Il rinnovo del porto d’armi non sempre viene concesso. Devono essere valutati alcuni requisiti specifici. L’interessato, comunque, può opporsi al provvedimento di diniego o revoca.
Chi ha un porto d’armi sa bene che è necessario rinnovare l’autorizzazione dopo un po’ di tempo. Visto la delicatezza della situazione, infatti, la legge impone che periodicamente debbano esserci delle verifiche per assicurarsi che i requisiti che hanno determinato l’autorizzazione in passato siano ancora validi.
Detto ciò risulta evidente che non sempre ci può essere il rinnovo del porto d’armi. In particolare non può essere concesso se nei confronti del soggetto è stata emessa una sentenza penale di condanna o se c’è un procedimento penale in corso.
In realtà molto dipende dalla tipologia di reato commesso, come potremo analizzare nelle prossime righe.
Prima di capire come avviene il rinnovo del porto d’armi nel nostro Paese, è utile fare un premessa per capire quali sono le licenze più comuni che possono essere rilasciate.
Il rilascio del porto d’armi differisce in base allo scopo per il quale esso viene richiesto, in particolare possiamo distinguere:
In realtà esiste anche un porto d’armi particolare, cioè quello per i collezionisti, definito anche “licenza di detenzione”, che può essere rilasciato per armi artistiche, antiche e rare. In questo caso si possono acquistare ma non trasportare.
Dopo avere visto le varie tipologie esistenti e le relative scadenze, vediamo ora di entrare nel cuore della questione, analizzando innanzitutto quali sono i requisiti per potere ottenere un porto d’armi.
E’ quasi sempre la Questura a rilasciare l’autorizzazione, fatta eccezione per quello richiesto per difesa personale, che viene fornito dalla Prefettura.
Ad ogni modo è necessario soddisfare i seguenti requisiti:
La domanda, se inerenti alla necessità di difesa personale deve essere effettuata presso la stazione dei Carabinieri o la Questura.
In tutti gli altri casi può essere fatta online o compilando i moduli appositi negli uffici delle sedi territoriali.
Sembra scontato dirlo, ma per avere il porto d’armi, il soggetto interessato deve anche dimostrare di saperla usare, allegando un certificato ad hoc, che si può ottenere frequentando una sezione di tiro.
Solo se la domanda ha esito positivo viene rilasciata l’autorizzazione e successivamente sarà possibile procedere con l’acquisto. In seguito il soggetto deve presentare un modulo di denuncia di detenzione di armi da fuoco. Il documento è disponibile nel sito web della Polizia di Stato.
Nelle righe precedenti abbiamo illustrato le varie tipologie di porto d’armi, evidenziando anche le relative scadenze. Per precauzione, infatti, i requisiti devono essere verificati periodicamente, dato che si tratta di una detenzione potenzialmente pericolosa.
All’approssimarsi della scadenza, quindi, l’interessato deve procedere con il rinnovo del porto d’armi. E’ importante non fare scadere il documento per fare in modo che tra una autorizzazione l’altra, in modo tale che ci sia una soluzione di continuità tra le due.
Proprio come per la domanda iniziale, anche per il rinnovo è necessario presentare alcuni documenti, e compilare i relativi moduli.
Va sottolineato, comunque, che non è scontato avere un esito positivo, come vedremo a breve.
Il rinnovo del porto d’armi può essere negato, oppure la licenza può essere revocata se sussistono particolari circostanze previste dalla legge.
In particolare le autorizzazioni possono essere negate se:
Inoltre, non ci può essere il rinnovo del porto d’armi, e se concesso deve essere revocato se un individuo:
Il soggetto che non riesce ad avere esito positivo alla domanda che ha presentato, oppure che subisce il ritiro della licenza può agire per fare valere i propri diritti? Sì, è possibile contestare la decisione dell’autorità. Vediamo come.
L’interessato se ritiene illegittimo il provvedimento può fare un ricorso al Tar competente nel territorio entro 60 giorni dalla comunicazione dell’atto. Come alternativa egli può proporre un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, entro 120 giorni.
Ma non solo. Esiste anche il cosiddetto ricorso gerarchico, da proporre all’autorità amministrativa di grado superiore rispetto a quella che ha emesso il provvedimento. Risulta comunque abbastanza improbabile che l’autorità possa cambiare idea.
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