Nel reato di malversazione ai danni dello Stato l’elemento soggettivo è sempre il dolo generico, dato che ci deve essere la volontà consapevole di sottrarre delle risorse derivanti da un finanziamento pubblico. Sono irrilevanti le finalità che il colpevole intendeva perseguire in modo del tutto discrezionale.
Ad ogni modo l’esecuzione dello stesso può essere diversa, può avvenire:
La malversazione ai danni dello Stato si perfeziona nel momento in cui non vengono utilizzati i fondi per lo scopo previsto, si tratta quindi di un reato istantaneo e non permanente. L’obiettivo del legislatore, infatti, è quello di reprimere eventuali frodi successiva all’ottenimento di fondi pubblici.
Ad ogni modo alla condotta descritta può essere applicata una circostanza attenuante, ovvero la particolare tenuità del fatto, come sottolineato dall’art. 323 bis c.p.:
Se i fatti previsti dagli artt. 314, 316, 316bis, 316ter, 317, 318, 319, 319 quater, 320, 322, 322bis e 323 sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite
In genere, comunque, la pena prevista è la reclusione da 6 mesi a 4 anni, oltre alla confisca dei beni, anche per equivalente.
Se il reato di malversazione ai danni dello Stato viene commesso a vantaggio di un ente, una società o un’associazione, diversa dallo Stato o dagli enti territoriali, oltre alla responsabilità penale dell’autore che abbiamo descritto sopra, c’è anche quella amministrativa.
Ciò avviene quando la condotta delittuosa viene commessa da chi riveste funzioni di rappresentanza o direttive, quindi controlli la gestione dell’ente stesso.
Il riferimento normativo si può trovare negli articoli 5 e 6 del decreto legislativo 231/2001
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