La Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022, art. 1, comma 309) ha introdotto un meccanismo di rivalutazione automatica delle pensioni basato su percentuali progressivamente ridotte in base all'importo dell'assegno pensionistico.
Tale sistema ha previsto per il biennio 2023-2024 una perequazione decrescente: 100% per le pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo INPS, percentuali via via ridotte per le fasce superiori, fino ad arrivare al 32% per le pensioni oltre dieci volte il minimo.
Questo meccanismo ha generato numerosi ricorsi da parte di pensionati che hanno contestato la riduzione della rivalutazione dei propri assegni, ritenendo violati i principi costituzionali di adeguatezza, proporzionalità e ragionevolezza.
Tra settembre e novembre 2024, diverse sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei Conti hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale, rimettendo il caso alla Consulta:
Le Corti regionali avevano sollevato dubbi circa la compatibilità della norma con gli articoli 3 (principio di uguaglianza e ragionevolezza), 4 comma 2 (diritto al lavoro), 36 comma 1 (proporzionalità della retribuzione) e 38 comma 2 (adeguatezza dei mezzi di sussistenza) della Costituzione.
In particolare, i giudici remittenti avevano evidenziato che:
È importante notare che, prima di queste tre ordinanze di rimessione, molte altre sezioni regionali della Corte dei Conti (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Umbria, Sardegna, Trentino Alto Adige, Sicilia e Calabria) avevano invece respinto i ricorsi analoghi, ritenendo la norma compatibile con i principi costituzionali.
Il 29 gennaio 2025 si è svolta l'udienza pubblica davanti alla Corte Costituzionale. Il 14 febbraio 2025 è stata depositata la sentenza n. 19/2025, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 19 febbraio 2025.
La Consulta ha dichiarato:
Le motivazioni della sentenza
La Corte Costituzionale ha ritenuto che il meccanismo contestato:
La Corte ha inoltre richiamato il proprio precedente orientamento (sentenza n. 234/2020), ribadendo che la rivalutazione automatica deve rispettare i principi di ragionevolezza e proporzionalità, ma incontra sempre "il limite delle risorse disponibili".
La decisione della Consulta chiude definitivamente la possibilità di ottenere l'integrale rivalutazione delle pensioni per il biennio 2023-2024 sulla base delle censure sollevate dalle Corti dei Conti.
Tutti i ricorsi che erano stati sospesi in attesa della pronuncia costituzionale dovranno essere decisi dalle sezioni giurisdizionali regionali in senso sfavorevole ai pensionati ricorrenti, applicando i principi stabiliti dalla sentenza n. 19/2025.
Nonostante l'esito negativo della pronuncia costituzionale, rimangono aperte alcune questioni che potrebbero essere oggetto di future iniziative:
La sentenza n. 19/2025 della Corte Costituzionale rappresenta una battuta d'arresto significativa per i pensionati che speravano in una dichiarazione di illegittimità costituzionale del sistema di perequazione ridotta. La Consulta ha confermato che il raffreddamento della rivalutazione automatica rientra nelle legittime scelte di politica economica del legislatore, purché rispetti i criteri di ragionevolezza, gradualità e temporaneità.
Per i pensionati titolari di assegni superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS, ciò significa che le riduzioni applicate per il biennio 2023-2024 non potranno essere recuperate attraverso i ricorsi basati sugli stessi profili di illegittimità costituzionale già rigettati dalla Corte.
Resta tuttavia aperto il dibattito politico e giuridico sulla sostenibilità di un sistema che, attraverso interventi formalmente temporanei ma ripetuti nel tempo, finisce per erodere in modo permanente il potere d'acquisto delle pensioni medio-alte, penalizzando chi ha versato contributi più elevati nel corso della propria vita lavorativa.
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