Cerchi un avvocato esperto in
Civile
Guide diritto civile

Perequazione delle pensioni 2023-25: questione rimessa alla Corte Costituzionale

La Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022, art. 1, comma 309) ha introdotto un meccanismo di rivalutazione automatica delle pensioni basato su percentuali progressivamente ridotte in base all'importo dell'assegno pensionistico.


Tale sistema ha previsto per il biennio 2023-2024 una perequazione decrescente: 100% per le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo INPS, percentuali via via ridotte per le fasce superiori, fino ad arrivare al 32% per le pensioni oltre dieci volte il minimo.

Questo meccanismo ha generato numerosi ricorsi da parte di pensionati che hanno contestato la riduzione della rivalutazione dei propri assegni, ritenendo violati i principi costituzionali di adeguatezza, proporzionalità e ragionevolezza.

Le ordinanze di rimessione delle Corti dei Conti

Tra settembre e novembre 2024, diverse sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei Conti hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale, rimettendo il caso alla Consulta:

  • Corte dei Conti Toscana: ordinanza n. 182/2024 del 6 settembre 2024 (pubblicata in G.U. il 9 ottobre 2024), relativa a un pensionato con assegno superiore a dieci volte il minimo INPS;
  • Corte dei Conti Campania: ordinanza n. 185/2024 dell'11 settembre 2024 (pubblicata in G.U. il 16 ottobre 2024), anch'essa riguardante un trattamento oltre dieci volte il minimo;
  • Corte dei Conti Toscana: ordinanza n. 238/2024 del 27 novembre 2024 (pubblicata in G.U. l'11 dicembre 2024), relativa a una pensione compresa tra sei e otto volte il minimo.

Le Corti regionali avevano sollevato dubbi circa la compatibilità della norma con gli articoli 3 (principio di uguaglianza e ragionevolezza), 4 comma 2 (diritto al lavoro), 36 comma 1 (proporzionalità della retribuzione) e 38 comma 2 (adeguatezza dei mezzi di sussistenza) della Costituzione.

In particolare, i giudici remittenti avevano evidenziato che:

  • La pensione costituisce una forma di retribuzione differita, pertanto le garanzie costituzionali applicabili al rapporto di lavoro devono estendersi anche al trattamento pensionistico;
  • Le ripetute limitazioni alla perequazione producono un effetto trascinamento, generando perdite patrimoniali permanenti e cumulative che riducono la base di calcolo per le future rivalutazioni;
  • Il raffreddamento della perequazione, pur formalmente temporaneo, si inserisce in una sequenza di interventi analoghi susseguitisi dal 2012, assumendo di fatto carattere strutturale anziché eccezionale;
  • Il meccanismo penalizza in modo sproporzionato i pensionati che hanno versato contributi più elevati, trattando le pensioni medio-alte come "privilegi sacrificabili" anziché come diritti acquisiti.

È importante notare che, prima di queste tre ordinanze di rimessione, molte altre sezioni regionali della Corte dei Conti (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Umbria, Sardegna, Trentino Alto Adige, Sicilia e Calabria) avevano invece respinto i ricorsi analoghi, ritenendo la norma compatibile con i principi costituzionali.

La decisione della Corte Costituzionale: sentenza n. 19/2025

Il 29 gennaio 2025 si è svolta l'udienza pubblica davanti alla Corte Costituzionale. Il 14 febbraio 2025 è stata depositata la sentenza n. 19/2025, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 19 febbraio 2025.

La Consulta ha dichiarato:

Le motivazioni della sentenza

La Corte Costituzionale ha ritenuto che il meccanismo contestato:

