La residenza anagrafica corrisponde a quella fiscale? Qual’è la differenza con il domicilio? Comunemente usiamo termini come fossero sinonimi, ma in giurisprudenza hanno dei significati diversi tra loro. Scopriamo quali sono.
Succede spesso che nella vita di tutti i giorni le persone non si preoccupino della reale differenza di termini usati spesso come fossero sinonimi. In particolare il concetto di residenza anagrafica o fiscale e di domicilio non sono sempre chiari, e di conseguenza non si conoscono nemmeno le norme che si riferiscono ad essi.
Si tratta di definizioni importanti per stabilire dove vive esattamente un individuo, quindi dove può essere rintracciato dalle forze dell’ordine, da ufficiali giudiziari o da enti di riscossione, ma anche per determinare se deve sottostare al regime fiscale italiano.
Sebbene la nostra costituzione garantisca il diritto di soggiornare in modo libero nel nostro territorio, gli individui però devono potere essere correttamente rintracciati, perciò è fondamentale capire il significato di tali termini, per rispettare le norme di riferimento
In Italia esiste la cosiddetta libertà di movimento, come sottolineata dall’art. 16 della Costituzione:
Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza.
Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.
Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge
Senza limitare tale diritto, la giurisprudenza prevede però, che ogni individuo debba essere reperibile, ad esempio per essere trovato dal postino, dalle forze dell’ordine, dalla guardia di finanza, e dai creditori, da un ufficiale giudiziario o da altri soggetti che intendono fare una causa etc.
Il codice civile, infatti, stabilisce che ognuno debba avere una dimora abituale. Perciò, chi si trasferisce in una città deve obbligatoriamente iscriversi all’ufficio anagrafico del Comune, per essere registrato. Quindi, con tale termine si fa riferimento a un dato formale che risulta nei registri dell’anagrafe civile.
Un soggetto dovrebbe risiedere nella propria dimora abituale, come abbiamo detto, ma non sempre avviene. Quando si parla di dimora, infatti, si fa riferimento al luogo preciso in cui si trova una persona in un determinato momento, quindi anche un albergo o un villaggio turistico durante le vacanze.
Essa può essere, infatti:
I concetti di dimora abituale e residenza anagrafica dovrebbero coincidere, dato che il secondo è soltanto un dato formale che rappresenta il primo. Detto ciò risulta scontato dire che ogni volta che si cambia dimora in modo stabile è necessario iscriversi all’anagrafe di riferimento, ma non sempre viene fatto.
Spesso alcuni soggetti risultano residenti in un certo luogo soltanto per avere agevolazioni fiscali, anche se di fatto vivono altrove. Si tratta di un comportamento che costituisce reato di falso e determina uno sdoppiamento tra le informazioni presenti presso l’anagrafe, che risultano essere soltanto formali, e il luogo in cui effettivamente vive.
Proprio per questo motivo la Cassazione ha ribadito che, non sempre il certificato di residenza può essere considerato una prova certa.
Essere residente fiscalmente in Italia significa dovere pagare le tasse previste dalle norme del nostro Paese. In particolare i redditi percepiti dal lavoro o da proprietà devono essere dichiarati e tassati secondo il regime fiscale di riferimento.
Detto ciò, chiunque vive in Italia per un certo periodo, deve obbligatoriamente pagare i tributi richiesti, se sussistono i seguenti requisiti:
Va sottolineato, però, che un individuo risulta residente nel nostro Paese anche se si trasferisce all’estero, se fa una specifica richiesta presso l’Aire, ovvero l’anagrafe per gli italiani residenti all’estero.
Inoltre, deve pagare le tasse in Italia, un lavoratore che durante la settimana si reca all’estero per lavoro, e torna in patria nel weekend.
A tal proposito la tassazione avviene in due modi diversi:
Risulta ovvio quindi che la residenza anagrafica e fiscale dovrebbero coincidere, dato che si tratta della dimora abituale di un individuo, ovvero il Paese nel quale ha sede la propria vita privata e lavorativa.
E’ possibile cambiare la residenza in qualsiasi momento, ma è necessario dare delle prove certe per dimostrare di vivere davvero in un altro Stato in modo stabile. In molti casi, infatti, vengono adottate pratica non lecite per potere pagare meno tasse.
L’Agenzia delle Entrate, in collaborazione con le autorità estere, effettuati controlli approfonditi in merito, per scovare chi intende imbrogliare il Fisco.
Va sottolineato, comunque, che non è possibile collaborare allo stesso modo con tutti i Paesi, e per questo motivo sono state stilate due liste per adottare misure diverse in base alla volontà di collaborazione dello stato estero:
Oltre a quanto abbiamo visto fino ad ora, spesso viene fatta confusione anche tra la residenza e il domicilio.
L’art. 43 del codice civile, fornisce un chiarimento in merito:
Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi..
La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale
Quindi, si può parlare di residenza quando si fa riferimento alla dimora abituale di un individuo, come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, mentre il domicilio rappresenta la sede delle attività principali.
Ad esempio può succedere che un professionista abbia fissato la propria dimora abituale presso l’indirizzo nel quale vive con la propria famiglia, e il suo domicilio sia invece l’ufficio dove lavora. Ma può accadere anche che uno studente universitario fuori sede, mantenga la propria dimora abituale presso il paese di provenienza, dato che non si tratta di un trasferimento definitivo, ma la sede dei suoi interessi principali sia nella nuova città, ovvero nel domicilio.
Se da una parte essere residenti in luogo è fondamentale per determinare il regime tributario a cui aderire, il domicilio è importante per potere essere rintracciati, nel caso di atti che devono essere notificati, o altre comunicazioni importanti.
E’ opportuno concludere l’argomento dicendo che, dal 2000 a seguito dell’approvazione del DPR n. 445 un soggetto può effettuare un’autocertificazione, utile in diverse situazioni per dimostrare il luogo in cui vive abitualmente e in modo stabile.
Si tratta di una nuova modalità che ha lo scopo di rendere più flessibili le pratiche, in particolare invece di chiedere al comune il rilascio del documento, il cittadino può dichiarare in maniera autonoma le relative informazioni.
Gli uffici pubblici sono tenuti ad accettare tale documento, mentre quelli privati possono liberamente scegliere come procedere.
Le informazioni che si possono dichiarare riguardano anche:
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