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Sentenza parziale di divorzio: quando viene emessa?

La sentenza parziale di divorzio può essere emessa dal giudice quando la domanda principale relativa allo status degli ex coniugi ha trovato una soluzione, ma ci sono ancora elementi accessori da discutere.

Quando un matrimonio finisce ci sono molti aspetti da discutere. Va sottolineato infatti che, quando due soggetti si sposano in realtà stanno sottoscrivendo un contratto, che prevede specifici diritti ma anche obblighi.

Detto ciò, anche per lo scioglimento dello stesso vanno considerati molti aspetti, e a volte non è semplice ed immediato arrivare a una sentenza.

In alcuni casi, se gli interessati riescono a trovare un accordo tra di loro in merito all’affidamento dei figli, al mantenimento o all’assegnazione della casa coniugale, il procedimento è molto più semplice e veloce. Si parla infatti di divorzio o separazione consensuale.

In caso contrario le parti devono agire in giudizio, e spesso la causa civile è molto lunga.
Per questo motivo la legge prevede che possa essere emanata una sentenza parziale di divorzio, in modo tale da poter risolvere una questione e permettere ai soggetti di iniziare una nuova vita, in attesa di definire altri aspetti accessori.
Nelle prossime righe analizzeremo come è possibile divorziare in Italia, e cosa accade se marito e moglie sono in totale disaccordo.

Cos’è la sentenza parziale di divorzio?

Come abbiamo accennato se marito e moglie si trovano in una situazione piuttosto conflittuale e non riescono ad accordarsi in merito alla fine del loro matrimonio, le procedure possono essere molto lunghe e complesse.

In particolare è necessario procedere con la classica causa civile in tribunale, che come sappiamo bene, può durare anche anni. Per questo motivo il legislatore ha deciso di introdurre la sentenza parziale di divorzio, dato che i soggetti hanno il diritto di iniziare il prima possibile una nuova vita, senza restare “bloccati” in attesa della sentenza definitiva.

Succede, spesso, infatti che il processo abbia tempistiche lunghe con lo scopo di stabilire questioni accessorie come la domanda di addebito.
Se la questione principale, ovvero il desiderio di divorziare risulta fondato e senza bisogno di istruttoria, non ha senso posticipare la decisione per discutere in merito ad altri dettagli collegati ad essa. Le questioni più complesse possono essere discusse, permettendo comunque alle parti di dividersi e iniziare le loro nuove vite.

Se ciò non fosse possibile ci sarebbe il rischio di trasformare le richieste accessorie in strumenti per evitare la rapida definizione del giudizio, da parte del coniuge che ha interesse a ritardare la decisione per avere vantaggi economici.

La sentenza parziale di divorzio ha creato diverse opinioni contrapposte in giurisprudenza, come vedremo nelle prossime righe.

Sentenza parziale di divorzio: norme di riferimento

Il riferimento normativo per quanto riguarda la sentenza parziale di divorzio è rappresentato dall’art. 709 bis del codice di procedura civile, che afferma:

All'udienza davanti al giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui agli articoli 180 e 183, commi primo, secondo, e dal quarto al decimo. Si applica altresi l'articolo 184. Nel caso in cui il processo debba continuare per la richiesta di addebito, per l'affidamento dei figli o per le questioni economiche, il tribunale emette sentenza non definitiva relativa alla separazione. Avverso tale sentenza è ammesso soltanto appello immediato che è deciso in camera di consiglio.

Ma è possibile trovare lo stesso concetto nell’art. 4 della legge 898/1970. In entrambi i casi si prevede che il Tribunale possa emettere una sentenza non definitiva sia per quanto riguarda la separazione che il divorzio.

Al giudice viene concessa la possibilità di decidere in merito ad alcune domande proposte in giudizio, disponendo la prosecuzione dell’istruttoria per le altre, proprio come sottolinea l’art. 277 del c.p.c.:

Il collegio nel deliberare sul merito deve decidere tutte le domande proposte e le relative eccezioni, definendo il giudizio.
Tuttavia il collegio, anche quando il giudice istruttore gli ha rimesso la causa a norma dell'articolo 187 primo comma, può limitare la decisione ad alcune domande, se riconosce che per esse soltanto non sia necessaria una ulteriore istruzione, e se la loro sollecita definizione è di interesse apprezzabile per la parte che ne ha fatto istanza

L’obiettivo, come abbiamo detto, è quello di evitare una eccessiva lungaggine delle cause civili, quando alla domanda principale, spesso volutamente venivano aggiunte ulteriori richieste accessorie per allungare i tempi.

