Si parla di molestie sessuali quando ci si trova di fronte a comportamenti di carattere sessuale o a discriminazioni sessiste che risultano indesiderati a una delle parti e che ne offendono la dignità.
Le molestie sessuali rappresentano un fenomeno purtroppo ancora troppo diffuso. Si tratta, secondo la definizione che ne dà il Codice delle pari opportunità (di cui al decreto legislativo n. 198/2006), di
"ogni comportamento di carattere sessuale o fondato sull'appartenenza di genere, che risulta indesiderato a una delle parti, e ne offende la sua dignità".
Esse sono ricomprese nella più ampia categoria del reato di molestie previsto dall'art. 660 del Codice penale, ovverosia in
"quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo".
È interessante notare che la legge non riconosce nelle molestie sessuali unicamente quelle che hanno a che vedere con condotte inopportune come contatti fisici indesiderati o violenza carnale, ma anche tutti le discriminazioni sessiste fatte unicamente in base al genere (come orientamenti e/o comportamenti sessuali, aspetto esteriore, ecc.).
Alla luce della definizione di cui sopra, vanno considerate molestie sessuali tutti quei comportamenti a sfondo sessuale non desiderati da chi li subisce e idonei ad offendere la dignità della vittima, come:
Quando si parla di molestie sessuali sul posto di lavoro s’intendono tutti quei comportamenti a sfondo sessuale che si verificano sul posto di lavoro o in occasione di eventi aziendali, e che si manifestano con atti o atteggiamenti irrispettosi, come parole e un linguaggio non appropriati.
Le ripercussioni sulla persona possono essere davvero importanti, coinvolgendo sia la sua sfera fisica che psicologica:
La giurisprudenza ha chiarito che aver subìto molestie sessuali sul lavoro rappresenta una giusta causa di dimissioni. Le molestie sessuali, inoltre e ovviamente, possono dar luogo a risarcimento del danno.
Viceversa, può essere in generale considerato legittimo il licenziamento dell'autore delle molestie sessuali, così come quello di chi accusi ingiustamente qualcuno di averle compiute.
Se si è vittima di molestie sessuali, la prima ovvia cosa da fare è manifestare al molestatore in maniera chiara e decisa il proprio dissenso rispetto al suo comportamento, anche in maniera scritta se si ha il timore di affrontarlo direttamente o se le lamentele non hanno avuto effetto.
Si può ad esempio scrivere un’email elencando ciò che disturba nel comportamento del molestatore e chiedendo che interrompa i comportamenti sgradevoli. Meglio conservare sempre una copia di quanto scritto: se è stata utilizzata l’email del lavoro, è utile stamparla e inviarne una copia al proprio indirizzo privato.
Il secondo passo da compiere, se non si riesce a bloccare la situazione in tal modo, è chiedere l'aiuto di un soggetto esterno. Non bisogna mai nascondere né minimizzare i fatti; soprattutto, non si deve pensare di essere responsabili di quanto accade: la colpa non è propria se si ha a che fare con un molestatore che tormenta, ricatta o fa violenza fisica.
In questa situazione ci si può rivolgere a diversi soggetti, che possono essere:
Il terzo passo è la raccolta di prove. Quando la situazione è seria, è necessario raccogliere tutte le prove in grado di dimostrare il comportamento del molestatore: indipendentemente dallo svolgimento di un processo, di esse c'è comunque bisogno anche nel tentare di risolvere in maniera conciliativa la vicenda.
Email, lettere, registrazioni di telefonate, testimonianze: anche se non fossero ammesse a un processo, sono molto utili nella trattazione informale del caso e nella ricerca di una soluzione conciliativa (con riconoscimento economico del danno): spesso le aziende preferiscono chiudere privatamente la questione e le prove possono essere molto utili.
Diventa perciò molto importante annotare sempre ciò che accade, magari tenendo un diario con i nomi di chi molesta, la data, l’ora, il luogo, il tipo di molestia, la propria reazione e la presenza di testimoni.
Un quarto passo può essere quello di coinvolgere colleghi e/o colleghe di cui ci si fida, parlando loro della cosa per capire anche se si è l’unica persona a essere stata molestata. Si potrebbe infatti scoprire di non essere un caso isolato, avendo così l’opportunità di concordare un’azione comune. Inoltre, colleghi e colleghe possono aiutare a prevenire le molestie, per esempio evitando che si rimanga da soli con il molestatore.
Allo stesso modo può essere d’aiuto contattare gli ex colleghi: talvolta, per quanto colleghe e colleghi attuali possano dimostrarsi solidali, non se la sentono di testimoniare contro il molestatore. Perciò può essere utile sentire anche gli ex colleghi: probabilmente alcuni di loro hanno subito lo stesso trattamento in passato e potrebbero testimoniare senza temere ritorsioni.
Infine, nemmeno se si è precari si deve lasciar correre in fatto di molestie sessuali: il datore di lavoro è infatti responsabile dell’incolumità fisica e psichica dei suoi lavoratori, per cui è tenuto ad adottare tutte le misure necessarie a garantirla (vedi l’articolo 2087 del Codice civile).
art. 660 del Codice penale
Codice delle pari opportunità
art. 2087 del Codice civile
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