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Perequazione delle pensioni 2023-25: questione rimessa alla Corte Costituzionale

È da molto tempo che i governi che si succedono lavorano per modificare i criteri di adeguamento delle pensioni all'inflazione, cercando di ridurre le spese statali a scapito dei pensionati.

Negli ultimi anni, in particolare, sono stati introdotti diversi interventi che hanno limitato la rivalutazione, alcuni dei quali sono stati esaminati dalla Corte Costituzionale, con esiti generalmente favorevoli allo Stato, specialmente durante le crisi finanziarie. 

Uno di tali interventi, da ultimo, è la Legge di Bilancio 2023, che introduce una riduzione della perequazione automatica sulle pensioni per il biennio 2023-2025.

Di recente, quindi, sono stati attivati diversi ricorsi da parte di pensionati che si sono visti ridurre la pensione in seguito alle disposizioni della Legge di Bilancio suddetta. Tra questi, spicca quello rivolto alla Corte dei Conti della Toscana da parte di un pensionato che, con un assegno mensile di oltre dieci volte il minimo INPS, contestava la riduzione della perequazione automatica imposta dalla Legge di Bilancio 2023. La Corte ha sollevato una questione di legittimità costituzionale accogliendo il ricorso e trasmettendo il caso alla Corte Costituzionale, evidenziando come tale misura penalizzi non solo le aspettative economiche, ma anche la dignità dei lavoratori pensionati, trattando le pensioni più alte come privilegi sacrificabili.

Analogamente, la Corte dei Conti della Campania ha accolto un ricorso simile, presentato da un pensionato con un trattamento superiore a dieci volte il minimo. La Corte ha innanzitutto sottolineato che la pensione rappresenta una forma di retribuzione differita, pertanto sono applicabili gli articoli 36, comma 1 (che garantisce al lavoratore un compenso proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto, sufficiente a garantire a sé e alla sua famiglia una vita dignitosa), e 38, comma 2 della Costituzione (che assicura mezzi adeguati ai lavoratori in caso di vecchiaia).

 Successivamente, la Corte ha ribadito che, sebbene il legislatore possa modificare in senso sfavorevole la rivalutazione automatica delle pensioni, tali interventi devono essere giustificati da condizioni straordinarie. Tali misure non possono essere arbitrarie o irrazionali, ma devono rispondere a necessità eccezionali, temporanee e adeguate agli obiettivi perseguiti.

Dopo i pronunciamenti delle Corti dei Conti di Toscana e Campania, anche la Corte dei Conti della Puglia si è espressa su un ricorso presentato da un gruppo di ex dipendenti pubblici. Questi pensionati, con assegni superiori a quattro volte il minimo, hanno richiesto che fosse riconosciuto il loro diritto a ricevere l'intero importo della pensione senza le riduzioni previste dalla Legge di Bilancio 2023, introdotte per il biennio 2023/2024.

La Corte dei Conti pugliese ha ritenuto il ricorso fondato e ha sospeso il giudizio in attesa della decisione della Corte Costituzionale. La questione riguarda non solo l'aspetto economico, già tutelato dalla Costituzione, ma anche la dignità del lavoratore in pensione. Secondo la Corte, trattare le pensioni più alte come semplici privilegi, anziché come il frutto di anni di impegno e competenza, è una visione ingiusta e punitiva, che sacrifica il principio di equità intergenerazionale.

Il tema della rivalutazione delle pensioni è centrale per molti pensionati. Le recenti sentenze offrono buone prospettive per chi intende far valere i propri diritti e ottenere quanto gli spetta.

PEREQUAZIONE PENSIONI PENSIONATI
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