Il legislatore ha voluto evitare di prolungare eccessivamente un vincolo matrimoniale ormai in crisi, evitando che un soggetto debba subire le pratiche dilatatorie della controparte.

Sentenza parziale di divorzio: opinioni della giurisprudenza

L’orientamento della giurisprudenza non è sempre stato favorevole alla sentenza parziale di divorzio.

In particolare la Cassazione nel decennio scorso si è espressa in modo negativo, sostenendo la non idoneità della stessa. In particolare si sosteneva l’esistenza di un unico modello caratterizzato dall’accertamento dell’intollerabilità della convivenza e di tutte le altre domande accessorie.
In tal senso la richiesta di addebito veniva considerata come un ulteriore oggetto di indagine ma inerente alla stessa sentenza, quindi non autonoma rispetta alla domanda principale.

Solo nel 2001 l’intervento delle Sezioni Unite, con le sentenze n. 15248, n. 15279, ha mutato l’orientamento precedente affermando che le domande accessorie hanno natura autonoma e pertanto possono essere sancite in un secondo momento, seppur sempre subordinate alla pronuncia di quella principale.

La decisione parziale è, quindi considerata uno strumento utile, per evitare che la coppia sia costretta ad attendere troppo tempo per definire la loro situazione sentimentale.

Ovviamente ha senso procedere in tal senso soltanto nelle ipotesi in cui la causa non sia ancora matura per la decisione. In caso contrario il problema non esisterebbe.

In realtà succede spesso che, ci siano molte questione sulle quali discutere, ad esempio per l’affidamento dei figli, per stabilire le frequentazioni del genitore non collocatario, per il mantenimento, ecc, e i tempo potrebbero essere lunghi.

Nei suddetti casi, pur proseguendo con la causa è possibile emettere la sentenza parziale di divorzio.

Con la sentenza n. 20666 del 21/08/2017 la Suprema Corte ha sottolineato che:

la disposizione di cui all’art. 709 bis c.p.c., come definitivamente modificata dalla L. 25 dicembre 2005, n. 263, art. 1, comma 4, sancisce in maniera esplicita, in materia di pronuncia immediata sullo “status”, la già ritenuta equiparazione fra il procedimento di separazione tra i coniugi e quello di divorzio, volendo evitare condotte processuali dilatorie, tali da incidere negativamente sul diritto di una delle parti ad ottenere una pronuncia sollecita in ordine al proprio “status”


Cosa succede in alcuni Tribunali italiani

A Bologna è di prassi emettere, alla prima udienza dopo quella presidenziale, la sentenza non definitiva sul vincolo coniugale, così facendo si riducono a pochi mesi, dal momento del deposito del ricorso, i tempi per arrivare al divorzio. Quindi in due sole udienze ( quella presidenziale e quella di comparizione) si può arrivare alla pronuncia di divorzio.

Inoltre, ultimamente, i Tribunali di Roma e Milano hanno accelerato ulteriormente in merito, in due sentenze recenti hanno stabilito il principio che, in sede di udienza presidenziali, le parti possano richiedere l’emissione di sentenza parziale di divorzio, non procedendo quindi al deposito delle memorie, art. 4 legge 898/70.

Cosi’ facendo il presidente, messi in campo tutti i tentativi possibili per la conciliazione e emessi i provvedimenti urgenti, può subito svolgere la prima udienza di comparizione all’esito, trattenere la causa in decisione solamente sulla parte relativa al divorzio; facendo cosi’ in un’unica udienza si può avere la sentenza di divorzio, e in seguito la causa continuerà per le restanti questioni oggetto di controversia.

Fonti normative

  • Legge n. 55/2015 “Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonche' di comunione tra i coniugi” 
  • Art. 709 bis c.p.c. “Udienza di comparizione e trattazione davanti al giudice istruttore
  • Art. 4 della legge 898/1970 “Legge sul divorzio”
  • Art. 277 del c.p.c. “Pronuncia sul merito”
  • sentenza Tribunale di Roma 17 luglio 2016;
  • sentenza Tribunale di Milano 27 settembre 2016.
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