  • Non viola il principio di adeguatezza: pur limitando la rivalutazione, non comporta una sospensione totale dell'indicizzazione né paralizza la perequazione. Si tratta di un mero "raffreddamento" della dinamica perequativa, attuato con indici graduali e proporzionati;
  • Rientra nella discrezionalità del legislatore: spetta al Parlamento stabilire le modalità concrete di rivalutazione, bilanciando la tutela del potere d'acquisto delle pensioni con le esigenze di sostenibilità del sistema previdenziale e di finanza pubblica;
  • Tutela le fasce più deboli: il sistema esclude completamente dalla riduzione le pensioni fino a quattro volte il minimo INPS (mentre in precedenti interventi l'esclusione riguardava solo le pensioni fino a tre volte il minimo), garantendo piena rivalutazione ai trattamenti più modesti;
  • Ha carattere temporaneo: la misura è circoscritta al biennio 2023-2024 e, secondo la Corte, il legislatore potrà tenere conto delle perdite subite in future manovre sull'indicizzazione;
  • Risponde a finalità ragionevoli: le scelte legislative risultano coerenti con le finalità di politica economica volte a contrastare gli effetti di un'improvvisa spinta inflazionistica incidente soprattutto sulle classi sociali meno abbienti.

La Corte ha inoltre richiamato il proprio precedente orientamento (sentenza n. 234/2020), ribadendo che la rivalutazione automatica deve rispettare i principi di ragionevolezza e proporzionalità, ma incontra sempre "il limite delle risorse disponibili".

Gli effetti della sentenza sui ricorsi pendenti

La decisione della Consulta chiude definitivamente la possibilità di ottenere l'integrale rivalutazione delle pensioni per il biennio 2023-2024 sulla base delle censure sollevate dalle Corti dei Conti.

Tutti i ricorsi che erano stati sospesi in attesa della pronuncia costituzionale dovranno essere decisi dalle sezioni giurisdizionali regionali in senso sfavorevole ai pensionati ricorrenti, applicando i principi stabiliti dalla sentenza n. 19/2025.

Nonostante l'esito negativo della pronuncia costituzionale, rimangono aperte alcune questioni che potrebbero essere oggetto di future iniziative:

  • L'articolo 53 della Costituzione (principio di progressività fiscale): la Corte Costituzionale non ha esaminato in modo approfondito questo profilo. Alcuni commentatori ritengono che il meccanismo di perequazione decrescente, se analizzato nel contesto complessivo del sistema fiscale, potrebbe presentare profili di criticità sotto il profilo della progressività contributiva e tributaria;
  • L'effetto trascinamento cumulativo: sebbene la Corte abbia ritenuto la misura temporanea, l'accumularsi nel tempo di molteplici interventi restrittivi genera perdite patrimoniali permanenti che potrebbero giustificare nuove valutazioni in caso di ulteriori proroghe del meccanismo;
  • Interventi legislativi correttivi: la stessa Corte Costituzionale ha lasciato aperta la possibilità che il legislatore, in future manovre di bilancio, tenga conto delle perdite accumulate dai pensionati e introduca eventuali meccanismi compensativi.

La sentenza n. 19/2025 della Corte Costituzionale rappresenta una battuta d'arresto significativa per i pensionati che speravano in una dichiarazione di illegittimità costituzionale del sistema di perequazione ridotta. La Consulta ha confermato che il raffreddamento della rivalutazione automatica rientra nelle legittime scelte di politica economica del legislatore, purché rispetti i criteri di ragionevolezza, gradualità e temporaneità.

Per i pensionati titolari di assegni superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS, ciò significa che le riduzioni applicate per il biennio 2023-2024 non potranno essere recuperate attraverso i ricorsi basati sugli stessi profili di illegittimità costituzionale già rigettati dalla Corte.

Resta tuttavia aperto il dibattito politico e giuridico sulla sostenibilità di un sistema che, attraverso interventi formalmente temporanei ma ripetuti nel tempo, finisce per erodere in modo permanente il potere d'acquisto delle pensioni medio-alte, penalizzando chi ha versato contributi più elevati nel corso della propria vita lavorativa.

PEREQUAZIONE PENSIONI PENSIONATI
Condividi l'articolo:
CERCHI UN AVVOCATO ESPERTO IN CIVILE?
Ho preso visione dell’informativa sulla privacy e acconsento al trattamento dei dati.*

Quanto costa il servizio?
Il costo della consulenza legale, qualora decidessi di proseguire, lo concorderai direttamente con l'avvocato con cui ti metteremo in contatto.